Avete presente quando, magari durante un trasloco, ritrovate quel vecchio CD che avevate masterizzato anni prima, quello con le canzoni da notti d’estate, che avevate tenuto fisso in macchina per mesi? Già, lo avevate consumato quel disco, ma per un motivo o per un altro era poi uscito dalla rotazione del vostro lettore per finire dentro a qualche scatola. Eppure, una volta ritrovato, dargli un ascolto in nome di quell’estate era inevitabile: e riascoltandolo vi accorgete che è tutto ancora lì, ricordate ancora tutte le canzoni a memoria e il rapporto con quelle canzoni non è cambiato, non sembra passato nemmeno un giorno. Canzoni familiari, accoglienti, che bastano i primi tre secondi per averle di nuovo chiare in testa.
Ecco, il disco di Giovanni Truppi e Thru Collected suona proprio così. Thruppi, questo il titolo del progetto e dell’album, ha proprio la caratteristica della familiarità: certo, se siete fan di uno o entrambi gli artisti partirete avvantaggiati, ma queste sette canzoni danno l’impressione di essere con noi, forse in noi, da moltissimo tempo. Canzoni da ascoltare con l’entusiasmo e la sorpresa di chi non ricordava che fossero così, quando in realtà le stiamo ascoltando per la prima volta. Canzoni così, ma così come?

Uno degli aspetti più convincenti di Thruppi è la coesione con cui Truppi e i membri dei Thru Collected coinvolti (Alice, SANO, Lucky, Rainer e specchiopaura, oltre a BENN e Valerio Fatalò) riescono a far coesistere linguaggi diversi in un unico contenitore, sia prendendo in considerazione le singole canzoni che l’album nel suo insieme. Se lo scarto generazionale tra il cantautore e il collettivo poteva far immaginare qualche tipo di incompatibilità potete stare tranquilli: sia sotto l’aspetto musicale che testuale il disco possiede un’identità che è sintesi, non scontro, tra gli approcci dei propri autori. E anzi, il prodotto finale è proprio quel disco notturno, buio, caldo, che avevamo tolto dalla macchina tempo fa. Un punto d’incontro fondamentale, forse quello che esce di più lungo la scaletta del disco, è la sensazione di stare ascoltando le parole di persone più sagge di noi: Truppi è sempre Truppi, capace di tirare fuori versi di una disarmante poesia, ma travestiti da altro; i Thru Collected invece possiedono quella verità che puoi avere solo a vent’anni, dove l’esperienza che manca è colmata da una bellissima sfrontatezza. Il risultato sono sette pezzi in cui è difficile non credere a ogni parola, non immaginarsi ogni scena descritta.
La prima metà dell’album è costruita principalmente sul pianoforte, impalcatura di Buianotte, Nero e Denti Perfetti, attorno al quale possono verificarsi micro-esplosioni di chitarra elettrica (Buianotte) o viene lasciato più spazio per le voci (perfettamente prodotte e toccanti quelle di Alice e SANO in Nero, forse il miglior pezzo dell’album) e a inserti sintetici sotto forma di percussioni e sintetizzatori. Denti Perfetti chiude il momento ballad e introduce una chitarra acustica arpeggiata, che accompagna lo scambio tra la voce di Truppi, che in questo pezzo rappresenta letteralmente la figura dell’adulto, e SANO, voce della gioventù e del rifiuto dell’ipocrisia degli “amici con i denti perfetti, cresciuti in quartieri borghesi”. Qui troviamo anche il primo momento drum & bass del disco, che trasforma il pezzo in un banger da ballare indossando occhiali veloci, per poi spegnersi nell’intermezzo Tornare indietro, una strumentale in penombra in cui la delicatezza del pianoforte si scontra con un synth ruvido e minaccioso.

Si sfocia in Napoli città di morte, introdotta dal parlato di Truppi e seguito dai versi in napoletano del duo specchiopaura, nuovamente lanciati su un beat d&b che trova compimento in un altro momento spoken di Truppi. Questo scambio caratterizza un pezzo riflessivo e malinconico, mood che prosegue in Vecchie fiamme, dove le voci di Truppi e Alice si confermano la cosa migliore di questo disco, culminando in un coro armonizzato che sfocia in una suite strumentale a metà tra il prog e i Casiopea: atmosfera sospesa e difficile da definire tra liberatoria o opprimente, che trova sfogo nella voce filtrata di Alice.
Chiude la tracklist Sir Pente, in cui giochi di parole (a partire da quello del titolo) e un’arguta leggerezza diffusa fanno il grosso:
“L'amore si prova, nel senso che uno ci prova
E qualche volta provandoci qualche cosa trova”.

I cambi di ritmo e le voci che si intersecano sembrano voler essere una somma dei valori dell’intero disco, nonostante manchi quell’impressionismo notturno che invece lega i precedenti pezzi dell'album. Complice la brevissima durata (poco più di venti minuti), rimaniamo con il dubbio di cosa avrebbe potuto essere Thruppi con un paio di pezzi in più, in particolare se nella direzione più aperta proprio di Sir Pente.
Nonostante quest’ultima considerazione, non ci sono dubbi riguardo la qualità di questa collaborazione: “Siamo nati nella stessa città e siamo cresciuti negli stessi quartieri, anche se in anni diversi. Ci piacevamo da lontano, ci siamo conosciuti, ci siamo piaciuti pure da vicino”, ha scritto Truppi sul suo profilo Instagram, e questo piacersi si è tradotto in un disco onesto, che riflette fedelmente l’identità degli artisti coinvolti. Un disco che, se non fosse uscito solo in vinile oltre che in streaming, rientrerebbe di diritto fra i CD da lasciare in macchina, in attesa di un’illuminazione improvvisa mentre guidiamo forte di notte.