Circa un anno fa s'è tutto sospeso.
E chi arrotondava suonando agli aperitivi, si ritrova da più di un anno a bere gli spritz con gli amici di quartiere su Skype e a suonare solo con l'ennesima diretta su Instagram. Milano e tutte le grandi città poi sono anche parecchio complesse, perchè come se niente fosse ci si ritrova sommersi di strumenti e mercanzia musicale varia in pochi metri quadrati in affitto, sommersi da tutti i live mancati e occasioni perse. Ci si dà alla lettura, ai videogiochi e ai pensieri positivi, ma la musica manca sempre. Ci sono stati i bauli in piazza, qualche aiuto ogni tanto e l'hashtag che ci diceva che la musica non si ferma, eppure forse la musica si è fermata.
Nel dubbio comunque ho chiesto quindi a 10 artisti come se la stanno passando in questo periodo e cos'è cambiato. Ecco cosa mi hanno raccontato Metcalfa, NOVE, Calvino, TIGRI, Ponee, Altre di B, Different DNA, Dheli, Acaro e Studio Murena.

Dove avete passato la primissima quarantena dell’anno passato?
METCALFA: Dopo una fuga all’ultimo minuto per tornare a casa la prima quarantena l’ho passata in Toscana, assieme ai miei e un sacco di animali. Certo, non che ci fosse molto da fare, ma almeno l’ho passata in un appartamento di 50 metri quadri.
NOVE: L’ho passata in un Bilocale di Milano. Ho preparato dolci, fatto lezioni di musica online e scritto un EP.
CALVINO: In casa a Milano, in Città Studi, principalmente su un’amaca montata in balcone leggendo “L’ombra dello scorpione” di Stephen King.
TIGRI: Beh ti dirò, mi e andata bene: vivo in una casa non gigante, in zona Loreto a Milano, ma ho a disposizione un terrazzo molto spazioso. È sufficientemente grande per fare quello che mi pare, posso tranquillamente mettermi fuori a lavorare e suonare. E poi di fronte a me ho un giardino privato con alberi altissimi, un polmone verde assurdo per Milano, molto rilassante. Confesso che se non avessi avuto questa valvola di sfogo, sarei impazzito.
PONEE: Io sono stato in casa a Milano, perso tra film in streaming, corsi online per imparare cose a caso, ricette che non avrei mai più proposto, deliri mentali fuori da tempo e spazio. Un momento intenso e vuoto allo stesso tempo.
ALTRE DI B: Chiusi nei nostri appartamenti, come tutti. Alcuni di noi hanno avuto la fortuna di una compagnia in casa, altri quella di un giardino in cui fare due lanci a baseball, ma come molti altri abbiamo sperimentato la claustrofobia delle quattro mura.
DIFFERENT DNA: Io Boris, come la maggior parte delle persone in Italia, sono stato nella mia casa di Milano. Siamo stati molto severi nel seguire tutte le regole e le raccomandazioni del governo. Evgeny è rimasto invece in Russia.
DHELI: La primissima quarantena l’ho passata a La Spezia in casa con i miei genitori. Un delirio.
ACARO: L'ho passata qui, nel monolocale in cui sto in affitto nel centro di Bergamo, siamo rimasti ingabbiati in questa casa di 38 mq in 2, senza un balconcino. Per svagare da questa prigione stracolma di ninnoli colorati e carini mi sono trovato a giocare consecutivamente interi giorni ai videogiochi, anche se ogni 15 minuti si sentiva un'ambulanza squillare che mi riportava all'angosciante realtà.
STUDIO MURENA: A marzo 2020, come d’altronde durante questo marzo, ci trovavamo nelle nostre residenze certificate, tutti attorno a Milano, chi in famiglia, chi tra coinquilini, a prendere il sole primaverile sul balcone mentre la pandemia cambiava un po’ il mondo.

L’arrivo del Covid ha cambiato qualche vostro piano?
