07 agosto 2019

È una marcia in più essere “fuori moda”: intervista a La Municipàl

Quest’estate al parco Metelli di Palazzolo sull’Oglio (BS), dall’11 al 14 luglio non poteva mancare l’appuntamento con Resta in Festa, festival musicale giunto ormai alla sua sesta edizione. Sabato 13 luglio arriviamo giusto in tempo per gustarci dell’ottimo cibo (chapeau in particolare a chi si occupava delle patatine fritte: spaziali!) e una birretta fresca, poi ci avviciniamo al palco.

Questa sera abbiamo un palco indie pop d’eccezione: in apertura ai Canova si esibiscono Isabella e Carmine Tundo, i due fratelli salentini che compongono La Municipàl, gruppo indie pop nato nel 2013 a Galatina, in provincia di Lecce. La sintonia esistente solo in un rapporto di sangue come quello tra fratelli emerge con chiarezza nella loro performance. Sguardi d’intesa, la testa di Carmine che ogni tanto si appoggia sulla spalla di Isabella come se in quel contatto fosse nascosta una comunicazione segreta, a un livello profondo ed accessibile solo a loro due.

Propongono alcuni brani del loro primo album (Le nostre guerre perdute, 2016) e il pubblico risponde bene: c’è chi canta a squarciagola e chi invece ascolta incuriosito, chi immaginandosi, chi immedesimandosi in quell’«altra persona in Via Lecco uno» (Discografica Milano), in quel ragazzo dalle «occhiaie verdi e dalle notti da Verona a litigare con i mostri» (“L’universitaria fuorisede), ma anche in qualcuno nato nel secolo scorso, che guarda con nostalgia a quegli anni in cui «Sarajevo era in guerra e la Lira profumava di big bubble e jeans» (George).

Le canzoni del loro ultimo album (Bellissimi difetti, 2019) non sono da meno per quanto riguarda il riscontro positivo del pubblico, soprattutto quella che dà il nome all’album stesso, preceduta da un breve spunto di riflessione: un invito ad accettare e imparare ad amare i nostri difetti che sono poi quelli che ci rendono unici e quindi bellissimi. Il concerto si chiude con una delle canzoni più sentite nonché il loro primo singolo, Via Coramari, che ci fa battere le mani a tempo del ritmo accattivante di quel «ti sposerei domani in via Coramari».

Dopo il live li abbiamo incontrati per scambiare due chiacchiere sul loro progetto.

La prima domanda è per Carmine e riguarda il tuo progetto solista: è molto diverso da La Municipàl, oserei dire molto più cupo. Da cosa nasce l’esigenza di esprimerti anche in questa maniera così diversa?

Carmine: io ho diversi progetti, ho anche una band in cui suono la batteria. Ogni progetto è un lato diverso della stessa medaglia; ho racchiuso la mia parte più romantica ne La Municipàl, quella più cupa in Carmine Tundo, ancora, quella più animale in Nu-Shu, dove appunto suono la batteria. Sono tutti i miei lati della personalità, che coesistono anche nella musica. In un disco più sperimentale come quello di Carmine Tundo posso fare veramente quello che voglio, posso uscire dalla forma canzone, che invece è la base su cui si fonda La Municipàl.

Parlando invece con te, Isabella: ti seguo sui social e so che tu sei un medico. Come sei riuscita a gestire, a livello sia di tempo che di energie, due carriere così impegnative?

Isabella: quello che ho sempre cercato di fare, soprattutto mentre studiavo, è sempre stato considerare la musica e lo studio due linee parallele, non sovrapponibili. Per me il palco era un modo per far uscire una parte un po’ più vera e spensierata, che invece era un po’ rinchiusa durante il periodo di studio, che era la parte più razionale di me. Ora che invece lavoro, la questione è diversa perché si tratta di organizzare le tempistiche: ovviamente c’è Carmine che si occupa di tutta l’organizzazione riguardante La Municipàl, quindi per me resta come parte fondamentale quella del tour, che è anche la più delicata visto che richiede tanto tempo, siamo sempre in viaggio. Bisogna considerare anche le tempistiche del viaggio in sé, i chilometri che facciamo partendo da giù. Comunque sì, è così che le ho sempre gestite: quando studio non penso alla musica, quando suono non penso che domani ho un esame (ride)! Dico così perché è successo davvero.

