Ah, le aspettative: uno dei più grandi bluff della vita. Ci portano a idealizzare persone, posti e oggetti e poi ci costringono a fare i conti con le nostre stesse valutazioni e idee quando tutto diventa reale. E spesso tutto senza particolari convenevoli. Era da aprile che fan (e non, visto l'altisonanza del suo nome) non aspettavano altro che il 22 agosto, giorno di uscita di Guitar, il nuovo e sesto album in studio di Mac DeMarco.
Le aspettative d'altronde sono sempre state inevitabili nello stesso momento in cui DeMarco ha saputo come in pochi altri casi della storia recente della musica sublimare in un solo progetto un genere musicale ma anche uno stile di vita, un immaginario e un personaggio.

L'hype era inevitabile per via dell'impatto che lo stesso DeMarco ha avuto nella musica e in un certo senso nella società dai primi anni 2010. I cappellini sbiaditi, i capelli incolti così come la barba circostante dei baffi ben più curati, maglie e jeans oversize e Vans Authentic ai piedi. L'aria sconsolata e sorniona insieme ad un atteggiamento compassato, vittima degli eventi e di una realtà che sembra troppo complicata per essere presa troppo sul serio.
Il disco è composto di 12 tracce e come al solito è stato interamente scritto e prodotto da DeMarco stesso. Il dato sorprendente è il tempo dedicatovi: 12 giorni nello scorso novembre, come ammesso dallo stesso Mac in una recente intervista, per un'esigenza prettamente pratica. Quello era il lasso di tempo a disposizione rimasto tra alcuni impegni presi per una ristrutturazione ed un trasloco della madre, e dopo aver scartato un intero disco praticamente già pronto ma poco soddisfacente. 14 brani, registrati e ri-registrati, messi da parte per fare spazio a qualcosa di più denso.

L'album è un dialogo tra Mac DeMarco e la sua fedele chitarra, che accompagna tutti i brani in linee melodiche molto coerenti tra una traccia e l'altra, contribuendo ad un disco compatto nel suono e nelle atmosfere. E, soprattutto, tanto da portarlo a chiamare il disco stesso Guitar. Un lavoro che segna un cambio di passo stilistico grazie a testi decisamente più maturi e un abbandono della voglia di non prendersi troppo sul serio che aveva contraddistinto i suoi anni (e dischi) d'oro.
Di mezzo ci sono 5 anni di disintossicazione dall'alcol, un viaggio che sa di introspezione dopo la morte del padre e un ritorno in Canada, la sua terra natìa. Per cui non stupitevi se sentite più di qualche richiamo alle melodie di grandi cantautori americani-canadesi come Elliott Smith, ad esempio in Shining, o Neil Young, in Terror e Home, o ancora Lou Reed, in Phantom e Rock And Roll. Perché in fondo è proprio lì che ha preso forma, dopo Bob Dylan, quell'immortale immagine del cantautore che abbraccia la sua chitarra per dare sfogo alle più profonde riflessioni sull'esistenza. E di cui DeMarco è stato fautore della versione 2.0, se così vogliamo chiamarla.

L'apertura del disco è in medias res: Shining parte direttamente con la voce in falsetto di Mac e imposta il tono del disco, sia per gli elementi che lo comporranno sia per le atmosfere. Che sia un DeMarco decisamente più maturo e riflessivo, lo si capisce dal modo in cui parla apertamente dell'amore e del passato.
Che sono poi gli stessi temi trattati nelle successive Sweeter e Phantom, in cui love continua ad essere centrale nei testi e un riferimento costante nelle riflessioni di DeMarco. Un trittico di apertura frutto delle riflessioni sui sentimenti, sulle persone che non fanno più parte della propria vita ed un autoconvincimento che tutto ciò sia normale.
Nightmare e Terror rappresentano insieme l'altra faccia della medaglia: proprio le difficoltà di affrontare i propri sentimenti e lo scorrere del tempo e delle facce che cambiano attorno a noi. Per poi arrivare a Rock And Roll che, negli stessi toni, come uno stream of consciousness, ci racconta la vita del rock'n'roll sia stata la strada che DeMarco ha sempre cercato di perseguire.
Proseguendo nel disco ci si addentra nella sezione più sincera in cui DeMarco parla in maniera molto diretta con se stesso, lasciando andare tutti i pensieri che popolano la sua mente. Home, primo singolo lanciato per promuovere il disco, è quello più esplicativo del nuovo Mac. Un DeMarco spogliato di tutte le esasperazioni e gli eccessi del passato, che si pone domande sul senso della vita e di come le nostre azioni corrispondano sempre ad una reazione, come nelle successive Nothing At All e Knocking.

L'uscita dal tunnel dell'introspezione prende le forme di una preghiera in Knockin e Holy, in cui la chitarra torna a disegnare delle traiettorie imprevedibili e DeMarco sembra voler esorcizzare e scacciare le riflessioni che stanno popolando e annebbiando la sua mente.
La chiusura richiama vagamente le atmosfere più sognanti dei Doors (Indian Summer ne è un buon esempio, senza in realtà decollare mai per coerenza con il disco intero) con Rooster in cui Mac invoca un riavvicinamento con l'amore perduto per fare pace con il passato e chiudere finalmente il cerchio.
Parlavamo di aspettative, perché un disco come Guitar non può lasciare indifferenti nei confronti di quello che ci aspettavamo da un funambolo come Mac DeMarco. A maggior ragione dopo un disco strumentale (Five Easy Hot Dogs, 2023) ed una raccolta di 199 brani (One Wayne G, 2023). Oltre un decennio di melodie e linee vocali totalmente imprevedibili, per poi ritrovarsi un disco spoglio di tutti gli arzigogoli di Salad Days, 2 o This Old Dog, ma con gli stessi elementi fondamentali: Mac DeMarco e la sua chitarra.
Ci siamo forse abituati a quello che 10 anni fa era qualcosa di ancora poco esplorato? Forse l'effetto su ognuno di noi è diverso perché noi stessi siamo diversi, e con noi lo è Mac, che per la prima volta in carriera mette al mondo quello che è senza dubbio il suo disco più maturo, in cui dubbi e riflessioni vengono affrontate senza quella goliardia della gioventù. Forse Mac è solo invecchiato e questo è il suo modo per dircelo nel bel mezzo del quarto decennio di vita, dopo quella soglia critica dei fatidici 30 anni che ci impone una sorta di bilancio. E noi siamo invecchiati con lui, rendendo l'accettazione di questo disco per quello che è ancor più difficile.