METCALFA: Io come singolo no, ho continuato a lavorare alla mia musica senza problemi. Però con il quartetto jazz abbiamo perso qualche data, purtroppo.
NOVE: Artisticamente non molto. Ero nella fase di “cambiamento”, venivo da un periodo molto stressante e avevo bisogno di pace per scrivere cose nuove quindi, in un certo senso, il primo lockdown mi ha aiutato.
CALVINO: In parte ma non del tutto. Quando è scoppiata la pandemia avevamo pronto il disco. Abbiamo riflettuto su come muoverci, ma alla fine abbiamo deciso di uscire perché il disco aveva già avuto una lunga gravidanza: aspettare ulteriormente avrebbe voluto dire forse non farlo vivere naturalmente.
TIGRI: Nel mio caso ha “soltanto” ritardato tutto, perché ero nel pieno delle pre-produzioni delle canzoni che andranno a comporre il mio primo album. Trattandosi di un progetto totalmente nuovo, ai tempi non avevo ancora fatto nessuna comunicazione, nessuno sapeva nulla. Da questo punto di vista mi è andata bene, sarebbe stato spiacevole annunciare il primo singolo e poi non fare più nulla perché bloccato a casa.
PONEE: In realtà non saprei dirlo con certezza per quello che riguarda il progetto PONEE; perché fino a quel momento non avevo nemmeno ancora pubblicato nulla o fatto live in questa nuova veste, non c’erano ancora piani specifici. Sicuramente però avrei voluto rimanere meno nel mondo digitale in questo primo anno di percorso.
ALTRE DI B: In effetti sì. Proprio all'inizio della pandemia, a marzo 2020, saremmo dovuti andare in Texas per partecipare al SXSW, ma dopo settimane di trepidazione hanno annunciato la cancellazione del festival a pochi giorni dalla nostra partenza. Anche il nostro album era praticamente pronto, mancavano solo alcune voci da registrare, ma la pausa virale ci ha costretti a rimandare la fine delle lavorazioni di diversi mesi. E ovviamente, una volta finiti i pezzi, la situazione era cambiata al punto che abbiamo dovuto rivedere le nostre strategie per l'uscita, attendere ancora... Sì, il COVID ha decisamente scombussolato i nostri piani. Per fortuna siamo comunque riusciti ad adattarci.

DIFFERENT DNA: È cambiato molto per tutti e noi non siamo un'eccezione. Avevamo programmato di mixare il nostro album insieme a Milano, ma abbiamo dovuto rimandarlo di un paio di mesi e alla fine non sono stato in grado di viaggiare a San Pietroburgo per il mixaggio. E ovviamente siamo atterrati per iniziare i concerti subito dopo aver pubblicato l'album, ma era ed è ancora impossibile.
DHELI: No, al contrario mi ha dato la carica per produrre e scrivere di più. Ha cambiato sicuramente il mio piano di uscite, ma cercando sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno, sono riuscito a creare un percorso coerente e di cui vado fiero.
ACARO: Con Costello's stavamo pianificando il primo tour, uscivo dai primi concerti del progetto e il calore delle persone mi aveva dato un'energia enorme. Da un giorno all'altro ci siamo trovati a dover annullare tutto. L'album invece non è stato particolarmente frenato, avevo già fortunatamente chiuso gli 8 pezzi, mentre mi ha dato più tempo per poter completare il fumetto.
STUDIO MURENA: Sì, stavamo registrando il nostro primo album con la nuova formazione, prima della quarantena, forse addirittura in dicembre, eravamo riusciti a registrare appena Password e Arpa e Tamburo, quest’ultimo è stato il singolo che infatti abbiamo fatto uscire durante la quarantena, ad aprile. All’epoca (che poi è un anno fa… Ma sembra passato un sacco di tempo!) venivamo dall’ultimo live incendiario del BIKO e avevamo bei progetti e buone occasioni per il 2020, che abbiamo dovuto solo rimandare.

