24 novembre 2020

amor, requiem e sensibilità: intervista a Voodoo Kid

È uscito lo scorso 20 Novembre amor, requiem il debut album di Voodoo Kid, nuovo talento firmato Carosello Records. Un disco che è un concept album, un progetto ambizioso ma studiato nei minimi dettagli. Dalla ricerca dei suoni, sino alle grafiche curate da Mecna, amor, requiem è un viaggio multisensoriale, nato a metà fra l'Italia ed il Regno Unito, dove l'artista ha vissuto e studiato per anni. Marianna Pluda, questo il nome che si cela dietro al progetto, sembra incarnare perfettamente i valori di una generazione a cavallo fra i millenials e la generazione z: cambiamenti climatici, Brexit e inclusività sono solo alcuni dei temi che emergono dai suoi testi e dalla nostra chiacchierata di qualche settimana fa.

Venite a scoprire cosa ci siamo detti.

amor, requiem è un titolo abbastanza esplicativo, una volta ascoltato tutto il disco. Un concept album come album d’esordio non capita spesso. Ci spieghi questa tua scelta?

Secondo te questa è una cosa bella o brutta?

Secondo me?

[ride]

Personalmente come scelta mi è piaciuta molto, proprio perché è una scelta controcorrente rispetto alla direzione che sta prendendo la discografia per quanto riguarda gli esordi.

È molto vero, ma più che essere un artista che sta attento alle uscite dal punto di vista del marketing, sono un artista che sta attento a quello che vuole comunicare, e il modo in cui lo vuole fare. In realtà è stato un processo molto naturale, ma comunque ho sempre apprezzato e stimato molto gli artisti che fanno album seguendo un concept. Partendo proprio dai Pink Floyd fino ad arrivare a The Divine Feminine di Mac Miller, se per l’artista è importante far seguire un filo logico per me è sempre un valore aggiunto. E quindi una volta che tutti i pezzi erano lì davanti a me, li ho raccolti e mi sono detta: “caspita, ma  questo è un concept album! Facciamo vedere alle persone che si può fare musica anche in questo modo”. Non bisogna per forza scrivere hit dopo hit e poi impacchettarle e metterle in un album, mi reputo un artista che prima di tutto fa musica per il piacere di fare musica. Poi viene tutto il resto.

Direi che questo concetto si evince molto bene da uno dei tuoi ultimi post su Instagram, dove dici di anteporre le tue scelte artistiche a quelle commerciali. È una cosa che fa onore sia a te, che soprattutto alla tua casa discografica.

È vero, sono molto contenta di lavorare con loro . Mi permettono di fare determinate cose, che magari vanno anche contro dal punto di vista del marketing, come il voler far uscire un album durante la seconda ondata di una pandemia. Guardando i dati degli stream di durante la prima ondata e il primo lockdown, ci siamo resi conto che la gente ha ascoltato più musica, ma non tanto gli artisti emergenti, quanto quelli già affermati: come per esempio le release di Dua Lipa, The Weeknd, Justin Bieber. Quindi sì, forse è una scelta forse controproducente da un certo punto di vista, però visto che secondo la musica è cultura, ed è il cibo dell’anima, questo è proprio il momento giusto per pubblicare il mio primo disco. Se la gente vorrà ascoltarlo sarò molto contenta e onorata di questo. Ci tengo molto che l’album esca adesso che la gente ha bisogno di ascoltare cose, di tirarsi su di morale e non lasciarsi demoralizzare da quello che sta succedendo in questo momento nel mondo.

Tu finora hai citato solo artisti internazionali e so che ascolti molto artisti come Billie Eilish, The Weeknd, Frank Ocean, SZA e Lana Del Rey.  Musicalmente parlando ti senti più internazionale che italiana?

