C'è una novità molto interessante all'interno del panorama pop italiano e si chiama Nahaze, nome d'arte di Nathalie Hazel Intelligente, 19enne italo-inglese di base a Matera. Non fraintendetemi: l'Itpop o il mainstream pop nostrano alla Laura Pausini o alla Emma Marrone qui non c'entra proprio nulla. Il sound è assolutamente internazionale, come d'altronde lo sono sempre di più le produzioni nostrane, ma con una grandissima differenza: lei canta in un inglese perfetto, essendo madrelingua. Capacità vocali niente male, insieme a produzioni ad hoc e a un uso perfetto di italiano e inglese rischiano di rendere Nahaze conosciuta anche nel mercato anglofono, frutto proibito di praticamente ogni artista italiano (se escludiamo i casi da stereotipo come Bocelli ed Il Volo). E farcela all'estero è la priorità, come mi racconterà lei stessa. Nel 2021 uscirà il suo disco d'esordio tramite la Elektra Records, etichetta Warner di cui Achille Lauro è direttore artistico. E non è un caso che il primo singolo di Nahaze, Carillon, sia stato proprio con lui e Boss Doms.
La raggiungo telefonicamente per parlare di tutte queste cose e del suo nuovo singolo Future, uscito la scorsa settimana.
Ciao Nathalie, come stai? Come hai passato questi mesi?
Ciao! Ora sto bene, diciamo che ultimamente ero un po' preoccupata, perché comunque ci stiamo comportando come se fosse tutto risolto, però in realtà stanno risalendo i contagi. A parte questo tutto bene. Questi ultimi mesi sono stati un po’ difficilotti, perché gli esami di Stato, il Coronavirus e anche questa cosa della musica è successa tutta in un anno, quindi è stato un po’ assurdo.
Parlaci del tuo nuovissimo singolo Future.
Future è molto allegro come singolo. L’ho scritto in preda a un sentimento di gratitudine per quello che mi era successo, per quest’opportunità che ho avuto con la musica e in questo pezzo mi prometto di non sprecare quest'opportunità e di essere nel futuro quello che sto provando ad essere ora nel presente. Il ritornello è molto free, non c’è tanta pesantezza nella scrittura come nel singolo precedente Wasted. Così si può essere spensierati e non servono neanche parole per sentire la musica.

In tutti e tre i tuoi singoli c’è un tema ricorrente: il tempo. Ho letto che Wasted è nata da una riflessione su una lezione in classe su Pascal.
Non è premeditato. Non penso “ah ok, ora parlo del tempo", però mi rendo conto anch’io che è una costante. Rifletto spesso sugli anni: io quest’anno ho fatto 19 anni - lo so che sono piccola, però mi sembra ieri che ne avevo 14. Ho finito il Liceo e ho detto “Oh mio dio, non è possibile!” [ride] Pensavo a quando il primo anno pensavo “Chissà come sarò quando finirò la scuola” ed eccomi qua. Questo tempo che vola... più si cresce e più si ha la percezione di ciò.
Quali sono le tue principali influenze musicali? Sia i dischi che hanno segnato la tua crescita, sia quelli che magari ti hanno ispirato per la scrittura di questi pezzi.
Ho passato notti insonni ad ascoltare Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd e anche molto i Nirvana con In Bloom e un sacco di musica di questo genere, forse un po' più vecchio, vecchiotto ecco.
Non è assolutamente scontato per una ragazza della tua generazione.
Eh sì, io ho avuto la fortuna di avere mamma e papà che avevano questa grandissima passione per la musica e mi hanno trasmesso tutto il loro bagaglio. Quindi diciamo che quando ero piccola non mancava mai la loro musica, anche magari di un secolo precedente. [ride]
Poi di influenze più recenti mi ricordo che nel 2009 andava fortissimo l’hip-hop e popstars come Rihanna, Britney Spears, Lady Gaga. Sicuramente un taglio netto che ha segnato un momento della mia vita è stato quando ho scoperto Eminem, lì poi mi sono interessata al rap ed è iniziata una lunga fase.
Con quale album lo hai scoperto?
