L’uscita del quinto album di James Blake era stata originariamente programmata per il 10 settembre ma, a poco più di una settimana dal rilascio, per ritardi nella produzione dovuti al Covid, è stata posticipata di un mese circa. Deluso dalla vana attesa, alimentata al limite del sostenibile dai primi due singoli pubblicati, ho fatto una cosa molto rischiosa, poco indicata per chi ha in programma di recensire un’uscita imminente. Sono tornato indietro fino al 2011 e ho riascoltato dopo moltissimo tempo James Blake, disco di debutto che nel gennaio scorso ha compiuto dieci anni. Compiere un’operazione del genere comporta dei pericoli non indifferenti, uno su tutti il rischio di porsi in una posizione eccessivamente difensiva difronte al nuovo lavoro.
Come spesso accade, riascoltando un disco a distanza di molti anni, si scoprono e si apprezzano sfumature che in passato erano sfuggite e che il vissuto e il presente ora fanno emergere in modo stupefacente. I Never Learnt to Share è stata la mia riscoperta, brano per metà a cappella e per metà splendidamente accompagnato, nel quale l’artista inglese descrive l’incomunicabilità che lo contraddistingue immaginandosi un fratello e una sorella (James Blake è figlio unico) e ripetendo lo stesso verso per tutta la durata del pezzo. Questa canzone risulta attualissima e dà l’impressione di essere stata scritta nel periodo di lockdown, aspetto che è invece reale per quanto riguarda Friends That Break Your Heart.
Pronti, via e dopo le prime due tracce il James Blake che incontriamo sembra essere tornato quello riflessivo e cupo dei primi album. Il tema rimane quello dell’abbandono e del senso di sconfitta che permea i momenti successivi alla fine di una relazione; tuttavia, la sonorità che rimane curatissima è più immediata rispetto al passato, la voce dell’artista è pulita e disegna melodie da ballad ricercate. Famous Last Words unisce passato e presente, da un lato strofe ed armonie che richiamano immaginari lontani, dall’altro un ritornello che lascia spiazzati ma che ad ogni ascolto rende la traccia unica. L’accompagnamento elettronico al quale si uniscono degli archi nel finale completa una delle canzoni migliori del disco.
Life is not the Same si mantiene sullo stesso piano stilistico e tematico, il testo e il cantato trasmettono la malinconia disperata e la delusione di chi ha perso qualcuno a cui teneva.
Friends That Break Your Heart compie un passo oltre il precedente Assume Form e allo stesso tempo si volta indietro per saggiare la tenuta della strada percorsa per giungere dove si è arrivati. Il carattere torna malinconico e misero, ma non si sovrappone esattamente ai primi lavori del cantante. I testi sono meno criptici, in alcuni casi meno incisivi, e la musica previene un mood troppo cupo gettando colori qua e là. Il discorso si fa generale, le canzoni possono fare riferimento alla fine di un amore o di un’amicizia come si evince dalla duplice valenza delle parole della title track. James Blake qui canta splendidamente su un arpeggio di chitarra acustica che richiama le atmosfere oscure e sarcastiche della celebre Mad World, in particolare nella versione coverizzata da Michael Andrews e Gray Jules per il film Donnie Darko.
Nobody’s prepared
And they tell you, just you wait
It kills you when only love can break you
All the more you care
And all and all in love is fair
But it’s not fair
Show Me invece è un duetto sullo stesso tema che funziona senza però stupire troppo. Le voci combinate di Blake e Monica Martin, il ritornello classico e gli strumenti elettronici che in alcuni momenti si fondono con il pianoforte e gli archi danno vita ad un ambiente da sogno disneyano, di colpo sembra di essere stati catapultati in un musical.

James Blake ha parlato del nuovo album dividendo le canzoni in due tipologie distinte in base alla loro produzione e alla lavorazione. I’m so Blessed You’re Mine è una di quelle che lui definisce Frankenstein, ossia una traccia che ha comportato una produzione lunga ed elaborata e che ha cambiato più volte forma. Già dal primo ascolto si evince questo aspetto e colpisce soprattutto il beat che esplode inaspettatamente nel ritornello, in netto contrasto con il resto. Le parole del titolo sono ribadite da una voce elettronica accompagnata dai vocalizzi di Blake e da un pianoforte dal suono limpido. Il brano evolve continuamente fino al finale cinematografico. Non convince allo stesso modo Foot Forward, canzone prodotta con Metro Boomin che strizza l’occhio al pop d’alta classifica con un ritornello che tuttavia rimane in testa.
Tra le migliori produzioni del disco si colloca senza dubbio la collaborazione con SZA, un brano che mescola l’R&B con il rap. Gli accordi ripetitivi della tastiera fanno da contorno alla strofa cantata da Blake e poi lasciano il posto ad un beat ricercato nella seconda parte della canzone. Coming Back era inizialmente nata senza un ritornello, per fortuna degli ascoltatori poi è stata integrata con uno dei migliori dell’intero album.
Friends That Break Your Heart è stato scritto e registrato durante il periodo più intenso della pandemia e apparentemente non sembra contenere brani che facciano diretto riferimento ad essa. Un’analisi a posteriori però dimostra come inconsciamente James Blake abbia trasferito parte del proprio vissuto in lockdown nella propria musica e nei testi: d'altronde è ciò che accade sempre, in qualsiasi forma d'arte. Frozen è in questo frastornante e stupefacente, le strofe di JID e SwaVay sono pungenti e giungono al punto oscillando tra l’interpretazione letterale di congelamento e quella metaforica legata all’aspetto psicologico. Lo stile spettrale della base anticipa quello della traccia successiva I’m so Blessed You’re Mine di cui si è già sottolineata la bellezza.
Maybe I'm just adolescence that's made in a box
Go bang at the park, and Atlanta stays in the pot
And I'll kill you, fuck if I'm famous or not (Crazy)
And I'm feelin' all like frostbite, feet in the snow
Now Hotlanta don't feel so hot anymore
Now I'm frozen, neck frozen, my girl bad, my sex frozen
Neck open, ice in my lungs now, far from the sun now
Yeah
Anche la traccia finale If I’m Insecure sembra descrivere con estrema chiarezza l’incertezza derivante dalla mancanza di relazioni e dall’isolamento. L’amore e la lontananza diventano il vettore ideale per esprimere tali sensazioni in maniera indiretta. La traccia che chiude il disco è una ballad che si fregia splendidamente di sfumature gospel, impacchettata in una produzione che ne accresce l’emotività secondo dopo secondo. Nulla è lasciato al caso, men che meno i bip elettronici e i battiti delle mani a ritmo che compaiono nell’ultimo ritornello e si ergono sopra il suono da organo del synth.

