15 marzo 2023

Fragile, per natura formidabile: intervista a Meg

"Spesso siamo troppo impegnati per ricordarci che siamo stati chiamati su questa terra per la sacra danza della vita. 'Vesuvia' mi ricorda di danzare e di cercare di rendere la mia danza contagiosa."

Questo il manifesto programmatico di Meg, al secolo Maria Di Donna, ex 99 Posse, che, il 30 settembre scorso, ha pubblicato Vesuvia, la sua ultima fatica solista, che attualmente sta portando in giro per i club italiani: un tour iniziato il 4 marzo ad Asti e che si concluderà l'8 aprile a Taranto, passando per un sold out a Napoli e Milano (dove, però, si è aggiunta una seconda data il 29 marzo all'Arci Bellezza), Roma al Monk e il giorno dopo, il 17 marzo, a Genova, per poi suonare a Verona e Firenze, rispettivamente il 24 marzo e il 1° aprile al Glue.
Un disco sia molto personale (per le tematiche trattate), sia collettivo (per i grandi nomi di chi ci ha collaborato: si pensi a Elisa ed Emma, o Tommaso Colliva e Frenetik per il comparto produzione). L'abbiamo raggiunta telefonicamente e ci ha raccontato come questo disco ricalchi con forza le sue origini campane, ma che, al contempo, esse si siano evolute in modo determinante anche per il continuo della sua carriera solista. Al solito, abbiamo anche un po' forzato la mano, chiedendole anche domande un po' fuori dai rigidi schemi: ci ha introdotto al mondo della poetessa Chandra Candiani, molto legata alla poetica del naturalismo e della meditazione.

Ecco a voi Meg, la poesia in musica.

(c) Mattia Guolo

Alcune tra le dodici tracce del disco proposte sono state composte durante la pandemia: anche se oramai sembra un periodo lontanissimo, dal punto di vista artistico cosa ha significato per te provare a scrivere un nuovo album in una condizione così inedita? 

È stata un po' una situazione da fine del mondo. Dopo quel momento iniziale, me lo sono vissuto molto male. Ero molto spaventata, ma poi piano piano, forse per istinto e spirito di sopravvivenza, è subentrato un altro atteggiamento. Mi sono resa conto che, comunque, stavo scrivendo cose che, invece, celebravano la vita. Non è stato, comunque, un album ispirato soltanto dalla pandemia, ma più in generale dai tempi frenetici che viviamo rispetto al lavoro che è diventato qualcosa di molto complicato. Una corsa ad ostacoli esistenziale. La musica, per me, in questo disco, ha rappresentato non solo una forma di terapia e autoterapia ma anche, nel mio piccolo, un simbolo di voler portare un semino di felicità per chi ascolta questo album.

Hai definito i concerti come “un atto di resistenza in questi tempi bui”: mi vuoi spiegare meglio per quale motivo?

Perché secondo me riabbracciarsi ad un concerto, al giorno d'oggi, e riascoltare la propria musica preferita dal vivo non è soltanto un momento di evasione dalla realtà, ma è estremamente significativo, in cui si afferma la libertà dell'essere umano in uno spazio in cui si deve essere felici, che è poi il senso della vita. Certo, il mondo intorno a noi sta andando a rotoli ma se arrivano dei momenti di vicinanza come i concerti devono essere di grande nutrimento: per me è ciò che mi fa svegliare la mattina e iniziare la giornata in maniera positiva.

Hai definito la voce di Elisa come aria, quella di Emma come roccia: secondo te, invece, la tua è un ibrido tra queste due oppure qualcosa di totalmente differente?

Non ci avevo mai pensato, però forse potrebbe essere un ibrido tra queste due voci. Il pezzo è un elogio all'ispirazione che mi forniscono altre donne. Nei momenti di difficoltà sono gli amici che ti danno una mano.

E allora quale elemento naturale potresti essere?

Forse terra e acqua. Legato soprattutto alle mie radici di Torre del Greco, una cittadina schiacciata tra la terra (vulcanica) e il mare, l'elemento principe per una mia estate ideale.

Il tuo primo pezzo si chiama Napolide: quale è il tuo rapporto con la città? È mutato nel tempo?

Sì è mutato nel tempo. Quando sono a Napoli muta di giorno in giorno. È una città complicata, dove un giorno puoi vivere in estrema armonia con essa ma il giorno dopo te la vivi come una matrigna che ti vuole divorare...

E, secondo te, a cosa è dovuta questa cosa?

