Only God Was Above Us Vampire Weekend
9.0

Era il 2007. Una band emergente di studenti della Columbia University presentava al mondo una nuova forma di indie. Ventenni privilegiati e colti in una New York brulicante, i Vampire Weekend avevano osato mescolare lo ska con la musica caraibica, inserendo qualche strumento classico e facendo del crescendo il loro tratto distintivo.

A 17 anni dal loro debutto, Ezra Koenig e i due Chris, Baio e Tomson, si riconfermano portavoce di quel genere innovativo. Nell’ultimo album della band, Only God Was Above Us, i beat sincopati e gioiosi del passato, quasi fanciulleschi, incontrano pianoforti potenti, mentre l’hip hop, prima di oggi messo in pratica poche volte, si ritrova insieme al jazz, seguendo la tradizione della primissima scena newyorkese.

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Vampire Weekend | Credits: Michael Schmelling

Qualcosa è cambiato. C’era da aspettarselo da tre individui che non sono più ragazzini. La serenità di Ice Cream Piano, il brano di apertura del disco, è solo uno stato temporaneo: si infrange in pochi minuti, a partire dalle parole “Fuck the world, you said it quiet” pronunciate pudicamente da Koenig. Qui gli strumenti si scontrano letteralmente: gli scambi di chitarra elettrica, archi e charleston sono voci di battaglia.

Classical riprende il discorso del brano precedente. “How the cruel, with time, becomes classical”, canta Koenig. Più volte, in questo album, viene veicolato un messaggio: la storia è vista dalla band come una mera somma di anni e le persone che si susseguono nel tempo non hanno il dono di mutare il corso delle vicende. Forse non è una pura casualità se nel videoclip della canzone è ripreso il tecnico del suono della band. Josh Goldsmith – questo il suo nome – si dimena come un santone in preda a una visione mistica, a far da sfondo al momento c’è un’immagine del sito di Stonehenge. Il sassofono squillante fa venire voglia di farsi un ballo sfrenato insieme a lui, per celebrare la propria sconfitta dalle brutture del mondo.

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Quella dei millennial, la generazione di cui fanno parte i Vampire Weekend, è una vita senza trionfi, fatta di partite giocate e perse. Ne parlano in Capricorn, facendone così il manifesto di quella gioventù cresciuta nella disillusione e invecchiata male. È la canzone di chi ha vissuto in un’era di solo buio, senza alcuna idea di che cosa sia la realizzazione di sé. Capricorn, insieme a Pravda, è il brano che saluta alle sonorità del penultimo album, Father of the Bride (2019) e ha un riferimento a uno dei pezzi più celebri del gruppo, Diane Young.

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Fare un passo indietro per tornare in quei territori musicali che li hanno resi unici è una mossa azzardata che il trio compie in Only God Was Above Us senza stucchevole nostalgia. L’esotismo delle pelli percosse di Connect si unisce a un piano allegro e sbarazzino, il ritmo lento e ben scandito e dal gusto folk irlandese di Prep-School Gangsters fa capire che le buone influenze non si cambiano e si arricchiscono di nuovi elementi. Come le chitarre distorte di Capricorn e di Gen-X Cops, brano dedicato alla generazione dei nati tra il 1965 e il 1979.

In questa canzone ritorna il discorso fatalista dei Vampire Weekend. Secondo il gruppo, i problemi dei padri passano come testimoni sgraditi nelle mani dei figli: “Each generation makes its own apology”, pronuncia il cantante della band, con un’aria che ricorda un vecchio pezzo della band, Hudson. Le corde delle chitarre sembrano riprodurre dei suoni simili a dei macchinari oppure a delle metro in corsa, fanno ricordare il convoglio abbandonato fotografato da Steven Siegel nella serie Subway Dream. La foto 11 è stata scelta dalla band per la copertina del nuovo album. Immortala un uomo in jeans e scarpe da tennis che legge il quotidiano New York Daily News. La frase «Only God Was Above Us», nella prima pagina del giornale, è la citazione al racconto di un sopravvissuto a un incidente aereo. Era il primo maggio 1988, mentre la notizia era di due giorni prima.

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La scelta di quella frase come titolo del disco rievoca l’interesse della band al multiculturalismo, senza tralasciare gli aspetti religiosi. New York appare in tutta la sua interezza, anche nei suoi personaggi ambigui, come i già citati Prep-School Gangsters, il fenomeno sociale dei figli di papà spacciatori descritto dalla giornalista e autrice Nancy Jo Sales nel 1996, ma anche la gallerista Mary Boone.

Il brano che si ispira alla sua figura è un autentico viaggio verso le sonorità dei Vampire Weekend. Ascoltarlo è come partecipare a un rito celebrato dalla voce androgina di Koenig, accompagnato da un coro soave, che si fonde con il sample downtempo preso da Back To Life (However Do You Want Me) di Soul II Soul. Il downbeat è già presente in The Surfer, altra chicca del disco. È un concentrato di musica nuova, oltre a essere il pezzo più hip hop del gruppo. Il testo è un racconto amarissimo che comincia nei pressi del cantiere incompiuto del terzo tunnel di approvvigionamento idrico di New York, i cui lavori hanno avuto inizio nel 1970.

Il forte interesse per le varie realtà del mondo, un’inclinazione che rende interessanti i Vampire Weekend, si condensa in Pravda. È il pezzo più debole di Only God Was Above Us, forse perché il testo (la frase I’m leaving at the rising of the moon”) e il ritmo assomigliano a Flower Moon di Father of the Bride.

In questo album non c’è tempo per un sorriso. Forse alla fine, dopo 40 minuti di musica, durante gli oltre sette minuti della ballad Hope, lungo elogio alla passività, che recita: “Your enemy’s invincible / I hope you let it go”. C’è qualche influenza del Giappone, paese amato da Koenig, che ha vissuto di recente a Tokyo. Il cinismo regna sovrano in Only God Was Above Us: si direbbe che c’è un po’ di musica in questa negatività esposta con franchezza.

Vampire Weekend | Credits: Michael Schmelling

Suonato per la prima volta ad Austin in Texas a un concerto evento lo scorso 8 aprile, durante l’eclissi totale di sole che è stata visibile da gran parte del nord America, Only God Was Above Us è un album che fa la sua bella figura insieme a brani di puro indie come Cousins, Holiday e la hit A-Punk. Nel nuovo album non ci sono pezzi di questo tipo, segno che i tempi sono cambiati per il meglio e che le prime persone alle quali i tre non vogliono prendere in giro sono loro stessi. Anziché affidarsi al tradizionale abbinamento dell’indie fatto di chitarre acutissime e coretti, la band preferisce approfondire quanto lasciato acerbo dai primi due album, Vampire Weekend (2007) e Contra (2010), confermando il messaggio maturo del terzo album Modern Vampires of the City (2013). Di Father of the Bride resta invece la voglia di sperimentazione. «Questo è il tipico quinto album della band», ha affermato Koenig a Vampire Campfire, "video podcast" promozionale di Only God Was Above Us. La strada si sta ancora tracciando, sempre più verso un sound definito.

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Vampire Weekend | Foto press