E stilisticamente parlando? Avete scritto qualcosa di nuovo durante la quarantena che per qualche motivo suona diverso da quello che avete fatto prima?
METCALFA: Diciamo che il tempo che ho avuto a disposizione mi ha dato la possibilità di esplorare ambiti musicali differenti da quelli a cui ero abituato. Quindi si, i prossimi pezzi che usciranno saranno un po’ diversi.
NOVE: Come ho scritto precedentemente si, è stato quasi fondamentale per la mia scrittura. Avendo molto tempo a disposizione ed essendo più rilassata ho sperimentato molto. Ho cercato di buttare giù tutti i miei paletti e mi sono lasciata trascinare dalla fantasia anche perché, in quel periodo, era l’unico modo per viaggiare, vivere, vedere il mondo esterno.
CALVINO: La quarantena mi ha fatto pensare che le prossime canzoni che scriverò dovranno essere il più semplici possibili. Non voglio perdermi in ambizioni o labirinti razionali e veder scappar via il piacere di scrivere una canzone nel modo più semplice e diretto possibile. Forse in questo la pandemia mi ha intimato di vivere, e scrivere, senza farmi prendere dalle paure.
TIGRI: Sì e no, nel senso che la pandemia non è il massimo dell’ispirazione secondo me. Stai a casa, non fai nulla, la vita non ha niente di interessante e alla fine la musica a me serve come strumento di elaborazione di quanto mi succede. D’altro canto, ho avuto molto più tempo per suonare, per ascoltare nuovi artisti e per studiare, quindi ho fatto tante sperimentazioni che piano piano sto mettendo a terra, dato che per me il processo creativo è una cosa molto lunga.
PONEE: Alcuni brani ne hanno preso spunto; a me non piace essere troppo esplicito nella scrittura perciò forse non è così palese. Allo stesso tempo ci sono alcune frasi che mi rendo conto di avere buttato giù proprio a causa della quarantena; di alcune ci ho fatto caso solo dopo: come se fossi stato influenzato inconsciamente.
ALTRE DI B: Come altre di B ci siamo dedicati più che altro al lavoro di rifinitura dell'album, che tra grafiche, promozione, social, coordinamento con etichetta e management è stato comunque tanto. Abbiamo però dedicato molto tempo ad altri progetti, sempre relativi alla musica: chi ha studiato le DAW e ha cominciato a produrre altre band, chi si è buttato nell'elettronica, chi ha lavorato con altri gruppi alla scrittura di brani nuovi - che giocoforza hanno risentito del periodo in cui sono stati composti. Fortunatamente non abbiamo mai avuto modo di restare fermi, anche se a volte la nuvola di angoscia della quarantena ha ostacolato la produttività.
DIFFERENT DNA: È una domanda difficile, perché penso che sarebbe meglio chiedere ai nostri ascoltatori. Ma non abbiamo ancora registrato nuove canzoni, quindi vedremo cosa diranno delle nuove produzioni.
DHELI: Ho scritto un sacco di roba eighties ispirandomi un sacco ai film di quegli anni che ho guardato...
ACARO: Non essere a contatto con ciò che il mondo ha da offrirmi ha frenato bruscamente la mia creatività, proprio come la mia vita. L'assenza di contatto umano e la perdita totale di esperienze mi ha lentamente abituato all'alienazione e al vuoto emotivo. L'unica esperienza tragica di quel periodo è stata la morte di mia nonna, una donna a cui ero molto legato a causa del Covid appunto, solo da quell'evento è nata una canzone che prima o poi pubblicherò.
STUDIO MURENA: Abbiamo scritto qualche pezzo nuovo, ora stiamo lavorando assiduamente e l’intenzione è quella di non fermarci. Le sonorità non sono molto diverse, ma sicuramente da questo stop forzato siamo riusciti a trarre anche cose buone: abbiamo avuto tempo per riordinare le idee (chi più, chi meno), lavorare su noi stessi, e fare tanto fitness in casa una volta a settimana e poi man mano diradando una volta al mese. In pratica ci siamo allenati 3 volte. Male.

