Ci sono voluti cinque anni di attesa, ma alla fine il nuovo album in studio dei DIIV ha visto la luce. Dopo i numerosi singoli pubblicati, ben cinque, il 24 maggio è stato pubblicato Frog in Boiling Water per Fantasy Records; dieci tracce che coprono un totale di 45 minuti di musica e segnano un netto cambio di rotta della band, non tanto dal punto di vista musicale quanto da quello dei contenuti, soprattutto dopo le ben note vicissitudini dovute alle dipendenze che hanno segnato il precedente lavoro Deceiver. I ragazzi di Brooklyn spostano il loro focus sulla società moderna, il mondo che li circonda e tutte le contraddizioni che viviamo giornalmente. Non a caso il titolo dell'album prende spunto dalla romanzo filosofico The Story of B di Daniel Quinn che racconta il distacco di un giovane prete dalla sua religione verso nuovi credo.

Il primo brano è In Amber e lo stile della band si riconosce sin dalla prima nota, le chitarre di Zachary Cole Smith e Andrew Bailey si mescolano in pieno stile DIIV, creando un dialogo fatto di botta e risposta tra i due strumenti, mentre la voce accompagna il brano fino a trasformarlo in un inno alla rassegnazione: una lotta a questa società guidata dal capitalismo che inghiotte tutto e tutti dopo averci illuso nel tempo con una serie di false promesse. L'unica cosa che rimane è la voglia di scomparire trascinati dalla rabbia.
Segue Brown Paper Bag, primo singolo pubblicato il 14 febbraio con l'annuncio dell'uscita dell'album. Il soggetto è appunto una "busta di carta marrone" a terra al centro di una stanza, ciò che poteva contenere è lasciato all'immaginazione, ma facilmente intuibile. La storia della band è sempre stata travagliata, un misto di problemi personali e dipendenze da sostanze che hanno messo a dura prova il quartetto ma al tempo stesso hanno forgiato e scolpito il loro stile musicale rendendoli unici nel panorama shoegaze. La vera chicca di questo brano è il riff di chiusura che ricorda molto quello di i only said dei my bloody valentine, forse un tributo ad un gruppo leggendario del genere.
D'altro canto, Raining On Your Pillow è un brano che passa senza lasciare molto all'ascoltare che inizia a farsi qualche domanda, il disco sembra non decollare e neanche precipitare. Ci troviamo a planare in queste correnti melanconiche, ma senza una direzione precisa mentre tutto sembra tremendamente monotono.
I ritmi si alzano con la title track Frog In Boiling Water: la batteria ritmata di Ben Newman si fa sentire con i suoi pattern e il suo ride leggero che accompagna le due chitarre che danzano e si aggrovigliano tra di loro.
La successiva ballad Everyone Out segna il giro di boa, i ritmi sono lenti, i toni nuovamente malinconici, nonostante il testo strizzi l'occhio al futuro e si riesce a cogliere un velo di speranza nelle parole di Zachary:
Try and stop me now, I'm
Ready for my rise
Just wait
A questo punto dell'album è necessario tirare le prime somme: l'impressione è che la band si sia come trattenuta, quasi bloccata, rispetto al precedente notevole album. La scrittura dei brani e le melodie rimangono di ottimo livello, ma al tempo stesso il risultato finale sembra leggermente carente, o comunque mancante di quella scintilla. Cosa strana, considerato che alla produzione c'è niente meno che Chris Coady, noto per i suoi lavori con i Beach House, Blonde Redhead, Yeah Yeah Yeahs e molti altri.

La seconda metà del disco si apre con le distorsioni di Reflected, brano shoegaze da manuale con chitarre distorte e malinconia nei testi: il futuro è solamente un trappola e siamo già tutti condannati all'eterna dannazione.
This swarm of flies
A pool of lies
Slices of life
We kill, then we die
Non esiste via d'uscita.
Ma la hit di Frog in Boiling Water è sicuramente la successiva Somber the Drums. Le atmosfere sognanti del cantato si mescolano con la crudezza delle chitarre, mentre il ritmo incalzante della batteria trascina il brano verso un'esplosione musicale: sicuramente uno dei brani più riusciti, insieme a Little Birds che lo segue subito dopo in coda e che fa quasi da tutt'uno con esso. Per la prima volta si sentono i synth e la malinconia diventa sempre più presente, quasi un macigno sul petto impossibile da muovere. Ci sono guerre da combattere, di ogni tipo: interiori, contro la società, contro il tempo che scorre, contro i sentimenti e contro la vita stessa. Un pugno nello stomaco degno dei migliori K.O..
A chiusura del disco troviamo Soul-net e Fender On the Freeway, due brani che scorrono via nelle stesse modalità degli otto precedenti. Purtroppo, questo è il più grande limite di Frog in Boiling Water: un album che al primo ascolto scivola letteralmente nelle orecchie senza lasciare nulla di sensazionale o senza neanche far fare uno sbalzo. A un secondo ascolto invece ci si accorge che, sotto sotto, qualcosa c'è. Il disco è di ottima fattura sotto tutti i punti di vista con fantastici riff, notevoli melodie, temi e testi di grande spessore. Purtroppo non riesce mai ad esplodere lasciando qualcosa di veramente tangibile nell'ascoltatore, che rimane così con quel vuoto, quasi interdetto. I puristi giustamente diranno: "beh questo è lo shoegaze" e in qualche modo hanno ragione anche loro.
Una cosa è certa: per tutti e dieci i brani sentiamo questo fantasma alle spalle, questa spada di Damocle sulla testa, assaliti da una presenza costante: la malinconia che impregna questo album diventa qualcosa di assurdo. Quasi prende forma. Ci sono tutti gli strascichi che i DIIV si portano dietro da più di dieci anni: se Deceiver doveva essere l'album della rinascita (e per certi versi lo è stato, anche se inizialmente fu bruscamente stoppato dal Covid), Frog in Boiling Water sarebbe potuto essere la totale consacrazione di una band iconica. Purtroppo gli spettri della vita sono tornati a chiedere pegno a un gruppo tormentato che sta ancora pagando il prezzo di un passato oscuro, ma che meriterebbe molto più di quanto raccolto finora.