Com’è essere colleghi tra fratelli?

Carmine: in realtà abbiamo un equilibrio giusto, tranne magari per quanto riguarda la condivisione della camera e il dormire insieme: io sono sonnambulo e lei si deve sorbire tutte queste cose. Anche la nostra squadra di musicisti e amici che abbiamo con noi ci aiuta, è la nostra grande famiglia, e come in ogni famiglia ci sono degli equilibri che si creano, specialmente quando andiamo in tour. Siamo felici di fare quello che facciamo, e non si creano mai degli intoppi quando suoniamo live, visto che il discorso artistico viene prima, ed è già elaborato. Sicuramente è meno facile per Isabella, anche perché è l’unica donna con cinque maschi.

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Come si sviluppa il vostro processo creativo?

Carmine: sicuramente nasce dall’esigenza ben precisa di comunicare qualcosa. La maggior parte dei brani, soprattutto per quanto riguarda il primo album, è dedicata a qualcuno: io avevo proprio il vizio di regalare il CD alla persona in questione, infatti il primo disco e il primo video erano dei regali per la mia ex, e da lì poi è partito il progetto. Inizialmente non scrivevo pensando ad un ascolto esterno, infatti molti brani sono intimi e parlano di cose mie, personali, che dall’esterno non si riescono a cogliere. Il bello però è che ognuno può dare il proprio punto di vista, e può far suo ciò che canto.

Il vostro singolo I tuoi bellissimi difetti parla appunto di accettare e amare le proprie imperfezioni: nel mondo di oggi, in cui regnano i social, questo concetto mi sembra molto contrastante, visto che nonostante si parli spesso di body positive, di accettazione e parità sessuale, i filtri e le modifiche alle foto che postiamo sono all’ordine del giorno. Voi come usate i social? Come li vivete, al di là dell’uso professionale del vostro profilo ufficiale?

Isabella: in realtà li usiamo il minimo indispensabile, da parte di entrambi non c’è accanimento, a parte il contatto con i fan che ci fa piacere. A livello personale tentiamo di utilizzarli in modo sano perché sta diventando veramente un modo malato di vivere le relazioni con l’altro: spesso magari ci si segue, ci si visualizza le stories, ma quando ci si incontra dal vivo non c’è confronto. Inoltre siamo tutti più complessati perché ci sparano ogni giorno delle figure perfette, quando in realtà bisogna comprendere che la perfezione non esiste, e dietro ad essa ci sono ore di lavoro di grafici che fanno proprio quello, ci sono filtri creati appositamente. Per questo bisogna conoscersi e apprezzarsi per come si è.

Sempre a proposito di questa canzone, ascoltandola ho notato che parlate spesso di stagioni, di estate e inverno: «mi fai sentire sempre in estate anche se l’estate mi ucciderà», e ancora «chissà se arriveremo vivi al nuovo inverno». Questo tema torna in più di una canzone: è una metafora che usate per esprimere altro?

Carmine: sicuramente sì, l’estate porta con sé l’andare al mare, spogliarsi… personalmente sono una persona poco solare, molto chiusa e anche solitaria, quindi fosse per me vivrei solo di notte. È una metafora che ha a che fare anche con la solitudine, con quella spensieratezza che è molto distante da me, e che io identifico con l’estate. L’inverno invece è un momento in cui stai bene con te stesso, ti senti più forte, protetto dalle tue mura. L’estate, essendo incontro con l’altro, fa sentire più vulnerabili, però allo stesso tempo ti fa vivere. Tutti i brani de La Municipàl sono come delle piccole psicanalisi in cui affronto alcuni miei problemi per cercare di risolverli.

