Inner Song è uno degli album più intimi che avrete l'opportunità di ascoltare in questo 2020. Kelly Lee Owens ci ha riportato in una dimensione narrativa così profonda che rende abbastanza impegnativo l'ascolto di questo album, in quanto vi ritroverete catapultati in più dimensioni. A livello sonoro sembra di entrare in immersione nelle acque dell'Artico e ritrovarsi sempre più vicini al centro della Terra. Non per niente abbiamo canzoni con titoli come Melt e Flow che segnano già dall'inizio la discesa nella personalità della nostra producer gallese preferita.
Iniziamo dal titolo che già va a delineare una delle formazioni musicali di Owens. Inner Song è il titolo di un EP del maestro del free-jazz Alan Silva che arriva direttamente dal 1974, che va a legarsi a doppio nodo con la canzone Arthur. Questo brano proveniente dal self-titled di Owens è dedicato al prolifico musicista Arthur Russell, figura che ha spiccato d'intensità nel suo percorso di crescita musicale. Questi riferimenti, però, non sono solo nei titoli quanto nell'intensa ricerca nella composizione e nell'arrangiamento dei pezzi: ogni brano ha una profondità, un sound e un approccio diverso.
Si parte con Arpeggi, che riscalda l'atmosfera preparandola per On, brano che ricorda moltissimo la ricerca stilistica tipica del trio teutonico MODERAT e Holly Herndon, dove la voce malinconica si fonde completamente con i beat. Portandoci sempre più verso una dimensione da C2C, il festival torinese di musica elettronica conosciuto worldwide, che definisce un taglio netto che va a contrastare quasi con il proprio inizio e porta il discorso in tutt'altra atmosfera. Qui si vede come i suoi remix di Bjork e la collab con St. Vincent l'abbiano formata.

Se con On eravamo appena entrati dalle porte di Lingotto Fiere per il C2C, con Melt! siamo già immersi nella pista. Il beat che riprende il brano precedente esplode in una carica quasi techno-pop, che mi fa fremere all'idea di tornare in pista a novembre. Per stemperare gli animi e poi riaccenderli abbiamo Re-Wilde Jeanette, dove passiamo da un flow calmo, ma molto coinvolgente. Ricorda molto, infatti, il lavoro portato avanti nel self-titled come Arthur e Lucid, nonostante Re-Wild sia molto più intenso e dinamico - credo che possa essere perfetta come soundtrack per una pubblicità di alta moda. Curiosità: Alexander McQueen scelse proprio un suo brano, Arthur, per la sfilata autunno/inverno 2016-2017, per fare l'entrée degli abiti più audaci. Inutile dire che la maison McQueen non poteva sceglier brano migliore.
Jeanette, invece, butta all'aria tutto il beat che ci aveva accompagnati precedentemente per trasportarci in un mondo più leggero, come se fossimo nelle nuvole quando si muovono velocemente spinte dal vento. Questa è sicuramente un'altra hit da C2C che ti prende come in un vortice. Rimanendo nel mondo delle nuvole, riusciamo ad intravedere il lato più romantico della musicista con L.I.N.E. nonostante il brano significhi Love is Not Enough (Alone), andando a rimarcare la propria determinazione nel realizzarsi.
E proprio quando si parla di cielo troviamo questa piccola perla all'interno dell'album, Corner of My Sky. Un tributo alla terra gallese - infatti abbiamo una bellissima collaborazione tra Owens e John Cale, per chi non lo conoscesse è stato un militante dei fantastici Velvet Underground. Cale imparò l'inglese alle scuole elementari, perché per i primi anni della sua vita parlò solo in gallese e da qui arriviamo al pezzo: sentiamo, infatti, una cantata totalmente nella lingua madre di Cale. Owens, a proposito di questa canzone, affermò in un'intervista:
Sapevo che quest’album mi avrebbe riconnesso con le mie radici, e dunque impiegare la lingua gallese nella sua stesura mi è sembrato molto importante. Una volta completata la canzone ho pianto: in primo luogo sentendomi incredibilmente fortunata per aver collaborato con John e il suo eterno talento, in secondo per essere stati entrambi in grado di riconnetterci con le nostre origini

Il cielo ci porta alla notte ed è qui che incontriamo di nuovo l'onda di techno-pop: Night. E' un brano molto delicato all'inizio, sembra farci inoltrare nella notte londinese, dalle prime note del tramonto alle quattro del mattino con dei beat sempre più metallici, ma pur sempre accompagnati da altri molto più mellow. Si ha un effetto sonoro dato dai drums che ricorda il suono delle cicale, che ci siano anche a LDN? Mah, non me le ricordo. In ogni caso questo è uno dei miei pezzi preferiti, che mostra il volto più cattivo e sperimentale dell'artista.

Più ci si inoltra nel paesaggio disegnatoci da Owens, più notiamo come ci stia letteralmente trasportando da un mondo all'altro, scorrendo sulla linea del tempo senza indugi. Flow è la coronazione di questa corsa, che ci vuole far da tramite dal brano precedente a quello di chiusura, Wake Up. Nonostante Flow sia molto leggero come ascolto, credo che sia perfetto per accompagnare i bagordi notturni. Questo pezzo vuole un po' essere una metafora, a mio avviso, su come ogni suo pezzo si colleghi all'altro quasi ricordando un oroboro. Infatti, se notiamo, anche con Wake Up andiamo a ricucire il nostro percorso con Arpeggi.
Ma quindi, insomma, che voto le diamo? Credo che questo album sia fantastico, sopratutto per la sua sincerità e genuinità. E' difficile sapersi descrivere in musica in maniera così sfaccettata, ma pur sempre coerente, senza risultare banale. Importante, infatti, è il minimalismo che ha adottato nella sua carriera e che sta riadattando perfettamente al suo concetto musicale.