Tron: Ares (Original Motion Picture Soundtrack) Nine Inch Nails
7.5

Il cielo sopra la cintura di Milano aveva il colore di un firewall sintonizzato su uno snodo di rete estinto, nel mentre infiniti aerei in fase di decollo si susseguivano a tagliare il mascherato tramonto.
Era il 22 giugno, Anno del Serpente: il presagio di un rettile avvolto su sé stesso in una spirale, quasi un circolo vizioso, annunciava il ritorno dei Nine Inch Nails, squamati in una tournée (con una data anche a Milano) che li avrebbe visti ricuciti intorno ai loro cavalli di battaglia, a volte destrutturati dai fronzoli, a volte reinterpretati con il supporto di Boys Noize, apripista e co-interprete dove necessario.

Da lì a poco, sarebbe anche arrivato l’annuncio di nuovo materiale inedito, il primo “Halo” (nomenclatura ufficiale interna) dopo anni di minaccioso silenzio, scandito solo dagli sforzi di Trent Reznor e Atticus Ross come pluripremiati compositori di colonne sonore.
Reduci infatti da una campagna cross generi e registi cinematografici (Guadagnino, Fincher, giusto per citarne un paio d’alto calibro), bussò alla porta dei due anche l’opportunità di accompagnare una nuova pellicola dell’ormai capillarissimo impero Disney, Tron: Ares, in uscita nelle sale i primi di ottobre.
La clausola di aut-aut nascosta nel contratto degli agenti in giacca e cravatta di Mickey Mouse? Firmare quest’opera non più in qualità di “Trent Reznor & Atticus Ross”, come la miriade di soundtrack prima, bensì quali Nine Inch Nails: una trovata di marketing per ripercorrere il medesimo espediente che quindici anni prima venne usato per pubblicizzare il precedente Tron: Legacy, la cui OST fu composta nientemeno che dai Daft Punk.
Chi negli anni ‘90 l’avrebbe mai detto che in questa linea temporale oscura, dettata dall’egemonia delle mega corporazioni, saremmo potuti salire sulla giostra a tema Nine Inch Nails a Disneyland? “O tempora, o mores” direbbero i latini, a noi loro posteri invece l’ardua sentenza di reindirizzarlo in un senso, o nell’altro.

Trent Reznor e Atticus Ross dei NIN (Nine Inch Nails)
Trent Reznor e Atticus Ross | (c) John Crawford

Torniamo però ai fatti. Da questa rocambolesca joint venture new age, ce ne viene in tasca un nuovissimo album dei Nine Inch Nails… o almeno così ci viene venduto. Che poi il risultato finale non coincida esattamente con la realtà sarà tesi di questa recensione fagocitata nelle prossime righe.
Sia chiaro: aspettarsi un vero nuovo album sarebbe stato insensato, specialmente considerando la genìa intrinseca dietro l’opera stessa (si parla pur sempre di una colonna sonora); tuttavia un giudizio definitivo non può che nascere da una scissione delle due anime presenti in Tron: Ares (Original Motion Picture Soundtrack), per chiamarla col suo nome di battesimo.
Quindi, comunque fiduciosi nella libertà creativa di Reznor, dividiamo da un lato le venti tracce instrumental, co-protagoniste insieme a Jared Leto (altra benzina sul fuoco ndr...) della pellicola sci-fi in oggetto, dall’altro quattro brani propriamente Nine Inch Nails ed eredi di quel filone che a fine decade scorsa consacrò la mitica triade di EP (Not The Actual Events, Add Violence e Bad Witch).

Partiamo da quest’ultimi.

