Call It What It Is Ben Harper and The Innocent Criminals
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Finalmente è arrivato! Dopo la reunion di questa estate a vent'anni di distanza dalla prima esibizione, e a otto dall'ultimo disco, ecco finalmente la prova finale che Ben Harper è tornato con gli Innocent Criminals. Dopo diverse esperienze con la musica reggae, etnica e country, il musicista californiano ha deciso di ritornare in quel genere in cui tutto è cominciato; abbandonate le atmosfere intimiste di Childhood home, composto insieme alla madre due anni fa, in questo 14esimo album in studio il nostro caro Ben ha pensato bene di rispolverare le chitarre elettriche e dar vita ad un lavoro che rappresenta al meglio il suo stile: tutta la classe possibile senza concedersi troppi eccessi.

La partenza è molto buona: When sex was dirty, sta subito a tracciare il distacco netto con il recente passato e racchiude un fondo di blues che fa da filo conduttore a tutto il disco, magari non lo rendono immediato, ma quanto meno lo rendono molto eterogeneo alternando le cosiddette ballad a motivi più 'tirati'.

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E tra questi spicca sicuramente Pink balloon, brano trascinante utilizzato come singolo di lancio del disco ( per chi non ce l'avesse presente si tratta della colonna sonora dello spot sulla nuova Volkswagen Golf), ha quel riff iniziale che si ripete a manetta per tutta la canzone e te la fa entrare nella testa quasi come fosse un ritornello cantato.

Ma pensandoci bene forse reunion non è proprio il termine adatto: è come se Harper, avesse sempre portato una piccola parte di questo gruppo anche nei lavori "solisti" precedenti; questo perchè ascoltando pezzi come Shine o Dance like fire sembrano riportarci il Ben acustico quello di Diamonds on the inside o della mitica With my own two hands trascinante ballata reggae; quasi a voler dimostrare l'esistenza di un legame che non si è mai del tutto sciolto.

E veniamo infine a quelli che sono forse gli unici brani malinconici dell'album: All that has grown, in cui il testo composto da poco più di una strofa, lascia un ampio spazio alla sola chitarra,che con i suoi arpeggi non fa sentire la mancanza degli altri strumenti; e poi c'è Goodbye to You, che può essere come l'epilogo del disco, una ballad nel senso più completo del termine, in cui ogni membro del gruppo ha un proprio spazio. Chissà che quest'ultimo titolo non sia profetico, ma tanto si sa che il mitico Ben ci ha sempre abituati a tutto.