In realtà secondo me è un po' ambivalente la cosa. Sono cresciuta ascoltando musica internazionale.  Ovviamente da più piccola non c’era Spotify, quindi ascoltavo molta radio, dove ovviamente passavano anche canzoni italiane. Di conseguenza da bambina l’artista di cui cantavo tutte le canzoni a memoria era Tiziano Ferro. E i soliti noti che giravano: Elisa, la Pausini, Ligabue, Nek, la Nannini… Poi una volta cresciuta ho iniziato a fare ricerca verso cose del passato come Mina, Celentano, Dalla, ecc.
Per quanto riguarda l’universo internazionale sono sempre stata molto propensa all’ascolto della musica oltreoceano ed oltremanica. Mi ricordo che mi facevo i mixtape delle canzoni che uscivano o che trovavo in giro e poi li davo ai miei compagni, perché loro non conoscevano nulla di estero. Facevo un po’ la spaccina di musica internazionale [ride] E questo capitava alle elementari, abbastanza assurda come cosa! Chissà dov’è andato a finire tutto questo mio spirito imprenditoriale.
Il fatto che io mi possa sentire più internazionale significa che Voodoo Kid, che è il mezzo con cui io mi esprimo, dal punto di vista artistico vuole sempre tenere un occhio aperto al mercato internazionale, nel senso che non mi voglio precludere niente. Una cosa di cui non si è mai apertamente parlato, ma che a me piacerebbe tanto un giorno fare dei concerti in Europa o addirittura in America o in Asia. Sarebbe veramente bello!

E soprattutto farli e avere un pubblico del posto e non i soliti italiani all’estero.

Esattamente. Come per esempio succede nel K-pop. Ci sono un sacco di ragazze italiane che sono fan, nonostante appunto non siano coreane o asiatiche. È un fenomeno che è esploso finalmente anche in Italia e la gente ha aperto gli occhi e le orecchie dicendo “cavolo che figo!” nonostante la lingua non fosse inglese o italiana. A me piacerebbe portare nel mondo la musica italiana come la faccio io, con un modo contemporaneo. Perchè anche se io faccio musica in italiano non è che per questo allora automaticamente suona come il resto della musica italiana. Molte persone mi dicono che la mia musica è adatta anche per l’America o l’Inghilterra: inconsciamente questo vuole essere un goal del progetto.

Dall’Italia vuoi arrivare all’estero. Ma tu per anni hai vissuto a Londra: non ti conveniva provare a partire da lì? Cosa ti ha fatto tornare in Italia?

Ci sono due risposte a questa domanda: quella che i miei discografici vorrebbero che dicessi e quella che vorrei dire io.
Sto scherzando ovviamente, ma comunque c’è una parte di me che dice “ho voluto provare a tornare in Italia per varie ragioni”. Un po’ per motivi di salute - mentale più che fisica, dovuti al fatto di essere stata da sola all’estero per quattro anni; e un po’ per provare a fare una cosa nuova, che volevo provare a fare da tempo. L’altra risposta che è quella che dico per ridere la gente, e sottolineo il fatto che lo dico in modo divertente, è: “ero sicura che l’Italia avesse bisogno per della musica nuova e quindi eccomi qui a far le canzoni per voi, yo!” [ride]
Questo potrebbe essere uno slogan per la mia campagna elettorale probabilmente [ride]

A proposito di campagna elettorale… Previsioni per le elezioni USA di stasera?

Spero che Trump non venga eletto di nuovo! Ma è difficile fare una previsione, perché gli americani sono imprevedibili. Ci sono un sacco di artisti che seguo sui social che promuovono il fatto di andare a votare e quanto sia importante “Vote Out Trump”. Ma non so cosa accadrà. Sinceramente io non li capisco gli americani. Trump ha fatto più danno che altro, però nonostante tutto è ancora qua. Vorrei conoscere di persona un americano erudito che è allo stesso tempo un  fermo sostenitore di Trump e capire perché lo è. Tutto quello che propone mi sembra controproducente rispetto a qualsiasi cosa.

Nella prima traccia del disco, nonché il tuo ultimo singolo non è per te canti: “Corriamo coi tempi, corriamo coi lupi Noi le gambe in spalla, voi la pancia piena” . Non so se sei d’accordo, ma penso che uno dei problemi principali oggi sia quello delle vecchie generazioni che decidono il futuro delle nuove: sul breve termine penso ad esempio alla Brexit, sul lungo ai cambiamenti climatici. Tu come la vedi?