La pandemia vi ha arrecato un danno economico?
METCALFA: Come dicevo prima, abbiamo perso diverse date e quindi abbiamo virtualmente perso anche dei soldi. Io inoltre gestisco una sala prove, e lì questo brusco stop si è decisamente fatto sentire.
NOVE: Sono un’insegnante di musica/canto nelle scuole private e i primi mesi non sono stati semplici, soprattutto all’inizio quando le lezioni online erano ancora viste come un “nemico”. Fortunatamente, però, ho preso il ritmo poco dopo e sono riuscita sempre a lavorare , mese più o mese meno.
CALVINO: Per fortuna no. Il mio primo lavoro non è legato alla musica o allo spettacolo e questo fortunatamente mi ha salvato dalle conseguenze economiche della pandemia.
TIGRI: Essendo ancora nella fase di preparazione del mio progetto, che avevo in mente di lanciare a partire da settembre 2020, ti direi di no. Il mio piano appunto era uscire a settembre, lavorare tutto l’anno e nell’estate 2021 organizzare un tour. Purtroppo questa cosa non si può verificare nei tempi che speravo, quindi anche eventuali ritorni economici di quello che sto investendo nel progetto si vedranno più avanti. Pazienza, questo progetto non nasce per “fare soldi”, ma per esprimere principalmente me stesso.
PONEE: Beh, che dire, assolutamente si. Beato chi possa dare una risposta diversa; considera che io come “lavoro principale” mi occupo/occupavo di eventi perciò puoi immaginare la combo devastante che ne è venuta fuori.
ALTRE DI B: Decisamente sì. Abbiamo tutti altre fonti di sostentamento e per fortuna in un modo o nell'altro ce la siamo cavata, anche se alcuni di noi hanno avuto grossi problemi lavorativi. Come band, però, ci siamo visti mancare il nostro sostentamento primario (nonché il vero motivo per cui suoniamo e la cosa che ci manca di più in assoluto): il live. Stare senza suonare un anno ha inflitto un duro colpo alle casse del gruppo. Se ne è parlato tanto quindi non riapriremo qui il discorso, ma siamo con tutti gli amici e colleghi dello spettacolo in difficoltà.
DIFFERENT DNA: Non troppo. Fortunatamente ho un altro lavoro, lavoro con i più grandi marchi di moda come acquirente, quindi non è stato troppo difficile per me sotto questo aspetto. Ma per il nostro frontman, Evgeny, è stato più difficile. Ma la buona notizia è che in Russia ora è tutto aperto e lui è in grado di lavorare come cantante già da alcuni mesi.
DHELI: In realtà no. Perché le produzioni per terzi sono aumentate un sacco e c’era molto più tempo da dedicare alla ricerca sonora e compositiva per i brani che poi ho prodotto e che consegnavo online ai ragazzi.
ACARO: Ovviamente sì, nella vita voglio fare le canzoni, l'affitto, il cibo e i brani stessi non me li pago di certo con gli ascolti su Spotify. I live per questo mestiere sono fondamentali, sono il fine ultimo di tutti noi musicisti e ci fanno pure campare. Punto a favore per le mie economie sono i bar chiusi, birra e vino costano meno al supermarket.
STUDIO MURENA: Certo, benchè il guadagno non fosse elevato è stata una bella botta per le nostre uniche finanze, soprattutto in un momento di “decollo” come questo. L’uscita dei singoli, poi dell’album, la vendita dei dischi, i live… Soprattutto i live, che oltre al guadagno economico sono sempre stati principale fonte di sostentamento del gruppo in termini di energia. Ci mancano moltissimo.

Cosa poteva fare la comunità artistica che invece non ha fatto? Quale “comunità” artistica?
