Blackstar David Bowie
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In pochi giorni su quest'album si è già detto di tutto al punto che ormai qualsiasi cosa può sembrare banale,soprattutto dopo quello che è successo domenica notte. C'è chi lo ha definito più volte un testamento, ma io lo chiamerei il diario di David Bowie, perchè quello che ha voluto fare non è solamente lasciare una traccia di sè ( anche perchè quello lo ha sempre fatto), ma è semplicemente una confessione di quelle che sono state le sue prime passioni musicali e di quel male che lo ha portato via.Il primo aggettivo che mi viene in mente per descrivere questo suo ultimo (in tutti i sensi) lavoro è complesso; e non poteva che essere così come lo è stato il suo modo di vivere, dominato proprio dalle passioni; due su tutte il jazz e lo spazioRisultati immagini per blackstar bowie

E nell'album si parla proprio di questo a cominciare dalla title track: una piccola suite di 10 minuti in cui viene creato un microcosmo musicale alternando un avanzamento quasi confusionale nei primi cinque minuti in cui si ripete la frase:'I'm a blackstar' in maniera ossessiva, per poi passare a un breve inciso dominato dal pianoforte, per concludere tornando alle sonorità iniziali. Questo pezzo ha proprio l'aria di un addio alle armi: la voce stanca del Duca Bianco, il suo volto smagrito e segnato dalle rughe sembrano anticipare che quell'uomo-stella da lui cantato negli anni '70 ormai ha perso la sua luce ed è diventato un buco nero.

Degna di nota la canzone Lazarus,anche questa di lunga durata come tutte le sette canzoni dell'album, in cui prevale un senso di evasione già dalle prime frasi:'Look at me, I'm in Heaven', e anche il video del brano lo dimostra: Bowie è più estraniato che mai e uscendo da un armadio inizia a fare viaggi con la mente sdraiato su un letto. Da un punto di vista del sound le scale in jazz battute da un sax sono accompagnate da un tappeto di tastiere che rende il tutto ancora più spaziale e psichedelico.

Con lo scorrere delle canzoni sembra che Bowie abbia voluto prendere spunto da ciò che ha fatto uno dei suoi più cari amici, Freddie Mercury, che con l'album Innuendo del 1991 ha voluto salutare la sua gente prima di andarsene; e questo lo si nota soprattutto in Dollar days una intensa ballata che ha lo stesso effetto di Theese are the days of our lives dei Queen, in cui il grande David dice espressamente:"I'm dying too".

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L'atmosfera cupa ma colma di ogni cosa sia in grado di produrre musica, viene messa da parte nell'ultima canzone I can't give everything away, che sembra quasi una Space oddity del 2000,sembra che il nostro Ziggy Stardust sia in viaggio verso una nuova realtà, magari proprio quella in cui è adesso che gli permetterà ancora di essere un ribelle, di ballare, di essere un eroe anche solo per un giorno, e chissà magari riesce a scoprire se c'è davvero vita su Marte. L'astronave è dunque partita per l'ultima missione interstellare e a noi non resta che dire buon viaggio e quando vorremo comunicare con lui basterà dire: "Ground control to Major David!"