This Could Be Texas English Teacher
8.4

La recensione di This Could Be Texas, il disco d'esordio degli English Teacher

Qualche volta capita di imbattersi in artisti perfetti e in band la cui musica è talmente immacolata da farli risultare antipatici. Gli arrangiamenti evolvono insieme alle parole del testo e quest’ultime sono senza incertezze, personali e universali. Tutto è così ordinato e come dovrebbe essere che ci si dimentica quasi di lasciarsi trasportare dalla linea melodica e si tende a star lì, con le orecchie aguzzate, a cercare di scovare l’imperfezione.

L’arpeggio di chitarra di Albatross, con cui si apre la prima traccia di This Could Be Texas, l’album d’esordio degli English Teacher, ricorda una di quelle canzoni emo che diventano cult del genere, un po’ come Never Meant degli American Football. Poi però il pianoforte e la batteria conducono il pezzo nel territorio art rock britannico dei Black Country, New Road, con una transizione che non spezza il continuum emotivo. La voce femminile disegna una melodia pop che sembra presa in prestito da David Bowie. Finisci di sentire il brano e non capisci se è più forte il desiderio di riascoltarlo o la sensazione di fastidio che non riesci a spiegarti. La stessa cosa avviene anche con canzoni più sporche come la ruvida I’m Not Crying, You’re Crying che mescola i Dry Cleaning con la psichedelia e gli archi.

English Teacher
(C) Denmarc Creary

Gli English Teacher si sono conosciuti al conservatorio di Leeds. Questo, in parte, risolve il mistero sul profumo accademico che invade tutte le loro canzoni. Douglas Frost (batteria), Nicholas Eden (basso), Lewis Whiting (chitarra e synth) non vogliono rimanere imbrigliati nelle strette maglie del post-punk inglese e, se ci riescono, è merito della produzione variegata di Marta Salogni, ma soprattutto della frontwoman Lily Fontaine. Chitarrista, tastierista, cantante e autrice dei testi, è lei l’anima della band. Cresciuta nel piccolo villaggio di Colne del Lancashire, Nord Ovest dell’Inghilterra, racchiude tutte le anime del gruppo. Unione di culture, influenze artistiche, generi musicali e letterari che convoglia in canzoni impeccabili.

Nella maggior parte di questi casi, alla leggera antipatia, fa seguito la noia perché ogni cosa sembra troppo calcolata. Con gli English Teacher tutto ciò però non accade, neppure con i brani più “classici” come il singolo The World’s Biggest Paving Slab. Il riff di chitarra elettrica si fa sempre più ipnotico e, proprio quando dovrebbe stancarti, si apre in un ritornello sintetizzato. Lily parla di sé attraverso i riferimenti al suo paesino d’origine, citando persino Charlotte Brontë.

Cosa vuoi aspettarti, d’altronde, da una band che, come copertina del suo primo album, sceglie un’opera surrealista? Di certo, non un’evoluzione repentina e così poco accademica come quella di Mastermind Specialist. Una lullaby malinconica che riesce a essere intima pur citando Nosferatu e Mr. Nobody: Lily parla della sensazione di stasi, volgarmente non si sente né carne né pesce e, a livello musicale, questo la rende unica. Insieme con l’accompagnamento del pianoforte e degli archi, prima pizzicati e poi distesi in un finale cinematografico. Ancora nessun difetto.

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È sempre il pianoforte il protagonista assoluto della titletrack This Could Be Texas. Una piccola operetta in crescendo, a metà strada tra il musical e il recitar cantando, dove Lily cambia registro con una facilità disarmante. Colpisce anche il modo in cui la band la segue con le chitarre e gli archi per una coda di quasi due minuti.

«Ignore the farmer and his pitchfork / Walk through the heather»

dichiarano i due versi centrali del brano. Gli English Teacher lo fanno eccome, escono dagli schemi senza sporcarsi.

Compare pure il sax nella stupenda Broken Biscuits che sembra a tutti gli effetti un brano scritto da Isaac Wood – impossibile non pensare a Bread Song – ma la band di Leeds ci mette del suo, soprattutto nei dialoghi tra basso e chitarra. Tutti i frammenti di ossa e le briciole di biscotti sparse per casa e per lo studio vengono raccolti e mixati alla grande dalla nostra Marta Salogni. Se This Could Be Texas suona così bilanciato è merito della sua produzione. Persino quando la band introduce un pizzico di elettronica come in Not Everybody Gets to Go to Space. A metà tra realtà e sogno, un po’ Jockstrap, gli English Teacher conducono l’ascoltatore nello spazio.

