Joanne Lady Gaga
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Lady Gaga
Joanne

Uscita: 21 Ottobre 2016

Stiamo vivendo un’età aurea del pop mainstream. È un dato di fatto, A Seat At The Table di Solange lo prova. E prima di questo disco, lo hanno fatto l’omonimo album della sorella - certamente più nota – Beyoncè, così come Lemonade.

Difficile dire se si tratti di una presa di posizione degli artisti contro il lavoro artificioso imposto dalle major, se stiano venendo meno i pregiudizi grazie a collaborazioni trasversali tra musici di estrazioni apparentemente incociliabili, o se i magazine abbiano bisogno di visite. È comunque un dato di fatto che Zayn Malik e Justin Bieber meritino il riconoscimento di aver prodotto lavori degni di essere presi in considerazione ed ascoltati. Un fatto rivoluzionario.

A partire da Artpop (Interscope, 2013), lo stesso ragionamento si può applicare a Lady Gaga, seppur in una misura decisamente maggiore. Perché Artpop è un album serio, fondato, ragionato e ben riuscito. Si distacca quasi drasticamente dai lavori precedenti, per l’approccio più deciso e aggressivo con cui è stato sviluppato l’elettropop. Non solo, già dalla copertina e dal titolo emerge un certo gusto per l’arte – non c’è una parola più appropriata – da non sottovalutare: sono evidenti i dettagli della Venere del Botticelli e dell’Apollo e Dafne del Bernini. E il riferimento alla Pop Art, naturalmente.

Lady Gaga Artpop album cover by Jeff Koons
Lady Gaga Artpop album cover, di Jeff Koons

Se i riferimenti e le citazioni sono perfettamente in linea con il personaggio “Gaga”, in costante mutazione ed estremizzazione del concetto di “moda”, l’approccio musicale di Artpop insieme agli stessi hanno contribuito a creare delle aspettative per il nuovo album, Joanne (Interscope, 2016). Aspettative alte - motivo della lunghezza della premessa - e disattese.

Joanne prende una direzione diversa rispetto ad Artpop, a partire da produttori e collaboratori. Kevin Parker, Josh Homme, Florence Welch, Beck, Mark Ronson e Father John Misty hanno messo del loro. Prende quindi una direzione più "soft" rock, rispetto all’album precedente (tralasciando Cheek To Cheek, l’album di cover jazz con Tony Bennet), ma senza un'identità precisa.

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Joanne album cover.

A-YO sembra un tentativo di produrre un singolo à la Poker Face, e singolo lo è, ma difficilmente avrà un mercato così largo. Anche perché produzioni del genere, oggi, riescono meglio a gente come Ariana Grande.

In Perfect Illusion l’apporto di Kevin Parker sembra quasi nullo, o quanto meno non c’è l’intenzione di farla suonare come qualcosa di simile a ciò a cui ci ha abituato il frontman dei Tame Impala. Infatti, il brano è il risultato del lavoro di Mark Ronson e Gaga su una demo di Parker, Illusion.  Bisogna comunque dare ragione a Patrick Carney dei Black Keys quando dice che «la chitarra fa cagare», probabilmente neanche sapendo che la suona Josh Homme.

Il lavoro di quest’ultimo è evidente in Sinner’s Prayer, che ha tutto di un brano degli ultimi Arctic Monkeys: riff di chitarra, parte ritmica ed anche impostazione vocale. Sui toni di un singolo molto radiofonico cade Dancin’ In Circles, a cui ha lavorato Beck e che Mark Ronson ha paragonato ad Alejandro, ma, come per A-YO, difficilmente spopolerà come i singoli «classici». Come To Mama è un brano natalizio. Davvero. Solo i sintetizzatori e forse la voce di Florence salvano la traccia seguente, Hey Girl, dalla stessa sentenza.

Il New York Times ha parlato di ANTI, l’ultimo album di Rihanna, come di un «disco che fai quando non hai bisogno di vendere dischi», per «provare cosa significa essere un’artista ricca di dischi di platino sfrontata abbastanza da suonare quello che vuole». Parole, queste, facilmente spendibili per Artpop, che in effetti non ha venduto quanto i precedenti. In questo contesto, dunque, qual è il senso di Joanne? Fatto per tornare a vendere come prima?

Forse nemmeno i grandi nomi dietro le quinte saranno sufficienti a raggiungere determinate quote perché, a prescindere da quali fossero le aspettative di Gaga, il risultato del lavoro per la realizzazione di Joanne non è qualcosa che può vendere così tanto. E i nomi suddetti non sono nemmeno sufficienti per poter parlare di un lavoro ricercato e “di qualità”, proprio per l’assenza di una direzione ben cosciente dei propri intenti.

Gaga ha rinunciato alla sfrontatezza di testi del genere:«do you want to see me naked lover? […] Behind the aura, behind the curtain, behind the burqa?» (da Aura, prima traccia di Artpop) o a tutta la trattazione sulle violenze sessuali di Do What U Want, il cui video è stato censurato, per un album che non può competere con lavori come i già citati A Seat At The Table. Sarà per la prossima volta.
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Lady Gaga
Joanne

Uscita: 21 Ottobre 2016

Stiamo vivendo un’età aurea del pop mainstream. È un dato di fatto, A Seat At The Table di Solange lo prova. E prima di questo disco, lo hanno fatto l’omonimo album della sorella - certamente più nota – Beyoncè, così come Lemonade.

