15 settembre 2024

Gli affreschi di una vita alienata: intervista a Gia Ford

Non capita tutti i giorni che a poco più di vent'anni, con il tuo primo album, ricevi i complimenti da Elton John. È successo a Gia Ford, giovanissima cantautrice britannica, che si è vista passare inconsapevolmente il suo singolo Paint Me Like a Woman durante il programma del Sir in persona su Apple Music. Il singolo fa parte di Transparent Things, il suo debut album uscito venerdì (13 settembre) per Chrysalis Records. Le 11 canzoni che lo compongono sono veri e propri affreschi di vita, 11 storie con la propria trama, i propri personaggi e il proprio carattere il cui fil rouge sono l'emarginazione e l'alienazione. Gia Ford è la cantautrice / poetessa che dovresti assolutamente conoscere se ti piacciono artiste come Sharon Van Etten, Cat Power o Marika Hackman. Il suo stile attinge a piene mani dalla tradizione americana, addolcendola e accompagnandola con una voce soave e matura. Come cornice alle sue canzoni Gia ha scelto un'immagine forte e decisa, che spesso gioca con il mondo maschile: è facile immaginarsela sul palco muoversi lentamente, imitando le mosse di un crooner d'altri tempi in un completo sartoriale da uomo. Se consideriamo tutti questi elementi ha tutte le carte in regola per diventare la next big thing del cantautorato inglese e noi non potevamo che intervistarla. 

Gia Ford

La prima cosa che ho pensato ascoltando il tuo nuovo album, Transparent Things, è che ha un sound "americano". Ti rivedi in quello che sto dicendo?

Sì, credo che il lato americano sia probabilmente un misto delle mie ispirazioni musicali e anche concettualmente di queste storie che richiedono una vasta espansione. Quando penso a queste storie in senso visivo spesso mi sembrano un grande cielo o una vasta pianura e, sai, credo che l'America abbia inglobato quell'idea in sé e che questo si traduca attraverso quel tipo di strumentazione. Credo mi sia sembrato semplicemente adatto alle storie che volevo raccontare. Ed è stato registrato in America, penso che anche questo l'abbia influenzato.

Hai avuto lo stesso produttore di Phoebe Bridgers, Tony Berg, giusto?

Sì, è fantastico, è stato grandioso lavorare con lui, è una specie di leggenda dell'industria musicale.

Hai avuto modo di incontrarla?

No, Tony continuava a dire che voleva presentarci l'una all'altra, ma lei era impegnata con le Boygenius in quel periodo. Il disco stava letteralmente per uscire, quindi era in giro a fare incontri stampa e tutto il resto. Purtroppo no, ma spero in una prossima volta, sarebbe davvero bello.

Incrocio le dita perché credo che abbiate molto in comune.

È una cosa bellissima da dire! Grazie!

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 Ti trovi a Sheffield e sei inglese: quali sono per te gli aspetti più inglesi della tua musica?

Aspetti inglesi? È interessante. Stavo per dire che forse il cinismo dei miei testi è molto inglese, credo di essere abbastanza cinica, mi piace la morbosità e mi piacciono le cose oscure, come il cielo di oggi (punta fuori dalla finestra, ndr). Forse, sai, nel disco non parlo molto di speranza. Penso che gli inglesi siano generalmente piuttosto cinici. C'è anche un po' d'ironia sfacciata in alcune canzoni, come in Loveshot o The Porcupine. Sono piuttosto scherzose e credo che questo sia abbastanza inglese. Ma non penso che dal punto di vista sonoro sia un disco molto inglese. Credo che il sound sia piuttosto americano, ma forse è più nei concetti, nelle storie e nei dialoghi.

Puoi raccontarmi qualcosa di più sul processo creativo dietro questo album? Per esempio, quando hai iniziato a pensarci, a scrivere le canzoni che lo compongono, se hai lavorato anche con altri artisti...

È diverso per ogni canzone, alcune esistono da molto tempo e poi le ho messe nel disco. Per esempio una delle più vecchie risale al 2019. Ma non sapevo se sarebbe stato un album, le ho scritte tutte separatamente, quindi non le ho scritte concettualmente per farle diventare un gruppo unito. Il mio processo di solito, è sempre rimasto lo stesso più o meno, è che scrivo un sacco di cose a caso. Che si tratti di poesie o di storie brevi.

Potrei sentirmi ispirata da qualcosa, che sia un libro o un film o anche solo un pensiero che ho, cerco di espanderlo e poi penso: “Come suona questa sensazione? Come suona questo personaggio? Quali codici rappresentano quella canzone o quell'idea?”. E poi da lì costruisco e costruisco e, come mi piace dire, lo vesto. L'idea stessa rappresenta le ossa di quella persona. Poi ci metti sopra la pelle, quindi ci costruisci attorno dei codici e infine lo vesti e immagino che questa corrisponda alla parte di produzione. Per me di solito inizia con le parole, a volte con la musica, ma soprattutto con le parole.