Eh si, è un po’ entrambe le cose. Io la Brexit l’ho vissuta personalmente, perchè vivevo in Inghilterra. Ricordo che non appena  erano usciti i risultati delle votazioni, sono andata a vedere i sondaggi: mi sembrava molto curioso che un paese così avanzato da molti punti di vista avesse votato una cosa del genere. E infatti, come pensavo, la maggioranza a favore della Brexit erano tutte persone di una certa età che vivevano lontano dalle grandi città. Ricordo di aver ricevuto una lettera dalla mia Università - allora frequentavo la Westminster - dove era scritto che tutti loro si disocciavano completamente da quella decisione e che continuavano ad essere molto contenti di tutti gli studenti stranieri che facevano parte dell’università.
Il testo di non è per te si pone un po’ a manifesto delle nuove generazioni che devono comunque farsi notare e alzare la voce se hanno la possibilità di farlo. Chi ha una piattaforma, dovrebbe avere la mentalità giusta di promuovere non solo se stesso, ma anche ciò che è giusto per la propria generazione. La prima strofa del testo è nata anni fa e parla proprio del periodo che stavo vivendo durante la Brexit: mi chiedevo “ma perchè le vecchie generazioni devono decidere del nostro futuro?” Mi sono fatta molte domande di questo tipo. non è per te è stata una delle prime canzoni italiane che ho scritto ma ho aspettato a terminarla perché non trovavo la chiave giusta. Finchè poi quest’estate mi sono ritrovata in studio con Renzo Stone, mio caro amico e bravissimo producer, e insieme abbiamo scritto la melodia del ritornello e poi il resto è venuto fuori tutto molto spontaneamente.

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Hai studiato prima alla Westminster e poi alla Goldsmith University, che fra gli ex studenti annovera James Blake, i Blur, Brian Molko, gli XX e tanti altri. Qualcuno di questi artisti in particolare ha influenzato la tua musica?

Sicuramente James Blake è stato un artista che ha influenzato molto il mio percorso dal punto di vista dell’approccio alla composizione alla musica. Quando sono arrivata in Inghilterra per il primo anno di università, scrivevo canzoni solo con la chitarra e la voce, e facevo un genere tipo Arctic Monkeys. Quando poi dopo il primo anno sono tornata in Italia, avevo scoperto il mondo dei sintetizzatori, che mi hanno preso e non mi hanno più lasciato. James Blake è stato uno degli artisti che più ha cambiato la mia visione della composizione della musica, del sedersi e iniziare a suonare, registrare e poi ascoltare quello che si è fatto, e solo dopo magari comporre una canzone. Chi ascolta James Blake lo ascolta sicuramente anche perché canta e suona da dio.

La tua musica vuole essere un po’ una somma fra quello c’era una volta e quello che c’è ora: un ponte fra la generazione X e la Z.

È una riflessione che ho fatto proprio in questi giorni: una volta la musica era molto più musica. Prima ti ho citato i Pink Floyd, proprio l’altro giorno mi stavo ascoltando un loro vinile. Le canzoni erano molto più lunghe una volta. Ed è una cosa che proprio mi piace. In questa nuova evoluzione della musica e del mercato, le canzoni sono sempre più corte e questa cosa non mi sembra molto positiva. La musica dovrebbe essere apprezzata indipendentemente dalla sua durata. Quando avrò più seguito, in futuro mi piacerebbe poter pubblicare delle canzoni che siano lunghe anche sei o otto minuti. La durata alla fine non c’entra per forza con un genere musicale. Per fare canzoni lunghe non bisogna per forza fare prog rock. Basta guardare cosa fece The Weeknd con Gone nella sua prima raccolta Trilogy.

Se dovessi scegliere la tua canzone preferita del disco, quale sarebbe?

Aiuto, questa è una domanda difficile! Perché ognuna significa per me qualcosa in un modo diverso. Comunque se proprio devo scegliere direi requiem, la traccia conclusiva del disco.

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Nella tua bio di Twitter hai scritto: “faccio musica ma in realtà ho sempre voluto fare i film". Suppongo tu sia un’appassionata di cinema.

Sì, molto in realtà. Il cinema influenza la mia musica, così come tutto ciò che mi circonda.