Synth bellicosi che si infiltrano nell’impianto audio come una daemon latente nel sistema, una cassa a martello che non lascia margine di manovra e i versi impassibili, decisi e maniacalmente metodici del frontman tuttofare: ci siamo, l’aggressività industrial è tornata. I Nine Inch Nails sono tornati. As Alive As You Need Me To Be, primo singolo estratto, è esattamente quanto di meglio si potesse prevedere da questa commistione di immaginari diversi: a metà strada tra una crasi di Year Zero, Hesitation Marks e la linea di basso di Love Is Not Enough, il brano resuscita nelle nostre sinapsi quella sensazione per cui i NIN son sempre stati in grado di avere un sound senza tempo, ma allo stesso tempo rivolto ad un futuro irraggiungibile dove elettronica e rock armonizzano in una sola direzione.
Questa prima traccia sarà anche testimone della scelta stilistica che accompagnerà gli altri tre pezzi cantati, quali somma massima delle varie sfaccettature riconoscibili nella discografia post anni 2000 del gruppo: la relativamente successiva I Know You Can Feel It non stonerebbe infatti all’interno di With Teeth, dal testo parlato stile flusso di coscienza fino alla massiccia chitarra di chiusura.

Allo stesso modo Who Wants To Live Forever? ricorda una versione da Los Angeles 2049 (riferimento per dopo) di And All That Could Have Been.
Come un virus che si propaga lentamente nel sistema, tessendo le tessere di un domino pronto ad implodere, il tutto porterà alla chiusura di Shadow Over Me, l’asso nella manica tenuto segreto fino all’ultimo e simbolo di quello che sarà effettivamente il lascito di Reznor ed Atticus su Tron: aperto da una base che strizza l’occhio alle composizioni avanguardistiche di Wendy Carlos per il primo film della saga, il brano si evolve in un epico muro di suono proprio dei migliori pezzi dei NIN, al punto da lasciare una sensazione d’amaro in bocca dalla fine di questo finto EP, complice il classico testo non-tanto-passivo-aggressivo che mette in discussione sé stessi, tutto e tutti su note cyberpunk.

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E “cyberpunk” come filone omni-comprensivo è proprio il retrogusto di cui tutta l’opera è permeata: le rimanenti venti instrumental ne omaggiano appunto il genere, aprendo un nuovo spiraglio sul sentiero già marcato in primis dalla stessa Carlos e anche da Vangelis con la OST di Blade Runner.
Tuttavia, al di là di questa qualità redentoria, i pezzi solo strumentali, vera colonna sonora della pellicola e costruiti a troppe riprese sull’ossatura di sample riadattati dei brani cantanti, non hanno lo stesso mordente della loro controparte.
Si susseguono quindi momenti di soffocante incalzo da futuro cupo (Init, Infiltrator, This Changes Everything) per poi cedere il passo a frangenti di ampio ed epico respiro degni del kolossal (100% Expendable, Building Better Worlds, No Going Back), ma senza lasciare un segno così indelebile al quale poter ritornare più e più volte in prossimi ascolti.
Purtroppo, a mancare è un po’ quell’originalità e tensione latente che, per esempio, appena lo scorso anno avevano reso così interessante la colonna sonora scritta, sempre dai nostri, per Challengers.
Ascoltare tutto d’un fiato questo album si trasformerebbe quindi in un gesto di masochismo a cui solo i più devoti fan dei Nine Inch Nails, al limite del fanatismo, potrebbero sottostare, andando ad accostare quest’ultima fatica ai sei diversi Ghosts.
Ma tiriamo quindi una definitiva linea di bilancio sul disco: non è affatto un nuovo e completo album dello storico gruppo, per quanto al tempo stesso e lontani da fraintendimenti, sia un ottimo EP di quattro brani, al cui contorno è anche presente una curata selezione di tracce strumentali per i più appassionati.

Tron: Ares (Original Motion Picture Soundtrack) racconta una bella storia a metà: ci ricorda un tempo andato, ci ingolosisce in uno svolgimento degno del duo, ma troncandosi di colpo ci lascia sul colpo di scena, nella speranza che i Nine Inch Nails tornino con un nuovo LP. Per davvero questa volta.
E per chi è un irriducibile sostenitore dei bicchieri mezzi pieni, oppure per chi ha semplicemente poca fiducia nelle recenti pubblicazioni alle cui spalle si palesa il marchio Disney, resta comunque fantastico come il “nuovo album” dei Nine Inch Nails porti con sé in omaggio un nuovo film di Tron. E non il contrario.