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Sono curiosa: quali sono le vostre maggiori influenze musicali?

Isabella: io e Carmine abbiamo dei gusti musicali affini, questo deriva forse dal fatto che in casa l’ascolto era comune, non c’era tantissima cultura musicale, quindi magari erano sempre gli stessi i dischi che ascoltavamo. Nell’ultimo disco c’è un richiamo a David Bowie, con Major Tom, anche ai Beatles.

Carmine: anche Yann Tiersen, e altra musica strumentale, ad esempio Hans Zimmer, però non direi che influenzano l’album, quello proviene da un’esigenza personale. Quando sono a casa comunque noto che ascolto soprattutto musica strumentale, così il cervello può perdersi nell’immaginazione senza essere influenzato dal testo, e ciò è molto bello, soprattutto quando si parla di autori di un certo livello. Mentre li ascolti sei dentro ad un tuo film, ti crei le tue immagini: per questo resto sulla strumentale, almeno in questa fase della mia vita.

È già il secondo anno che vi esibite al concertone del Primo Maggio: avete qualche aneddoto divertente da raccontarci, escludendo il fatto che vi hanno rubato gli strumenti?

Carmine: (ride) stavano per picchiare il chitarrista perché voleva conoscere Noel Gallagher! Cercava di arrampicarsi per poterlo vedere, è stato la vergogna di tutti noi. C’erano tutti quelli della sicurezza e noi facevamo finta di non conoscerlo!

Isabella: sotto la pioggia, perché diluviava (ride).

Carmine: sì, abbiamo anche questo ricordo molto bello di noi a cantare sotto la pioggia dietro il maxischermo. È stata una giornata sia bella che brutta, ma alla fine quando ci sono queste emozioni così contrastanti, le vivi anche in maniera amplificata.

Isabella: alla fine ce ne siamo andati in mezzo al pubblico, davanti al palco, ci siamo goduti il concerto e abbiamo respirato un po’. È un bel ricordo.

Si sentono spesso, da ragazzi che vivono al sud, lamentele sul fatto di sentirsi esclusi e lontani dalla scena musicale italiana. Voi arrivate dalla provincia di Lecce: qual è stata la vostra esperienza come artisti in primis ma anche come fruitori della musica, e da cosa deriva la vostra scelta di non trasferirvi a Roma o Milano, come hanno fatto invece tanti vostri colleghi?

Carmine: io sono dell’opinione che la diversità è sempre una ricchezza, quindi essere del sud ovviamente ti penalizza a livello pratico: penso ai chilometri che dobbiamo fare ogni volta, o anche al giro di amicizie che ti puoi creare in una città come Roma. Però, per come la penso io, meglio essere l’unico, piuttosto che essere il ventesimo romano che è amico di quello o quell’altro. Le amicizie e le conoscenze ci possono stare, ma tu devi portare in giro la tua storia, che è unica, ed è per questo che è una marcia in più essere “fuori moda”, provenire da un’altra realtà. Sicuramente fai molta più fatica per essere considerato, ci vuole più tempo, perché sei lontano dai circuiti dell’hype, una parola orribile che cerco di non usare mai. Questo però può comunque spronare, perché devi comunque scrivere buona musica, avere un rapporto con il pubblico tale per cui si possa affezionare a te a prescindere da quello che va di moda, perché se una canzone fa cagare, l’hype non fa miracoli. Quindi sì, è un percorso molto più lungo ma anche molto più sano, quello di partire dal basso, in questo caso anche geograficamente (ride).

Anna Signorelli e Federica Bravi x Futura 1993: il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro. Seguici su Instagram, Facebook e sulle frequenze di RadioCittà Fujiko, in onda martedì e giovedì dalle 16:30.