Nel 2011 James Blake ripeteva in modo nevrotico di non aver mai imparato a esprimere le proprie emozioni, eppure contemporaneamente ci riusciva attraverso la musica. La paura che scuote di solito chi è di natura introverso è quella di non sfruttare le occasioni che la vita fornisce a piccole dosi. Lost Angel Nights è una malinconica speranza trasfigurata in musica, il mondo va avanti e sembra sfuggire dalla presa scivolosa delle mani di chi vorrebbe farlo fermare anche solo per un secondo per riprendere fiato.
And so you slept all day
The world doesn't wait
And it kept on going
It kept on going around us
We had so much going for us
And I was losing my place
And in my place
A thousand imitations rose up
And I hope it's not too late
To make up for all those
Affrontare i cambiamenti più terrificanti garantendosi il diritto di rimanere se stessi anche nell'evoluzione personale: è questo il messaggio che cerca di trasmettere la sentita riflessione notturna di Lost Angel Nights. L'artista inglese si libera in parte dei suoi demoni interiori e nel farlo abbraccia idealmente l'ascoltatore universalizzando la propria esperienza. In questo disco è estremamente capace di "condividere", anche con le parole e non solo con le note. La lucidità nel descrivere la sensazione di inadeguatezza nei confronti di un ipotetico altro, che sia te stesso, un amico, un’amante o il mondo tutto, si affianca ad un’urgente richiesta di comprensione e si esplica forse nella canzone più pulita e meno prodotta di tutte, Funeral.

«I'll come out of my shell», recita così l’ultima strofa di Funeral. La scelta di pubblicare come primo singolo Say What You Will, brano in cui per la prima volta James Blake si tira fuori dal giochino malato del confronto con gli altri artisti di successo, conferma questa affermazione. In un’atmosfera da ballad anni Sessanta l'artista londinese evacua dal proprio torpore emotivo ballando e cantando (e come canta!). Le aspettative non lo schiacciano più, accetta il fatto che la luce possa accecarlo come fa con i girasoli, ma anche che possa svanire velocemente come in una pioggia di meteoriti: «And I'm okay with the life of the sunflower / And I'm okay with the life of a meteor shower». Geniale la scelta di scegliere FINNEAS come soggetto del videoclip.

Friends That Break Your Heart è più elaborato ed omogeneo stilisticamente del suo predecessore, ma non per questo è complicato, anzi rispetto ai primi album i bersagli dell’autoriflessione psicologica sono chiari e le emozioni si provano fin dal primo ascolto, motivo per il quale il disco potrebbe risentirne a livello di longevità. Ma chissà? Musica, produzione, melodie, canto, tutto sembra funzionare, qualche volta meraviglia, altre, quando rimane troppo ancorato alla comfort zone dell'artista, risulta prevedibile, ma comunque rigenerante. Le vette emotive raggiunte si avvicinano molto a quelle di James Blake ed Overgrown, i testi sono più diretti e curati rispetto al passato, seppur rischiando in alcuni casi di sortire l’effetto opposto a quello desiderato. L’ambiguità infatti li rende profondi, la troppa linearità a volte li fa sembrare banali.
Assume Form ci aveva mostrato un James Blake inedito, troppo concentrato nel voler mascherare quell'identità malinconica per cui parte della critica, mostrandosi di una superficialità sconcertante, nel corso degli anni lo ha etichettato ingiustamente come il "cantante triste" per antonomasia. Ora il 2021 ce lo restituisce più umano e più consapevole.
Ho iniziato questa recensione citando I Never Learnt to Share e ho approcciato Friends That Break Your Heart con ancora il suono dei synth di dieci anni fa nelle orecchie. Ha influenzato troppo la mia analisi? Non posso dirlo, sicuramente ha contribuito a leggere questo quinto album con un’ottica ben precisa: scovare i segni del tempo nella sua musica. Per mia fortuna e per quella di tutti coloro che lo ascolteranno, James Blake non ha nascosto nulla e ha realizzato un disco nel quale non ha paura di mettersi a nudo, compresa la sua voce che per la maggior parte del tempo canta senza effetti risultando più efficace. È difficile dire se sia il suo album più bello, probabilmente no, ma certamente va incluso non solo tra i suoi migliori, ma tra i dischi più rappresentativi di questo momento storico in cui è difficile vivere e mantenere relazioni.