METCALFA: Il problema purtroppo non si ferma al Covid, ma a tutta una serie di atteggiamenti. Siamo tutti bravi a farci i complimenti, a scrivere che ci supportiamo e salutarci con “yeah, man” e “grande, bro”, ma nella realtà il supporto tra musicisti è quasi una leggenda purtroppo. Nessuno si è esposto per fare fronte comune all’emergenza, nessuno ha voluto scomodarsi per fare davvero “comunità”. Forse tra artisti più piccoli è più facile, non so. Ma non è comunque una scusa. Molti di noi sono stati semplicemente lasciati indietro.
NOVE: Che domanda difficile. Gestire una situazione del genere penso sarebbe stato complicato per chiunque quindi non ho una soluzione. Penso però, dall’altra parte, che il problema sia a valle; in Italia noi artisti non siamo tutelati e non siamo considerati davvero come figure professionali. Questa pandemia, a mio parere, ha quindi “solamente” confermato quanto siamo invisibili agli occhi dello Stato. A proposito di questo ci tengo però a ringraziare pubblicamente il NUOVOIMAIE, una collecting nata nel 2010, che per tutto quest’anno si è battuta e si sta battendo fortemente per tutelare gli artisti in modo concreto.
CALVINO: La comunità artistica ha fatto quello che poteva fare. Quelli che non stanno facendo il loro dovere non sono certo da ricercare tra gli artisti.
TIGRI: Partendo dal presupposto che storicamente le comunità artistiche hanno le mani e i piedi legati perché non producendo beni di sopravvivenza essenziali cadono in fondo alla lista delle priorità per i governanti, io penso che non si potesse fare molto di più rispetto a quanto fatto: un po’ di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, un po’ di supporto vicendevole, un po’ di proteste, un po’ di tentativi di live a distanza (accolti molto tiepidamente). Ricordiamoci che servono sempre fondi per realizzare nuovi progetti, quando quello che riesci a fare è solo sbarcare il lunario diventa difficile.
PONEE: Guarda, sono in una fase in cui ho talmente tanti dubbi sulle diverse azioni compiute da tutti che non so darti una risposta certa. Forse quello che ho percepito è stata l’assenza di vera coesione, una distanza che non è stata solo fisica insomma. Anche se alcune iniziative valide sono state fatte. Di certo una situazione inedita come questa ha evidenziato le difficoltà che già in precedenza esistevano, e questo in ogni settore; è un pò il solito discorso del “prevenire è meglio che curare”.

ALTRE DI B: È stato sicuramente un periodo difficile, non abbiamo ricette pronte che avrebbero potuto risolvere la situazione. Come artisti ci siamo forse mossi tardi e ci abbiamo messo ancora più tempo ad unire le nostre voci, ma ci sembra che siano venute fuori delle cose molto belle - pensiamo ad esempio al Parlamento Culturale Permanente, a La Musica Che Gira e ad altre iniziative di coordinamento e di presidio. Anche noi nel nostro piccolo ci siamo attivati: abbiamo trasformato il nostro tradizionale concerto del 6 gennaio dal balcone di Piazza dell'Unità in un momento di silenzio, per attirare l'attenzione sulla situazione. Dalla parte delle istituzioni, invece, la condizione di musicisti e artisti è stata colpevolmente ignorata troppo a lungo, anche se non avremmo mai voluto essere al posto di chi ha governato l'Italia nell'ultimo anno e mezzo.
DIFFERENT DNA: Non so bene cosa dovrebbero fare gli artisti. Ma sono sicuro che, tranne che per il primo blocco iniziale quando non sapevamo nulla del virus, tutte le altre pesanti restrizioni sono state troppo rigide.
DHELI: Far sentire un po’ di più la propria voce. In Italia siamo bravissimi a commentare le rivolte e le proteste negli altri paesi, ma quando è il momento di farle, non ci spostiamo mai di casa.
