Gigaton Pearl Jam 27 marzo 2020
9.2

Oggi, 27 marzo 2020, siamo qui riuniti per ascoltare insieme un album magnifico di una band che ha letteralmente fatto la storia della musica: i Pearl Jam. In un momento così critico, dove tutto è messo in discussione, tra cui anche i gusti musicali (hey, vi ho visto mentre ballavate Shakira sul balcone) il gruppo statunitense ci offre un album da paura, Gigaton. Credo che il titolo sia più un consiglio, ovvero di sparare l'album a 7 Gigaton. Il 7 sta per gli anni di silenzio prima di questa perla, imperfetta, ma molto importante. Ma iniziamo la recensione (che poi cosa vuoi che recensisca, questi hanno fatto la storia e io ho buttato 21 anni dal balcone con Shakira).

Dance of the Clairvoyants è stato il singolo chiave attraverso il quale si è parlato di un ritorno della band fronteggiata da Vedder. A dirla tutta quando la sentii alla radio non potevo crederci, perché il tempo passa, ma il loro sound rimane forte. Cambia, sperimenta, si muove, guardando anche alla musica elettronica, ma i Pearl Jam mantengono solido il loro timbro.

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Gigaton è un inno al cambiamento, apertamente contro Trump, e soprattutto è la prova che il grunge invecchia, ma sa ancora il fatto suo. Complesso e sfaccettato, nei mood, nei riferimenti e nelle citazioni ai vari grandi della musica. Ci troviamo comunque davanti ad una sfilza di brani politically relevant, perfetti per l'articolo pubblicato un po' di tempo fa a riguardo. La copertina ne è simbolo, poiché la linea del battito cardiaco è indiscutibilmente legata alla muraglia di ghiaccio che si sta sciogliendo. Poco da dire, elegante ma geniale.

Il fatto che il Pearl Jam si siano apertamente schierati contro la figura più controversa del loro Paese, senza mezzi termini, soprattutto se vediamo le interviste di Vedder, è veramente cruciale. Soprattutto in tempi come questi, dove non è importante dire "io voto x o y", ma io pretendo che tu politico mi rappresenti per davvero. Se il cambiamento parte da ognuno di noi, beh, i Pearl Jam si  sono messi in ballo. E l'anima grunge alimentata dalla rabbia ne è testimone. Non si tratta più di quella rabbia post-adolescenziale, ma di una rabbia quasi di impotenza, data da crisi climatica, situazione socio-politica e manco a farlo apposta ha degli agganci con quello che stiamo tutti vivendo in queste settimane.

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L'anima primordiale dell'album è all'interno di Quick Escape, con palesi riferimenti ai riff degli U2; Take the Long Way, omaggiando la meravigliosa verve dei colleghi Soundgarden, sia per il respiro della canzone che per quella simbiosi drums-guitar che ti fa spremere come un limone. Proprio al frontman dei Soundgarden va Comes Then Goes, un vero e proprio inno all'amico scomparso drammaticamente. Questa canzone mi ricorda Tearjerker dei Red Hot Chili Peppers, dedicata al padre del grunge: Kurt Cobain. (Okay, ora mi prendo una pausa per piagnucolare un po' per due artisti che ho amato tanto)

Okay, tornando a noi parliamo di Superblood Wolfmoon altro pezzone che si inserisce con i brani precedenti, sia per il video che per il sound dallo stile uncut tipico di EdVed. Whoever Said fortemente satirico e ballabile (reference visiva: l'autista del bus dei Simpson), fa vedere ancora la critica avanzata dalle band impegnate. Più sintonizzato alla Into The Wild, mood che Vedder ha assorbito avidamente, abbiamo Never Destination (me la ascolterei volentieri in un road trip sulla Route66) e River Cross, una richiesta di condividere la luce - effettivamente ne abbiamo bisogno.

Seven O' Clock può sembrarvi un lento ballabile molto alla Bruce Springsteen, ma ascoltatelo bene - si parla di Sitting Bull e Crazy Horse, due esempi di resistenza contro il governo americano, quindi tutti i riferimenti alla presidenza del biondone non sono casuali. Tra l'altro, spero ve ne siate accorti, Trump viene chiamato "Sitting Bullshit". Il brano complessivamente non mi piace granché, forse proprio perché lo stile del Boss non è troppo nelle mie corde. Sorry not sorry. Riconosco, però, che abbia delle sonorità molto belle . Direi che anche Retrograde richiama certe ballad di Springsteen, ma con la differenza che non puzza di vecchio. Oddio, sono crudele, però oggettivamente parlando i Pearl Jam sperimentano tantissimo, e questa canzone ne è testimone, anche nel mood - infatti la inserirei nello stile all'Into The Wild. Un altro brano che mi fa pensare alla commistione di generi è Alright, che con l'intro trasformato poi in background sonoro parla sicuramente di Ryuichi Sakamoto e Alva Noto, ma crea un brano a dir poco affascinante, purtroppo non ho una parola migliore.

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E poi c'è Buckle Up che dal primo ascolto mi ha ucciso: la carica, per quanto tecnicamente perfetto, 'na lagna. E' decisamente il brano meno riuscito, dove si sono giocati il voto A+. @PearlJam non ve ne faccio passare una, scusate.

In conclusione, Gigaton è un album più che ben riuscito, ha un'anima, è frutto di tanti studi e sicuramente ne è valsa la pena aspettare. L'unica cosa che posso commentare sui "flaws" è che, nonostante i 4 anni accertati di recording, non vi trovo una hit oltre a Dance of the Clairvoyants che possa minimamente reggere il confronto con singoli come Even Flow o Alive.

POSTILLA DI DOVERE: la copertina è bellissima. L'animazione che vedete quando ascoltate i brani su Spotify è geniale, soprattutto la scritta Pearl Jam che si trasforma in elettrocardiogramma. La copertina in questione è stata curata da Paul Nicklen, un fotografo molto attivo nella causa ambientalista, soprattutto marina. Inoltre è doveroso sottolineare che all’interno della confezione del cd sono presenti dei link di due associazioni ambientaliste americane, Seal Legacy e Only One, con cui lo stesso EdVed ha avviato una collaborazione. Lo spirito green è sempre più presente, meno male.