Difficile dire se si tratti di una presa di posizione degli artisti contro il lavoro artificioso imposto dalle major, se stiano venendo meno i pregiudizi grazie a collaborazioni trasversali tra musici di estrazioni apparentemente incociliabili, o se i magazine abbiano bisogno di visite. È comunque un dato di fatto che Zayn Malik e Justin Bieber meritino il riconoscimento di aver prodotto lavori degni di essere presi in considerazione ed ascoltati. Un fatto rivoluzionario.

A partire da Artpop (Interscope, 2013), lo stesso ragionamento si può applicare a Lady Gaga, seppur in una misura decisamente maggiore. Perché Artpop è un album serio, fondato, ragionato e ben riuscito. Si distacca quasi drasticamente dai lavori precedenti, per l’approccio più deciso e aggressivo con cui è stato sviluppato l’elettropop. Non solo, già dalla copertina e dal titolo emerge un certo gusto per l’arte – non c’è una parola più appropriata – da non sottovalutare: sono evidenti i dettagli della Venere del Botticelli e dell’Apollo e Dafne del Bernini. E il riferimento alla Pop Art, naturalmente.

Lady Gaga Artpop album cover by Jeff Koons
Lady Gaga Artpop album cover, di Jeff Koons

Se i riferimenti e le citazioni sono perfettamente in linea con il personaggio “Gaga”, in costante mutazione ed estremizzazione del concetto di “moda”, l’approccio musicale di Artpop insieme agli stessi hanno contribuito a creare delle aspettative per il nuovo album, Joanne (Interscope, 2016). Aspettative alte - motivo della lunghezza della premessa - e disattese.

Joanne prende una direzione diversa rispetto ad Artpop, a partire da produttori e collaboratori. Kevin Parker, Josh Homme, Florence Welch, Beck, Mark Ronson e Father John Misty hanno messo del loro. Prende quindi una direzione più "soft" rock, rispetto all’album precedente (tralasciando Cheek To Cheek, l’album di cover jazz con Tony Bennet), ma senza un'identità precisa.

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Joanne album cover.

A-YO sembra un tentativo di produrre un singolo à la Poker Face, e singolo lo è, ma difficilmente avrà un mercato così largo. Anche perché produzioni del genere, oggi, riescono meglio a gente come Ariana Grande.

In Perfect Illusion l’apporto di Kevin Parker sembra quasi nullo, o quanto meno non c’è l’intenzione di farla suonare come qualcosa di simile a ciò a cui ci ha abituato il frontman dei Tame Impala. Infatti, il brano è il risultato del lavoro di Mark Ronson e Gaga su una demo di Parker, Illusion.  Bisogna comunque dare ragione a Patrick Carney dei Black Keys quando dice che «la chitarra fa cagare», probabilmente neanche sapendo che la suona Josh Homme.

Il lavoro di quest’ultimo è evidente in Sinner’s Prayer, che ha tutto di un brano degli ultimi Arctic Monkeys: riff di chitarra, parte ritmica ed anche impostazione vocale. Sui toni di un singolo molto radiofonico cade Dancin’ In Circles, a cui ha lavorato Beck e che Mark Ronson ha paragonato ad Alejandro, ma, come per A-YO, difficilmente spopolerà come i singoli «classici». Come To Mama è un brano natalizio. Davvero. Solo i sintetizzatori e forse la voce di Florence salvano la traccia seguente, Hey Girl, dalla stessa sentenza.

Il New York Times ha parlato di ANTI, l’ultimo album di Rihanna, come di un «disco che fai quando non hai bisogno di vendere dischi», per «provare cosa significa essere un’artista ricca di dischi di platino sfrontata abbastanza da suonare quello che vuole». Parole, queste, facilmente spendibili per Artpop, che in effetti non ha venduto quanto i precedenti. In questo contesto, dunque, qual è il senso di Joanne? Fatto per tornare a vendere come prima?

Forse nemmeno i grandi nomi dietro le quinte saranno sufficienti a raggiungere determinate quote perché, a prescindere da quali fossero le aspettative di Gaga, il risultato del lavoro per la realizzazione di Joanne non è qualcosa che può vendere così tanto. E i nomi suddetti non sono nemmeno sufficienti per poter parlare di un lavoro ricercato e “di qualità”, proprio per l’assenza di una direzione ben cosciente dei propri intenti.

Gaga ha rinunciato alla sfrontatezza di testi del genere:«do you want to see me naked lover? […] Behind the aura, behind the curtain, behind the burqa?» (da Aura, prima traccia di Artpop) o a tutta la trattazione sulle violenze sessuali di Do What U Want, il cui video è stato censurato, per un album che non può competere con lavori come i già citati A Seat At The Table. Sarà per la prossima volta.