ACARO: Il nostro fardello è stato anche quello di tante, tante altre categorie. Detto questo credo che il problema sia a monte, in Italia fare l'artista non è ancora riconosciuto come un lavoro, del fatto che noi non si possa più suonare alla gente gliene frega gran poco, e non escludo che qualcuno reagisca con un "questi fanno i capricci perché non possono suonare, io che ho un lavoro vero che devo dire?". Se l'opinione pubblica non viene toccata dalla nostra battaglia è difficile che la politica se ne interessi, infatti siamo qui, nella stessa situazione di più di un anno fa. Il problema è che alla cultura non viene attribuito il valore che le spetta, la colpa è di nessuno e di tutti quanti.
STUDIO MURENA: Crediamo che la comunità artistica e dello spettacolo non si sia mossa male, ha provato un po’ a fare (finalmente) fronte comune, per la “certificazione” di figure professionali e per rivendicare diritti e status di lavoratori nel settore. Rendiamoci conto che ancora nel 2021 chi fa il musicista (in Italia) non è considerato a tutti gli effetti un lavoratore, e non ha particolari diritti o riconoscimenti, mentre ad esempio in altri paesi dell’unione europea, anche vicini a noi, viene riservato un altro trattamento per gli artisti, così come fondi per attività artistiche. Noi ad esempio abbiamo seguito da vicino il movimento de “La musica che gira”, coordinamento di artisti e lavoratori dello spettacolo che è riuscito a mettere in luce le criticità del settore in Italia, e a proporre soluzioni.

Vi è capitato di lavorare forzatamente a distanza a un progetto musicale?
METCALFA: Si, e devo dire che è stato molto piacevole e anche divertente! Avevo adibito camera mia a studio e avevo cavi ovunque. È sicuramente servito a spezzare la monotonia.
NOVE: Si, ho lavorato a distanza su tutto il mio Ep, che uscirà tra meno di un mese. È stato sicuramente diverso ma, con le risorse che abbiamo, non è cambiata sicuramente la qualità del risultato finale.
CALVINO: Si è capitato, ma per quanto possibile abbiamo sempre cercato di trovarci di persona. Per quanto si possano trovare pregi nei nuovi metodi, io continuo a credere che i difetti li superino di gran lunga.
TIGRI: Fortunatamente io e i miei collaboratori ci siamo attrezzati a distanza sin da subito, io stavo affinando alcuni aspetti del songwriting e impostato bozze di arrangiamento che poi il mio produttore ha finalizzato. Poi quando è finito il lockdown abbiamo comunque dovuto riaprire i progetti per approfondire quanto fatto, e correggere tutti gli aspetti che nel lavoro a distanza non avevamo avuto modo di discutere vis-a-vis. È un aspetto molto importante, ci sono parecchie cose che rischiano di perdersi.
PONEE: Si, diciamo che i mezzi di oggi per fortuna lo consentono e non è detto che le difficoltà siano eccessive. Però sicuramente il lavoro dal vivo ha sempre un altro effetto; personalmente entrare nella logica di lavori fatti a distanza per rispettare consegne, tempistiche o altro non mi fa impazzire. Un conto è farlo per aumentare le possibilità e gli stimoli, un conto è perché l’alternativa risulta impossibile.
ALTRE DI B: Sì, come dicevamo prima alcuni di noi sono impegnati anche in altre band. Andrea e Giovanni suonano ne LaPara e Giacomo ne è il produttore artistico, quindi ci siamo sentiti molto al riguardo e, a parte una breve parentesi estiva in cui abbiamo potuto registrare qualcosa tutti insieme, abbiamo lavorato molto a distanza, scambiandoci provini e registrazioni.
DIFFERENT DNA: Penso che oggi sia ormai una routine lavorare insieme da diverse parti del mondo. Posso dire che la prima volta che ho incontrato Evgeny (cantante) di persona è stato quando abbiamo quasi registrato un album.
