Wild God Nick Cave & The Bad Seeds
8.0

Nell'Anno Domini 2024 torna la religione di Nick Cave & The Bad Seeds e siamo di nuovo tutti invitati nella sua chiesa per ascoltare il nuovo album Wild God pubblicato per Pias Recordings. Dieci tracce prodotte interamente da Nick Cave e Warren Ellis, coppia rodata che, in barba al tempo che passa, riesce a rimanere al passo con i tempi proseguendo quanto di buono fatto con i due album precedenti Ghosteen (2019) e Skeleton Tree (2016).

Wild God si scosta molto dai suoi predecessori, i lutti, di cui ormai sappiamo già tutto, sono passati o comunque sono stati assimilati, ora è il momento della redenzione, della gioia e del perdono, attraverso sonorità familiari e sperimentali che convivono.

Questo stacco dal passato lo si nota sin dalla prima traccia Song of the Lake che presenta i ben noti loop di Ellis che però non sono più al centro del brano come in passato, ma fanno da sfondo, spostando la centralità su un coro rimbombante che si ripresenterà costantemente durante il brano e per gran parte del disco assieme alla coralità degli strumenti, sancendo finalmente il ritorno dei Bad Seeds.

Nick Cave Wild God
Nick Cave | Credits: Ian Allen

La potenza della band viene fuori in modo travolgente nell'accoppiata Wild God e Frogs, non a caso due dei tre singoli con cui l'album è stato presentato; risalta la capacità di usare l'art rock per creare un'opera poetica, quasi epica. In Frogs ci sono molte sonorità che ricordano i Sigur Rós, pilastri di questo genere, dai quali persino dei musicisti così importanti hanno preso spunto per ampliare il loro repertorio e il risultato sono questi brani in cui ci si muove tra la bellezza e lo straordinario, suonando sempre come una specie di opera angelica che vibra sullo sfondo, mentre la voce di Nick Cave emerge da essa.

L'opera raggiunge il suo picco con Joy, uno dei brani meglio riusciti di tutto il disco, in uno scenario in perfetto stile Cave  dovr c'è spazio per la disperazione e la tristezza:

"I woke up this morning with the blues all around my head
I felt like someone in my family was dead
I jumped up like a rabbit and fell down to my knees"

I cori solenni accompagnano questo inno dai tratti spiccatamente religiosi in cui l'artista australiano dà sfoggio delle sua innate capacità da cantautore. Ma la redenzione è dietro l'angolo ed ecco che nel finale cambia il registro con "We’ve all had too much sorrow, now is the time for joy": è tempo di gioire mettendo fine alla sofferenza, gli alti diventano travolgenti portando questa ballad a terminare come una sorta di inno alla felicità.

Dopotutto Nick Cave stesso, come sottolineato in numerose interviste, cambia completamente registro non solo nella musica ma anche nella vita: Wild God è la trasposizione musicale di se stesso che affronta l' esistenza sotto una luce diversa, più luminosa, cercando di allontanare in qualche modo la negatività che per troppo tempo lo ha accompagnato e che è arrivata agli ascoltatori tramite la sua musica.

Per cambiare registro però è necessario chiudere i conti con il passato o comunque cercare qualche tipo di distacco e in Final Rescue Attempt, già dal titolo, si intravede questo tentativo di distaccarsi dai due eventi nefasti che hanno segnato la recente vita di Nick Cave, la morte dei suoi due figli.
Il brano è delicato, con un testo molto toccante che racconta di divinità e paesaggi immaginari, sembrando a tutti gli effetti un poema epico di cui non conosciamo i protagonisti, ma possiamo immaginarli:

"That we lay on our beds, with the rain on our heads
And my hand, searching for your hand, searching for my hand, searching for your hand, searching for mine
And I will always love you"

L'ultimo saluto ai figli in questi luoghi onirici, persi nello spazio e nel tempo, è un tentativo di connettersi ad un livello molto più gioioso e rassicurante con i loro spiriti.

Arrivati a questo punto la seconda metà dell'album inizia a calare mantenendo sì le sonorità grandiose e raffinate dei Bad Seeds infuse di gospel, ma perdendo il suo impatto, i suoi alti drammatici che sono stati i protagonisti della prima metà.

Molto toccante il ricordo di Anita Lane nel brano O Wow O Wow (How Wonderful She Is), nonostante alcune scelte musicali non proprio felici come l'uso del vocoder che stride tremendamente con il resto della composizione. Anita Lane, cantante e tastierista, è stata una colonna portante dei primi Bad Seeds, uno dei primi grandi amori di Nick Cave, scrittrice del testo di From Her to Eternity e Stranger than Kindness presente nel quarto album Your Funeral... My Trial. La memoria trasposta in musica è direttamente proporzionale alla grandezza di questa donna e a tutto quello che ha lasciato nei Bad Seeds.

Arrivati al termine di Wild God si rimane spiazzati, c'è poco da esaminare in questo progetto, perché l'energia spirituale liberatoria che irradia ovunque eclissa qualsiasi problema sostanziale possa avere. Ci si rende conto che, sì, sono state fatte delle sperimentazioni, ma non quanto negli album precedenti, optando per una trasmissione di 45 minuti con un chiaro messaggio: sii gioioso.

Si tratta di un album epico, estremamente emozionante e artistico che come i due precedenti si colloca giustamente tra alcuni dei lavori più feroci ed essenziali di Cave. Un vero punto culminante tra ciò che questo anno ha fornito musicalmente finora e un gradito ritorno nell'attuale panorama musicale.

Nick Cave
Nick Cave | Credits: Ian Allen