Quando ero piccola piccola, verso i 9 anni, mio cugino mi regalò un cd di Eminem che era Curtain Call. Dopo aver sentito quello mi presi Encore e da lì iniziai con questo ascolto e poi passai subito al rap italiano: Sintomi di Fine Millennio di Uomini di Mare, Fabri Fibra. Ho ascoltato solo quello per un anno praticamente. [ride]
Sei già stata definita da buona parte della stampa italiana come la Billie Eilish nostrana. Come ti fa sentire questo paragone?
Onestamente non può che rendermi contenta: lei è una grandissima artista. Io penso che personalmente sia un po’… Il fatto è che questo paragone l'hanno fatto con l'uscita di Carillon e comunque penso sia un po' azzardato. Dal punto di vista musicale Carillon è molto diversa rispetto alla musica di Billie, quindi capisco magari questo accostamento di stile, di età, ma per il resto non penso.
Probabilmente questo paragone è stato facilitato anche dall’artwork stesso, dove tu sei un angelo con le ali in fiamme, un’immagine simile a quella di Billie nel video di all the good girls go to hell.
Sì, sì.
Magari questo ammiccamento è stata una scelta dei tuoi discografici.
No, in realtà non era una reference! C’era un concept dietro: Lauro era l’angelo buono che mi dava la luce. Ovviamente poi il paragone con lei non può che farmi piacere: lei è grandissima.
Hai citato Achille Lauro ed era inevitabile una domanda anche su di lui. Ti chiederei appunto come è nata la collaborazione con lui e con Boss Doms.
Allora Lauro l'ho conosciuto alla villa del manager che mi aveva chiamato e mi aveva detto: “Vieni qua, facciamo un po' di ascolti e sentiamo un po' di roba che hai fatto”. E mi trovai per sorpresa Lauro, infatti non sapevo che ci sarebbe stato anche lui. E praticamente abbiamo sentito un po' di canzoni che avevo fatto e quando è partita Carillon ha detto “No, bellissima! Questa la voglio un attimo rimodellare, ritoccare”. Ha detto insomma che gli avrebbe fatto piacere renderla ancora più bella e fare anche lui una strofa. E quindi da lì è nata questa idea che poi grazie a Dio si è portata avanti ed è uscita Carillon. Naturalmente con la collaborazione di Doms, perché ovviamente venivano in due.

L’avete registrata a Milano o giù da te a Matera?
La cosa buffa è che io l'avevo già registrata. Quindi la voce che c'è nell'ultima versione di Carillon, io l’avevo fatta nel garage di un amico tempo fa, invece Lauro penso l’abbia registrata a Milano e poi mi ha mandato le voci.
Una delle mie domande verteva anche sul fatto se avessi già in programma di trasferirti a Milano, essendo il centro della musica in Italia.
Ho fatto proprio un sogno l’altra sera dove mi trasferivo a Milano! [ride]
Ormai è una costante, ci penso ogni giorno. Comunque mi devo trasferire lì: c'è tutto, c’è la sede della Warner, della MK3 . E anche per le comodità e per le collaborazioni: i producers sono a Milano. È più comodo.
Tu sei sia madrelingua inglese che italiana: a livello compositivo, ti è più facile scrivere in una lingua rispetto all’altra?
In realtà dipende, perché ci sono quei pezzi nei quali sento proprio: “questi devono essere in italiano”, e dove mi viene proprio fluido scrivere in italiano. Invece, altri pezzi non riesco neanche a immaginarli in italiano e mi viene liscio in inglese. Quindi diciamo che un po’ dipende. Tristemente, io mi sento più a mio agio a scrivere magari cose più personali in italiano, perché è comunque la lingua in cui ho studiato le figure retoriche, la letteratura e tutte queste cose.
Per una sfera più interiore uso l'italiano: come si potrà anche notare in Wasted, perché quando scrivo le cose più intime, le butto giù quasi come poesia, come un flusso di coscienza, uno sfogo. Così come quando c'è da sputare come nel rap. Invece, per i ritornelli e le cose più melodiche mi viene più naturale usare l'inglese.
Anche perché la cosa che colpisce molto ascoltandoti, è il fatto che risulti credibile già da subito in una lingua che nell’altra. Stai già sognando di sfondare all’estero?