DHELI: No, mai, ho sempre mollato, piuttosto non lo portavo a termine. La musica è troppo importante per essere fatta in modo forzato.
ACARO: Mi è capitato ed è tutt'ora per me difficilissimo. Sono cresciuto nelle band rock, la mia musica nasce dal contatto umano, senza questo faccio davvero fatica, mi perdo nel silenzio e nelle mie insicurezze. Non avendo scelte questa è la modalità di lavoro per ora, ma spero di poter tornare al vecchio metodo asap.
STUDIO MURENA: Chiaramente questo è stato l’unico modo per poter continuare a produrre e comporre a distanza, anche se purtroppo non è paragonabile al lavoro di gruppo nel nostro ambiente naturale: la saletta. È stato comunque utile: grazie a questo metodo abbiamo dato alla luce nuove idee sulle quali però è stato obbligatorio ritornare dal vivo, in modo da perfezionarle.

Cosa ha potuto insegnarci di positivo la quarantena, se ci ha insegnato qualcosa?
METCALFA: Bè, sicuramente a dare valore al tempo che ci prendiamo per noi stessi e l’importanza di prendercelo, questo tempo. A me ha insegnato a non avere fretta e lavorare con costanza, a prescindere dalla situazione.
NOVE: A me personalmente ha insegnato che la solitudine, presa a piccole dosi, fa davvero bene.
CALVINO: A non credere di essere invincibili e immortali e forse ad affrontare la vita come se fosse unica e breve. Credo che abbia messo drammaticamente in risalto quanto a volte siamo presi da preoccupazioni e occupazioni inutili.
TIGRI: Nel mio piccolo mi ha insegnato a lavorare un po’ più di reazione. Tendo a programmare tutto, soprattutto le tempistiche, per non trovarmi con l’acqua alla gola o in ritardo rispetto alle deadline. Ho dovuto riprogrammare tutto, e per alcuni aspetti è stata un’opportunità, perché ho conosciuto nuove persone, ho potuto valutare ulteriori alternative. Essendo indipendente, senza etichetta che gestisce una parte del lavoro, tutte le decisioni devo prenderle io e, anche se chi collabora con me mi aiuta in questo processo, questo richiede tanta dedizione. Adesso apprezzo molto di più il valore del tempo: non è solo un elemento che passa e che mette ansia, è anche un elemento che bisogna saper sfruttare a proprio piacimento.

PONEE: Secondo me è un po' presto per dirlo; la gente vive nelle abitudini e io non so ancora quali abitudini questa pandemia abbia sradicato, quali abbia creato, quali modificato. Io mi auguro che in generale l’abitudine al contatto sociale non svanisca, che sia una esigenza più che una abitudine. A me manca e questa distanza forzata mi sta insegnando a desiderarlo ancora di più. Non so dirti se in altri stia scatenando effetti opposti.
ALTRE DI B: Anche di questo si è parlato molto, sia a livello sociale, che economico-lavorativo, che ambientale. Non crediamo che vedremo dei radicali cambi di direzione in nessuno di questi ambiti. L'essere umano è meravigliosamente flessibile: questo ci aiuta a piegarci per sopportare le avversità, ma significa anche che, una volta venute meno le forze contrarie, tendiamo a riprendere la forma originaria. Speriamo però che alcuni temi venuti fuori con prepotenza durante questo periodo, in particolare quelli strettamente connessi del sistema produttivo e della sostenibilità ambientale, entrino a far parte più di frequente delle riflessioni delle persone.
DIFFERENT DNA: Non ne ho idea sinceramente...
DHELI: Personalmente mi ha dato la conferma che i soldi non sono tutto e che dovremmo goderci di più i momenti felici che ci vengono offerti, perché quelli non ritornano.
ACARO: Personalmente non mi ha insegnato proprio nulla, se non quanto la normalità fosse straordinaria.