Come hai detto prima, ti piace scrivere poesie e possiamo dire che le tue canzoni sono piccole poesie. Quali sono i poeti che ti ispirano di più?

Al momento, anche in questo caso è abbastanza cinico e macabro, mi piace molto Ann Saxton. Amo anche tutti i poeti classici, come Emily Dickinson. Anche in questo caso c'è un elemento abbastanza morboso, lei era molto depressa (ride, ndr) e tutto ciò che scriveva era molto scuro, ma aveva uno speciale tipo di potere. Chi altro mi piace? Mi piace molto Auden, di nuovo piuttosto macabro, mi piace tutta la poesia in cui l'oscurità e la luce sono molto in contatto tra loro e c'è una linea sottile tra i due. Quindi, ti direi probabilmente: Auden, Ann Saxton ed Emily Dickinson.

Ha mai pensato di scrivere un libro? Penso ad esempio a Patti Smith, è un'artista incredibile ma anche un'ottima scrittrice.

Sì, ho sempre voluto scrivere un libro, vorrei scrivere un romanzo. Non so se Patti abbia mai scritto qualcosa di narrativa, so che Just Kids parlava della sua vita, vero? Parla di Robert (Mapplethorpe, ndr) e cose di questo genere. Però sì, ho sempre voluto scrivere un romanzo, ma credo che lascerò questa cosa per quando sarò più vecchia perché così avrò tutto il tempo del mondo per concentrarmi su tutti i vari dettagli. Penso che la scrittura di canzoni e poesie sia diversa. Volendo puoi scrivere una poesia molto lunga, ma devi cercare di inserire quante più informazioni possibili in un lasso di tempo molto breve e, sai, è proprio questa la sfida.

Al momento credo di essere più portata alla forma breve, perché non ho abbastanza tempo per sedermi e pensare a tutti i dettagli, alle trame eccetera (ride, ndr). Ma sì, penso di essere sempre in attesa di quella scintilla alla base del mio primo romanzo e poi magari continuare a costruirci sopra man mano che passa la vita e invecchio. Questo è il mio piano.

Non vedo l'ora di leggere il tuo primo romanzo allora!

Magari aspetta 15 anni e sarà pronto.

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Tornando all'album, il tema principale è l'alienazione e tu hai detto che “la maggior parte dei personaggi di queste canzoni sono emarginati”, un argomento piuttosto specifico. Hai deciso di scriverne mossa da alcune esperienze personali o per un impulso specifico? Penso ad esempio alla situazione sociale degli Stati Uniti in questo momento.

Sì, forse è una sensazione che ho. Non mi sono accorta che stavo scrivendo di alienazione o outsider fino a quando non ho messo insieme tutte queste canzoni e mi sono detta “oh”. Sembra che mi piaccia scrivere di persone così e penso che forse è qualcosa dentro di me di cui sto cercando di parlare senza dover far riferimento a me stessa, quindi in un certo senso parlo attraverso i personaggi. Credo che tutti noi sappiamo come ci si sente, credo che tutti si siano sentiti alienati o esclusi da qualcosa o incapaci di entrare in contatto con un'altra persona.

Sì, penso che politicamente ci troviamo in un'epoca stranamente polarizzata, in cui molte persone si sentono alienate. Penso sempre che sia interessante riflettere sulle esperienze degli altri piuttosto che sulle mie. Credo di aver imparato qualcosa anche dai miei personaggi, sai? Me l'hai praticamente detto tu stessa, non ci ho mai pensato prima, credo che questa cosa sia sempre stata nella mia testa solo per il semplice fatto di vivere in questo preciso momento.

Ho letto in una delle tue interviste che trovi noioso scrivere direttamente di te stessa, hai scoperto qualcosa di nuovo su di te facendo questo album?

Sì, credo di averlo sempre saputo, ma questo rafforza il fatto che sono un po' una solitaria, una mezza reclusa (ride, ndr). Forse ci sono anche certe cose che non voglio dire, certe emozioni che spesso non voglio mostrare. Per esempio, ci sono molti personaggi nell'album che sono incazzati, ma la loro rabbia è repressa e credo di averne un po' anche io. Non sono una persona che si confronta molto, non mi piace discutere e spesso non mi faccio molto valere, e credo di aver imparato, raccontando le loro storie, che posso relazionarmi con quella sensazione di frustrazione e di rabbia che ho dentro per varie cose che magari non mostro.

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Mi è piaciuto molto il brano Paint Me Like a Woman, in cui parli di una donna che diventa cattiva a causa degli abusi subiti dagli uomini che ha incontrato nella sua vita. Quanto pensi sia importante per un artista esporsi su questi temi nella propria musica al giorno d'oggi?

