Rattle That Rock David Gilmour
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Mi ero promesso che avrei ascoltato questo disco in modo imparziale ma, canzone dopo canzone, la mia profonda e già nota devozione verso quest’uomo e musicista ha preso il sopravvento.

Non è mai facile parlare male di David Gilmour, anche quando dà alla luce lavori non brillantissimi come quest’ultimo. All’alba dei 70 anni, si sa, la voce non è più come quella di una volta e le stonature iniziano ad essere più di qualcuna ma stiamo parlando comunque di uno che della voce nei suoi dischi può anche farne a meno. Gli anni passano ma le dita scivolano sulla sua chitarra come i bei tempi, dita che sono state in grado di creare delle pietre miliari nella storia del rock e che ne hanno cambiato il corso. E non è un caso che Gilmour venga ricordato come "la chitarra dei Pink Floyd", gruppo del quale ne è stato leader insieme al suo collega Roger Waters, ma che a differenza di quest’ultimo, impegnato a riportare alla luce i classici del passato (vedi l’ultimo trionfale tour di The Wall), è stato l’unico a mettersi in gioco sperimentando cose nuove.

Rattle That Lock è il suo quarto album solista che arriva nove anni dopo il grandissimo, e forse anche imprevedibile, successo di On An Island che, nel 2006, debuttò in Italia direttamente al numero uno in classifica. Questo nuovo album presenta qualche analogia ma anche molte differenze col disco precedente. Innanzitutto rimane la presenza costante della moglie Polly Samson nella stesura dei testi e il contributo di Phil Manzanera alla produzione; è conservata anche la struttura dei brani dell’intero disco poiché anche qui si tratta di 10 canzoni nuove che vengono aperte e chiuse dalla chitarra solista del Maestro David.

Quello che cambia è l’atmosfera. Se On An Island conservava ancora degli strascichi dell’ultima fase floydiana, in Rattle That Lock questi legami con il passato sono quasi completamente tagliati abbandonando l’aria psichedelica british e abbracciando lo stile west coast americano: le tastiere elettroniche, quelle pennellate dal compianto Rick Wright, cedono il posto a strumenti acustici e orchestrali.

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L’album si apre con 5 AM, brano strumentale in cui la chitarra di Gilmour accompagna i rumori che segnano la venuta del giorno e anticipa il clima delle canzoni successive, infatti da un punto di vista visivo è come se i pezzi del disco volessero far vedere quello stato di penombra che segna il passaggio dalla notte al giorno. Si passa poi alla title track, un brano piuttosto commerciale, scelto come singolo di lancio, che racchiude un curioso aneddoto: le prime quattro note che poi si ripetono per tutta la canzone fanno parte di un jingle di un altoparlante di una stazione tedesca. Appena sentito il motivetto Gilmour si mise subito in contatto con l’autore, un certo Michael Boumendil, il quale non esitò a dare la sua autorizzazione per usare quel brano. Successivamente si torna poi alle atmosfere notturne con Faces Of Stones che potrebbe avere lo stesso andamentodi Comfortably Numb, una ballad intensa dominata dal pianoforte oltre che dall’immancabile chitarra. Un altro inciampo nella storia floydiana lo si ha con Beauty, ennesimo brano strumentale che comincia con un tappeto di tastiere che rimanda a Shine On You Crazy Diamond, ma dopo il brano si evolve e sembra ripercorrere le note di Marooned, uno degli ultimi brani scritti con i Pink Floyd.

Il tono da west coast raggiunge il culmine con due brani: The Girl In The Yellow Dress, che sembra una scena ambientata in un saloon del Far West, e Today in cui Gilmour  raggiunge le note più alte con la sua voce questa volta accompagnata in sottofondo da un coro gospel. Tuttavia questo è forse il brano più difficile del disco in quanto, essendo anche piuttosto confusionale, non colpisce subito. Ma il brano più bello è l’ultimo, And then…, un finale strumentale che sembra quasi un testamento musicale che racchiude in quattro minuti tutta l’essenza di Gilmour, una sorta di carta di identità quasi come a dire "ecco, lui è David Gilmour e quella è la sua chitarra".

Chi pensava di trovare qualcosa in più sui Pink Floyd ne rimarrà deluso, anche perché le ultime rimanenze sono state raccolte in The Endless River, ma si deve riconoscere la voglia di questo ragazzotto col fisico ormai provato dagli anni di guardare oltre il passato, di suonare cose diverse per il semplice gusto di sperimentare e divertirsi senza pensare troppo ai numeri.