Ha Ha Heartbreak Warhaus
7.0

Una chitarra, un microfono, un artista solo con il suo dolore e il cuore spezzato in una stanza d’albergo, sono questi i principali ingredienti di Ha Ha Heartbreak, terza opera appartenente al side-project di Maarten Devoldere (figura centrale dei Balthazar insieme a Jinte Deprez) Warhaus, arrivata a sorpresa a cinque anni dall’omonimo e valido sophomore.

(c) Titus Simoens

Il nuovo lavoro del cantante belga gioca su un buon impatto cinematografico dallo stile e i colori rétro, che possono ricordare alcuni documentari francesi degli anni Cinquanta e Sessanta, come Du côté de la côte di Agnès Varda, ma qui ad essere protagonista non è la Costa Azzurra, bensì Palermo, con le sue piazzette e i suoi vicoli suggestivi immersi in un’atmosfera fuori dal tempo, dove Devoldere ha trovato rifugio e conforto, componendo l’album in circa tre settimane. Se il debutto We fucked a flame into being puntava su toni più scuri, guardando alle atmosfere notturne dei locali fumosi di Tom Waits e alle ballate di Serge Gainsbourg, e Warhaus iniziava ad orientarsi maggiormente verso il pop barocco e folk contemporaneo, il tutto arricchito dalla collaborazione con l’allora fidanzata di Maarten, Sylvie Kreusch, questo terzo capitolo conferma la scelta di una matrice tra chamber e art-pop ricercata ed elegante, traendo ispirazione da crooner moderni come Perry Blake e Richard Hawley, dalle sonorità dei Cousteau, e riferimenti eighties in direzione Blue Nile. Tale processo poteva essere previsto facilmente, data la svolta divisoria effettuata in chiave sophisti-pop “cinematico” con Sand, ultimo capitolo dei Balthazar, apprezzata principalmente in patria, e adottata di recente con modalità differenti anche da altri artisti, tra cui i più noti Arctic Monkeys con The Car.

La storia prende il via con i ricordi sbiaditi della lenta e ondeggiante Open Window, dove archi eleganti e rintocchi di piano si sposano con la voce profonda di Devoldere, che pone a figura di riferimento Leonard Cohen, il tutto accompagnato da una sequenza al rallentatore che riprende il cantante intento a mangiare, mentre intorno al tavolo si schiantano al suolo svariati oggetti.

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Il nastro viene riavvolto sulle note delle suggestioni seventies e sul groove di When I Am With You, traccia nella quale l’artista ripensa alla propria partner, come se fosse perso ed invischiato in un circolo vizioso. Basso e percussioni giocano un ruolo di primo piano in It Had To Be You, ai quali si aggiunge in coda l’intervento dei fiati, incorniciando le liriche dalla doppia valenza interpretativa. Il brano è una sorta di lezione sull’avidità, ma anche di accettazione della fine di una relazione e la successiva ricerca di una sorta di catarsi e rinascita, simboleggiata nel video ufficiale dal bagno nelle acque che lambiscono la spiaggia di Mondello, di cui è possibile scorgere una piccola parte dell’Antico Stabilimento Balneare, iconico edificio in stile Liberty progettato da Rudolf Stualker.

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Uno dei punti focali dell’opera non può che essere il pathos orchestrale scaturito da Time Bomb, canzone incentrata su un amore destinato a finire, di cui l’artista ne fa prima una possibile questione d’inganno da parte della ragazza e poi di morte a causa dello sconforto, mentre vagabonda per le strade della città siciliana nel videoclip, attraversando il bellissimo Giardino Garibaldi, e mostrando in apertura e in chiusura dello stesso una tempesta all’orizzonte, metafora del capolinea imminente.

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La scena si sposta all’interno dell’Houweling Telecom Museum di Rotterdam, tra radio e telefoni d’epoca, con la leggera Desire, appello ad ogni divinità esistente, tra battimani e schiocchi di dita, per poter uscire dal loop di desiderio che tiene legato il protagonista alla nostalgia per la sua dolce metà.

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La seconda parte dell’opera subisce un calo progressivo con i cori in falsetto di I’ll Miss U Baby, la quale non aggiunge molto in materia di temi già affrontati dall’artista, sprofondando un po’ troppo nella lounge da ascensore (definizione bruttissima, ma rende bene l’idea delle sonorità considerate) con le melodie della pausa strumentale da un minuto preciso Mondello’s Melody. I placidi riff di chitarra appena accennati scivolano sul tappeto di archi e piano di Batteries & Toys, reminiscenza di dialoghi tra l’artista e la partner, dalla quale emergono le aspirazioni elevate di quest’ultima, a cui il cantante risponde con la durezza delle note scure e pesanti della successiva Shadow Play, che offre una variazione nel sound, coinvolgendo maggiormente l’ascoltatore con ritmi serrati e un turbinio di fiati, archi e chitarra acustica.

La svolta e l’ammissione di un errore reale da parte di Devoldere avviene solo in chiusura con la ballata Best I Ever Had: «I couldn't see what I did wrong and it was adding up / But if someone does to you what I′ve done I would fuck him up», pochi versi sufficienti per confermare la sua cecità dinanzi ai reali bisogni della propria compagna, rimasti inascoltati, o ad eventuali comportamenti scorretti nei suoi riguardi. Le ottime intenzioni ed idee di partenza racchiuse in Ha Ha Heartbreak non vengono sempre espresse e rese materialmente al meglio, poiché troppo diluite da alcuni passaggi orchestrali mesti e ripetitivi, soprattutto nella seconda parte del lavoro, ma nonostante questo Maarten ne esce ugualmente vincitore, essendo riuscito ad incanalare il proprio dolore in un disco, e ad aver trovato conseguentemente (forse) un po’ di pace, dipingendo e condividendo un ritratto relazionale nel quale molti possono trovare frammenti di esperienze a loro familiari.

(c) Titus Simoens

Warhaus si esibirà in Italia nel 2023. Biglietti disponibili su Ticketmaster, TicketOne e DICE:

Giovedì 9 marzo 2023 - Circolo Magnolia (MI)