Penso che se senti che è qualcosa che senti il bisogno di affrontare, o su cui senti di voler creare dell'arte, allora dovresti farlo e se è qualcosa che non senti di dover portare nella tua arte, allora non farlo. Sai, penso che sia qualcosa che è sempre successo ed è qualcosa di cui si è sempre discusso, ad esempio la violenza sulle donne o il modo in cui il tuo pensiero può cambiare su certe cose. Al giorno d'oggi si parla molto di come le cose ti influenzano e di come ti trasformano in quello che sei. Si parla di salute mentale e di traumi e cose di questo tipo, c'è una costante discussione.

Quindi penso che forse sia solo un sottoprodotto di quella conversazione, la gente scrive continuamente articoli su questo genere di cose. Ti senti influenzato ed è importante che tu ne parli e che almeno alcune persone facciano arte su questo. Credo che sia sempre stato così. Ma si potrebbe dire lo stesso di qualsiasi cosa, penso che se si sente il bisogno di discutere di qualcosa dal punto di vista artistico allora lo si dovrebbe fare, indipendentemente da cosa sia.

Te lo chiedo perché in Italia trovo abbastanza difficile che gli artisti parlino di questi temi nei loro testi. Non succede spesso, cioè ne parlano, ma non nella loro musica.

È interessante. Penso che l'intero spettro dell'esperienza umana debba essere esplorato attraverso la musica e che alcuni dei brani migliori siano i più tristi. Basti pensare a Sinead O'Connor. Voglio dire, ha scritto una canzone sulla perdita del marito in mare ed è così potente. Ancora una volta è come se raccontando queste storie o parlando di queste cose difficili si provasse a far capire agli ascoltatori quell'emozione, a comprendere meglio certe esperienze, a provare più compassione in generale.

Se parliamo delle tue reference musicali per questo album chi citeresti?

Oh, ce sono così tante! È difficile individuarle anche perché siamo partiti da delle versioni demo di tutte queste canzoni. Molte avevano già una loro identità, poi i riferimenti sono cambiati quando le ho portate in studio. Il tempo è passato e ho lavorato con persone diverse. I primi che mi viene in mente sono i Fleetwood Mac. Ci sono cresciuta e quindi sono sempre lì, lo stesso vale per gli Electric Light Orchestra, ce li ho sempre in testa dal punto di vista musicale. Poi ci sono riferimenti più specifici, come ad esempio la mia canzone Try Changing, che uscirà a breve, per la quale abbiamo usato una reference molto specifica, ovvero i Can. C'è un loro brano che si chiama Vitamin C. Abbiamo usato quella batteria come spunto.

Quando eravamo in studio abbiamo ascoltato molto anche David Bowie, soprattutto Station to Station. Po sai, Tony è americano e gli piacciono molte delle cose blues che piacciono a me. Lui pensava fosse divertente perché sono una giovane ragazza inglese e questi sono gusti musicali da papà. Stiamo parlando di artisti come Crosby, Stills, Nash & Young e Neil Young. C'è una canzone nel disco che ha un mandolino che è un elemento molto blues americano. Non ci sono solo le mie reference, ma anche quelle di Tony e di Connor, il mio chitarrista. Lui ha portato un sacco di spunti. Un giorno farò una lista di tutti questi riferimenti, credo che siano centinaia.

L'ultima domanda riguarda la tua immagine, un aspetto importante del tuo progetto, che mi piace molto: spesso ti metti in giacca e cravatta. C'è una ragione specifica dietro questa scelta?

Credo che mi sia sempre piaciuto l'abbigliamento maschile un po' vintage. L'unica ragione che mi viene in mente è mio nonno (ride, ndr). Era un uomo molto elegante, si vestiva sempre molto bene e prendeva molto sul serio il suo abbigliamento. Credo di essermi ispirata molto a lui da bambina. Penso anche che dipenda dal fatto che mi considero una scrittrice oltre che una cantante e un'autrice. Ritengo che ci sia un certo tipo di styling che si accompagna alla scrittura. Per esempio Donna Tart, una delle mie scrittrici preferite, faceva proprio così: si vestiva in giacca e cravatta. Non so se lo faccia ancora, ma per un periodo della sua vita si vestiva ogni giorno in giacca e cravatta. C'è anche qualcosa del teatro che amo, sai. Sei sempre così impegnata con la persona che interpreti e con il lavoro che stai facendo. Mi piace il dramma. Tuttavia sto facendo in modo che il mio guardaroba si arricchisca di nuove cose. Sto iniziando a indossare i jeans, ma non so se sia una buona cosa!

Quindi, possiamo dire che tuo nonno è la tua reference principale in fatto di look!

Beh, anche David Bowie e Annie Lennox, sai, il loro essere androgini. Sì, però credo che il mio primo spunto stilistico sia stato mio nonno (ride, ndr). Era un uomo particolarmente elegante.

Gia Ford