Sì assolutamente, sarebbe un traguardo enorme e non riesco nemmeno ad immaginarmelo ora. Però, comunque, penso che il fatto di poter entrare a contatto, magari grazie anche all’inglese, con un pubblico in Inghilterra, in America, in Canada, ovunque… mi riscalderebbe il cuore, perché vuol dire che la mia musica verrebbe veramente apprezzata.
Molto raramente degli artisti italiani riescono a sfondare nel mercato anglofono, perché la barriera linguistica rimane evidente. Tu invece essendo bilingue non avresti assolutamente questo scoglio.
Lo spero, anche per avere modo di collaborare con altri artisti, capire un po' anche il background musicale e le influenze degli altri artisti in giro per il mondo. Alla fine noi in Italia ci conosciamo un po’ tutti. [ride] Le influenze qui magari si seguono molto di più: c’è quel genere che va di moda, e un po’ tutti vanno verso quel genere. Sarebbe figo spaziare in tutti gli ambiti.
Raccontaci dei tuoi inizi musicali a Matera. Com’è nato il tuo rapporto con la musica?
È una domanda difficile. Ci ho pensato tante volte a quando sia iniziato il mio rapporto con la musica, ma penso sia una cosa innata, come come quando uno è portato per lo sport. Non riuscirei a dare un punto d’inizio. Quando ero piccola mi prendevano in giro chiamandomi “Technohead”, perché ero nel passeggino, non capivo ancora niente, ma muovevo la testa a tempo, stile techno. [ride]
Penso che sia una cosa che ho dentro. Poi per cinque anni, durante tutte le elementari, da quando tornavo da scuola fino a quando non mi portavano ad andare a dormire, cantavo karaoke, di tutto e di più: stavo tutto il pomeriggio a cantare e provare. Così ho iniziato ad imparare a gestire anche la mia voce. Tutto per passione. Poi ho fatto un po' di lezioni di canto, però ti devo dire la verità: un po’ mi dava fastidio, perché mi dicevano loro cosa dovevo cantare e come farlo. E io dicevo “no!”, perché se lo faccio, amo farlo e non per avere dei compiti a casa. [ride]
Quali sono i tuoi obbiettivi sul breve termine? Ci sono date live all’orizzonte per i prossimi mesi (Covid permettendo)?
Il problema è che sto notando che ora stanno risalendo i contagi. Dobbiamo vedere un attimo come andranno effettivamente le cose. Qua le discoteche sono aperte, ma si parla di non riaprire le scuole. Non si capisce granché. Quindi per quanto riguarda concerti, tour e cose, io posso solo sperare che il più presto si faccia qualcosa, però poi effettivamente nella praticità non posso dare niente per scontato.
Per il 2021 pensi che ci possiamo aspettare il tuo debut album?
Sì, sì. Non vedo l'ora ovviamente. Magari anche per dare un po' più un’idea generale.
Anche perché suppongo che alcuni di questi singoli saranno contenuti nel disco.
Assolutamente sì.
Ora ti faccio una domanda molto nazionalpopolare: partecipare al Festival di Sanremo è uno dei tuoi obiettivi?
Sanremo l’ho seguito sul serio solo negli ultimi due anni, anche perché si avvicinava alla mia generazione con Lauro, Rolls Royce, eccetera. Credo allo stesso tempo che sia il festival della musica italiana, e quindi nel momento che provo a lanciarmi sul mercato internazionale, sarebbe un po’ ambiguo per il Festival del Musica Italiana avere un’artista che canta in inglese.
Quindi possiamo dire che il tuo obbiettivo e della tua etichetta è quello di farti crescere ed esplodere all’estero più che in Italia, giusto?
Assolutamente sì. Però allo stesso tempo non si preclude niente, se le opportunità vengono si devono cogliere e basta.
Chiudo con una domanda che non c’entra nulla, ma visto che abbiamo parlato di Eminem e di Sanremo è doverosa: hai mai visto la sua esibizione al Festival?
No! Eminem a Sanremo?!
Sí esatto, lui con i D12: uno dei momenti più cringe della televisione italiana.
No vabbè! Adesso corro e me la vado a vedere [ride]