STUDIO MURENA: La pandemia ci ha insegnato a saper aspettare e a prepararsi a qualsiasi cosa possa riservarci il futuro. Sperando non sia un'altra pandemia!

Si tornerà mai alla normalità come la intendevamo prima della parola Covid?
METCALFA: Assolutamente si. Abbiamo superato la peste per ben due volte e una pandemia devastante come La Spagnola. Nulla dura per sempre, nemmeno un virus. Anzi, di positivo c’è che probabilmente ci sarà un piccolo boom di attività culturali/artistiche, una volta terminata l’emergenza. Quando si è dentro un’emergenza sembra sempre che debba finire tutto, ma non è così. Tra un anno ne rideremo davanti ad una birra.
NOVE: Voglio essere fiduciosa e dico a grande voce SI, torneremo alla normalità! Sarà un processo lento e graduale ma ne usciremo anche perché ora abbiamo tutti i mezzi per farlo.
CALVINO: Credo e spero di no. Purtroppo dobbiamo ancora aprire gli occhi su tanti altri drammi e sul muro che scorgiamo in fondo ai binari che stiamo percorrendo. Meglio una bruciante disillusione piuttosto che vivere nel mondo delle favole.
TIGRI: Dipende anche molto da cosa intendi con normalità. Guarda ad esempio questa cosa del lavoro a distanza: non solo ci stiamo abituando, stanno anche nascendo nuovi pattern di comportamento, nuovi strumenti che a loro volta si adattano al nostro modo di fare e che entreranno sempre di più nelle nostre vite per restarci. Saremo sempre più connessi, mi viene in mente la rivoluzione “audio” che stiamo vivendo: il successo dei podcast, la nascita di Clubhouse. La tecnologia andrà sempre più a parare verso il "fare cose senza muoversi di casa", sempre più virtual reality e via dicendo. Può sembrare una distopia, ma alla fine è l’umanità che si evolve, anche quella per reazione.
PONEE: È un po' un azzardo prevederlo a mio parere; leggo diversi articoli con opinioni una diversa dall’altra. Non che la normalità di prima fosse il migliore esempio di equità, giustizia, equilibrio. Secondo me è sbagliato pensare che le cose debbano tornare come prima in assoluto; la speranza è anzi che possano evolversi in modo più sano. Qui il problema è che siamo in un limbo e va tutto talmente a rilento che quello che c’era prima sembra il paradiso. È molto difficile, perché oramai questa situazione ci sta logorando, ma io spero che di quella “normalità” restino le cose che davvero ci mancano e piano piano si costruiscano le alternative.

ALTRE DI B: Come dicevamo prima, l'adattabilità è una componente fondamentale e meravigliosa dell'essere umano, quindi crediamo che alla fine si ricomincerà ad uscire, ad andare al bar e ai concerti e a limonare con gli sconosciuti. Non sappiamo però quanto tempo ci vorrà, e abbiamo un po' paura che il processo si riveli più lungo di quanto vorremmo.
DIFFERENT DNA: Lo spero davvero. Non è la prima pandemia che sia mai avvenuta. Dopo la pioggia arriva l'arcobaleno.
DHELI: Secondo me sì, non so tra quanto perché per eliminare la paura dalla testa delle persone ci vuole tempo, ma com’è passata la peste o l’influenza spagnola, passerà anche questa.
ACARO: Questo è spesso motivo di discussione con altre persone, io resto comunque ottimista, credo che come ci siamo abituati a questa situazione anomala, ci abitueremo alla normalità con la stessa velocità. D'altra parte quasi tutte le persone con cui ne discuto pensano che alla normalità non ci si tornerà più. Aspettiamo ancora, bruciamo qualche altro centinaio di giorni della nostra vita e scopriremo chi aveva ragione.
STUDIO MURENA: Ne siamo sicuri! E non vediamo l’ora di poter sentire qualche concerto live, è forse la vibrazione che più ci è mancata nell’ultimo anno.

foto di Simone Pezzolati