Se il tuo disco fosse un film, quale sarebbe?

Se il mio disco fosse un film, sarebbe il film che sto per fare per il mio disco.

Il concept grafico che hai alle spalle è curato da Mecna. Vuoi parlarci un po’ come nato il vostro rapporto lavorativo?

È una cosa che mi chiedono sempre tutti, non so perchė interessi così tanto, forse la gente pensa che io e Corrado

Ti assicuro che non era quella lo scopo della mia domanda.

[ride] Ma no, ma stavo scherzando!  Mecna mi ha contatta in estate più di un anno fa chiedendomi se volessi fare una strofa per il suo pezzo in Neverland e io ovviamente accettai. Gli scrissi la strofa, gliela mandai e mi disse “minchia che bomba!”. Da lì poi ci siamo visti al suo concerto per il tour di presentazione di Neverland e poi anche alla sua data a Trezzo. Io lo stimo molto, non solo come cantante, ma anche per il lavoro grafico che fa. Abbiamo deciso quindi di iniziare questa joint venture e ho fortemente voluto che fosse lui a curare le grafiche del mio progetto.

Dalla tua musica si evince una particolare sensibilità a temi come i cambiamenti climatici e l’inclusività. Per potere avere un linguaggio più inclusivo penso ti fosse molto più funzionale l’inglese, lingua isolante, rispetto all’italiano, lingua flessiva. Com’è stato passare da una lingua all’altra?

L’inglese secondo me lascia molto più spazio all’immaginazione e all’inizio mi sentivo molto più libera di dire certe cose. L’italiano invece è molto più descrittivo e attento ai dettagli. All’inizio mi facevo vari problemi per riuscire ad esprimere un concetto senza dover scegliere fra maschile e femminile, mentre adesso ho deciso di parlare nei miei testi tranquillamente al maschile. È una cosa che mi è sempre piaciuta fare e tramite Voodoo Kid voglio comunicare alle persone quello che sono dentro. Motivo per cui ho deciso di usare il maschile praticamente sin dall’inizio del progetto. Ovviamente spero che la gente mi ascolti per quello che scrivo e non per come mi vesto o per la faccia che ho.

Il tuo nome è una chiara citazione di Voodoo Child di Jimi Hendrix. Ti sei avvicinata alla chitarra anche grazie a lui?

Guarda la prima canzone che mi hanno fatto imparare da piccola alla chitarra è stata…

In Italia non può che essere La canzone del Sole.

[ride] Sì, esatto, proprio quella! Comunque la prima canzone di Hendrix che ho imparato a suonare è stata Purple Haze, la seconda Foxy Lady e poi via dicendo. Voodoo Kid viene proprio da Voodoo Child: non potendo e non volendo utilizzare il titolo esatto del brano di Hendrix, ho deciso di usare “kid” al posto di “child”.

Con i Red Lines, che rimangono un tuo side project, ci saranno novità in futuro?

Io e Simone ci siamo detti che non ha senso far uscire un album, se non possiamo fare un tour. Quel progetto vive della dimensione live, rispetto a Voodoo Kid che è molto più tridimensionale da molti punti di vista. Comunque il secondo album dei Red Lines è già pronto dall’estate scorsa, però non abbiamo ancora trovato il momento giusto per pubblicare quel lavoro. Quando l’ascolto sento che è musica che non ha tempo: è slegata dal mercato, e quindi in realtà ogni momento potrebbe essere quello giusto per pubblicarlo, nel momento in cui si potrà tornare a suonare dal vivo.

Considerato il periodo di incertezza che stiamo vivendo tutti, tu cosa ti aspetti dai prossimi mesi?

Viviamo in un periodo di completa incertezza, quindi rispondere a questa domanda è come indovinare i numeri della lotteria. Spero che la gente apprezzerà la mia musica e che ascoltandola riuscirà a trovare un po’ di conforto in questo periodo così orrendo. Io lo definisco un “anno di devastazione”. È stato per tutti difficile, ma chiaramente in modo differente per ciasuno: ovviamente non tutti abbiamo la stessa vita e quindi spero nel mio piccolo di poter aiutare tramite la mia musica.