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La voce di Lily Fontaine – e forse anche il colore della pelle – hanno spesso alimentato il pregiudizio: quando tutti, compreso il suo ex, vorrebbero che cantasse brani R&B, lei ci scrive su la canzone più heavy e veloce dell’intero disco. Una scarica di adrenalina, posizionata al centro della tracklist, che fa da spartiacque.

The shivering truth of the mattеr is so easy to see
If I have stuff to write, thеn why don't I just write it for me?
Despite appearances, I haven't got the voice for R&B

R&B è stato il brano con cui gli English Teacher hanno attirato l’attenzione della critica ed è nato dopo un lungo blocco che Lily ha superato iniziando a scrivere per se stessa. Ovviamente esagera quando dice di non avere la voce per cantare un genere come il Rhythm and Blues e lo sa pure lei. Infatti, sul finire dell’album, mette in mostra le proprie capacità. La ballatona You Splinter My Pain è pervasa per tutto il tempo dagli echi di Amy Winehouse.

La seconda parte dell’album sembra tenere fede a quanto dichiarato in R&B: le canzoni diventano quasi dei divertissement, senza però perdere l’intensità emotiva e la forte carica simbolica. Gli English Teacher giocano con le parole e con i generi in The Best Tears of Your Life. Darne una descrizione è complicatissimo: l’anima alternative contrasta con l’americanità espressa dalla città dove è ambientata la canzone e con l’autotune possente del ritornello che strizza l’occhio alla trap. Una combinazione che non ha alcun senso sulla carta ma, tocca ripeterlo di nuovo, alla band britannica ogni cosa esce bene.

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Delle tredici canzoni di This Could Be Texas non si può scartare davvero nulla. Cosa ancora più incredibile, è un disco che risulta omogeneo pur nelle sue continue variazioni. Gli English Teacher seguono un sentiero tutto personale, diretti verso un futuro che, nonostante i cattivi presagi e la paura di rimanere irrisolti, immaginano primaverile e ricco di fiori come nella letteraria Nearly Daffodils. L’aura poetica alla William Wordsworth è incorniciata dalla batteria di Douglas Frost che corre a perdifiato, giustificando chi, almeno una volta, ha pensato che gli ET fossero una band “post-punk”. Ma come accade in tutti i brani, anche quelli più veloci e rumorosi come quello in questione, Lily e soci riescono a creare dei rimandi sonori che li rendono una parte attiva e indispensabile all’interno dell’economia di un disco senza genere.

L’album si chiude con due pezzi che rendono ancora omaggio ai paesaggi collinari del Lancashire. Davanti a Pendle Hill ricoperta di neve, Lily immagina di ricevere in dono le parole da Shelley e Byron per descrivere il panorama sublime che ha davanti agli occhi. Il ritmo andante di Sideboobs e i suoni spaziali che accompagnano lo spoken sembrano una conclusione, ma la band ha ancora in serbo un’ultima perla. Un’ulteriore testimonianza di come rasentino sempre la quasi perfezione in ogni scelta.

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Albert Road è una successione di immagini ed episodi dell’infanzia di Lily, ambientati in una strada di Colne. Frammenti che raccontano ancora una volta l’odiosa sensazione di trovarsi in una terra di mezzo, prendendo spunto da quel misto di nostalgia e rimpianto che si prova nel non sentirsi più totalmente appartenenti al luogo in cui si è cresciuti. Il basso e gli accordi di chitarra portano con essi un po’ della malinconia Josef K e Joy Division, prima che la voce di Lily si lasci definitivamente andare dopo quasi cinquanta minuti. Un urlo liberatorio al quale si aggiungono tutti gli strumenti.

Arrivati a questo punto, ci si sente sfiniti emotivamente. C’è troppo da razionalizzare e contestualizzare per comprendere il reale valore di ciò che si è ascoltato. Gli English Teacher no, non sono antipatici, al massimo risultano tali perché sembrano fin troppo coscienti dei tasti che devono toccare per farci provare qualcosa. Sembrano conoscerci da sempre, pur essendo al primo album, pur cantando di se stessi, delle loro passioni, di letteratura inglese e disegnando quadri surrealisti. Quindi la prima reazione, quella più spontanea, è riascoltare daccapo tutto, per capire se ci hanno fregato e vedere se quella strana sensazione, quella che si prova difronte a qualcosa di speciale, per caso scompaia.

La verità è che This Could Be Texas ogni volta sembra migliore.

English Teacher
(C) Tatiana Pozuelo