Perché è una città intrinsecamente problematica. Dimenticata dallo Stato, in cui la criminalità organizzata gestisce la maggioranza del flusso economico della città e le persone devono tutto a loro. Basti pensare anche soltanto allo spopolamento dell'intero Sud Italia, che non ha prospettive né di studio né lavorative. Non c'è nulla e anche a livello di uscita con amici, la sera, rischi di essere aggredito magari per il semplice fatto di avere un piercing...
In questa città trovi un'umanità agli estremi: dalla gentilezza più raffinata e nobile alla ferocia più crudele. Vivere in una città del genere è complicato. Gli anni della mia giovinezza erano visti come un privilegio del poter vivere a Napoli e lo vivevo come un vero e proprio atto di resistenza. Più avanti, anche andando a vivere in altre zone di Italia (o all'estero) mi sono sentita sempre una cittadina del mondo e non ho mai avuto grandi problemi ad ambientarmi. Comunque le mie radici me lo porto appresso sempre e la città mi manca costantemente e tornarci è sempre un'emozione incredibile.

(c) Mattia Guolo

Il concerto a Napoli, già sold out...

Un gran concerto, nel cuore di Napoli, nei quartieri spagnoli. Sono ben cinque anni che manco nella città dal punto di vista dei live e sono molto contenta. È sempre emozionante suonare lì.

Parliamo un po’ del progetto grafico della copertina: da chi è stata ideata? Mi paiono determinanti soprattutto gli elementi un po’ “nascosti”, celati, i particolari.

L'idea della copertina parte da una mia volontà: una sorta di ritratto, un quadro rinascimentale, dove si ha spesso una finestra o comunque qualcosa che ti possa far intravedere dietro la persona ritratta, il paesaggio. Perciò ne ho parlato con la fotografa, la regista Bianca Peruzzi e l'art director Michele Nannini. Anche loro sono stati entusiasti di questa idea e insieme ci siamo messi a lavorare. A Bianca piacciono molto queste reference rinascimentali, nel quale un soggetto si staglia con la sua luce nel buio più totale, mentre Michele viene da un mondo più elettronico e digitale, fantasy. Questi due mondi sono stati uniti e Vesuvia è questo personaggio iconico, in questa casa in costruzione/demolizione, dietro questo vulcano in eruzione. Questa donna ha una serie di oggetti simbolici in mano: un corallo, che rappresenta le mie origini (Torre del Greco, infatti, viene chiamata anche la "città del corallo", con mio nonno paterno che era cammeista) e con un significato ancestrale. Nell'altra mano ho invece una freccia, in riferimento al pezzo Arco e Freccia e siccome le avevo raccontato che in questo pezzo le frecce sono le nostre parole, Bianca mi ha messo questa penna/freccia in mano. Poi alla mia destra ci sono questi ex voto: dei polmoni (che rappresentano la voce), degli occhi (ossia la realtà) e poi una mano perché è una delle mie parti del corpo preferite e rappresenta molto ciò che noi creiamo artigianalmente, anche se in modo imperfetto, ma con un'umana sincerità e veridicità.

Una curiosità: avevi fondato un’etichetta discografica chiamata Multiformis, con la quale hai pubblicato i primi tre album. Siccome il tuo penultimo album risale al 2015, in che modo hai scelto di pubblicare questo Vesuvia con Asian Fake e non più con la tua personale etichetta discografica?

Continuo ad avere la mia società editoriale con la quale pubblico le mie canzoni (la Bluluz) e invece la Multiformis ha pubblicato i primi tre dischi, ma è sempre lì, in stand-by. Il caso ha voluto, infatti, che abbia conosciuto Daniele Frenetik, che mi aveva chiesto di collaborare e mi ha fatto lui la proposta di uscire con Asian Fake, con la quale lavora. Mi sono molto innamorata del suo entusiasmo e siccome sono anni che lavoro da sola, mi piaceva l'idea di fare questo esperimento di team con Daniele che è stato anche mio fan... mi ha dato l'idea di sentirmi meno sola, ecco. Ognuno ha dato il proprio a questo progetto, con numerosi incontri intensi, formativi: penso a Colliva, i fratelli Fugazza che ascoltavano i miei pezzi fin da piccoli. Mi sono sentita onorata.

Chiudiamo così: a quale libro potresti paragonare Vesuvia?

In pandemia ho letto molte poesie. Forse lo paragonerei alla poetica di Chandra Candiani, una poetessa che mi piace molto. La ammiro perché è legata strettamente alla natura, una donna a cui piace molto la solitudine ed è un'amante dei gatti (come me: ho dedicato Principe delle mie Tenebre al mio gatto!). È una donna molto particolare, a cui piace scandagliare nel profondo e questa cosa l'ho sempre ammirata. Vivere la vita e assaporarla in ogni sua sfumatura.

(c) Mattia Guolo