09 novembre 2023

La musica come terapia: intervista a Oscar Lang

La semplicità, il coraggio e la schiettezza di Oscar Lang ti disarmano mentre ci parli. Il suicidio della madre quando era bambino, la rottura con la sua fidanzata e la recente depressione sono tutti temi di cui ci tiene a parlare. D'altronde, sono i pilastri fondanti del suo ultimo album Look Now: un disco che è un virata decisa dal precedente Chew The Scenery, caratterizzato da chitarre elettriche e un'identità ancora acerba. "Penso di aver trovato finalmente la mia vera voce con questo nuovo album" mi dice durante la nostra chicchiareta su Zoom. E così, queste ballad al pianoforte gli sono servite da terapia per la sua vita privata, diventando per lui un modo per esorcizzare la recente rottura con la fidanzata e i traumi passati. È un fiume in piena e mi racconta di tutte queste cose, ma anche di come ha conosciuto a scuola beabadoobee, con la quale collabora da allora, e tanto altro.

Ecco cosa ci siamo detti.

Oscar Lang Look Now artwork 2023
Oscar Lang - "Look Now" (2023)

Look Now è un album molto diverso dal tuo disco d’esordio. Una differenza che si nota subito già dai rispettivi artwork: in questo ci sei tu al piano, in quello precedente sei alla chitarra. È stata una direzione che avevi deciso fin da subito?

È quello che ho deciso una volta che l’album era pronto. Non avevo deciso a tavolino di fare un album di ballad. All’inizio la direzione che avevo scelto era più indie pop, ma poi ho dovuto affrontare la rottura con la mia ragazza, e ho iniziato a scrivere queste ballate d’amore. Amo sedermi al piano e scrivere questo tipo di canzoni. E penso che l’artwork lo faccia capire molto bene.

Pensi di aver trovato davvero la tua vera identità musicale? Come se prima a livello vocale cercassi di essere qualcuno che non eri?

Sì, agli inizi provavo a essere decisamente qualcun altro: ai tempi ascoltavo tantissimo Mac DeMarco e volevo suonare come lui, al punto di arrivare quasi a cambiare la tonalità della mia voce. Ma questo album ha solo canzoni che sono il vero me.

La tua ex ti aveva chiesto di non scrivere canzoni esplicite sulla vostra rottura. Tu però l’hai fatto lo stesso con A Song About Me. Alla fine sai se abbia sentito la canzone?

L’ha ascoltata ed è andato tutto bene. Avevo paura che non l’avrebbe presa bene, ma le è piaciuta. Alla fine sono tutte canzoni che parlano di come mi sentivo io durante questa rottura, non c’è niente contro di lei. Il fatto è che quando mi aveva detto di non scrivere una canzone su di lei, ho capito subito che quello era un ottimo spunto per una canzone.

Nell’album si sentono molto le tue influenze britpop. Che musica ascoltavi da bambino?

È strano perché ci sono diverse risposte. È iniziato tutto con mia mamma che mi aveva fatto scoprire questa band chiamata The Feeling, e sono stati la prima band di cui mi sono innamorato, avevo solo 6 anni. E la loro musica era a sua volta influenza dai Beatles. Dopotutto sono convinto che in qualche modo ogni canzone alla fine riporta sempre ai Beatles. Basta pensare al britpop, agli Oasis… Poi sicuramente sono cresciuto tantissimo anche ascoltando artisti come Elton John, Billy Joel: grandi classici.

(c) Jono White

Con On God tocchi tematiche estremamente dolorose e personali come il suicidio di tua madre. Se te la senti, ti andrebbe di parlarcene?

Sono più che felice di parlarne. Questo album è stata la prima volta che mi sono aperto riguardo al suicidio di mia mamma. Ovviamente è stato un periodo durissimo per tutta la famiglia. Io ero piccolo, e da bambino non ti rendi tanto conto di quel che ti sta succedendo quando accadono tragedie del genere. Sono riuscito a crescere non pensandoci troppo, certo c’erano periodi in cui ero triste, ma non era niente di insormontabile. Poi l’anno scorso, quando mi sono lasciato con la mia ex sono entrato in depressione per almeno 6-7 mesi. Ed è stata la prima volta in tutta la mia vita che ho sentito davvero la mancanza di mia mamma. Volevo solo poterla vedere ed abbracciare. E questo ha profondamente influenzato tutta la stesura del disco. Sono veramente contento di essere riuscito a scrivere un pezzo a riguardo che abbia un significato universale, che possa valere per più persone e non solo per mia madre.

Anche affrontando quest’argomento da un punto di vista più “universale” e meno personale, non è stato comunque molto difficile per te?

Non sto cercando la commiserazione di nessuno. Sono cresciuto con amici che facevano fra di loro le classiche battute sulle mamme, e poi si ammutolivano non appena si rendevano conto che ero lì con loro. Questo è stato il momento giusto per iniziare a parlarne. E come ho detto prima, sono felice di esserci riuscito senza cadere nel melenso, ma attraverso gli occhi di chi ha perso una persona e si chiede se la rivedrà mai un giorno, per mezzo di Dio o di un’altra entità superiore.

Credi in Dio?

Direi che sono un agnostico. Credo che nessuno abbia prove per dimostrare la validità di una religione rispetto a un altra. Io non credo a niente di specifico, ma mi piacerebbe tanto un giorno poter rivedere tutti i miei cari. 

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Hai registrato questo album a Liverpool in una stanza affittata in inverno. Com’è stato?

In generale le città inglesi del nord sono tutti posti dove non vorresti mai passare l’inverno (ride, ndr). Ho registrato tutto in questa minuscola stanza a Liverpool. Il mio album precedente l'avevo registrato in questo grandissimo studio di registrazione e a questo giro mi sembrava un po’ troppo. Volevo tornare agli inizi, quando registravo nella mia cameretta. Questa stanza non aveva nulla, non era isolata acusticamente né niente: era una semplice stanza.

Nel corso della tua carriera c’è un fil rouge fra musica e videogiochi. Ho letto che hai iniziato a suonare da piccolo, proprio perché eri entrato in fissa con Guitar Hero. E qualche anno dopo, il tuo brano Apple Juice è finito su Fifa. Dev’essere stato un gran momento per te.

È stato veramente figo: è stata la prima volta in assoluto che la mia musica raggiungeva un punto di diffusione così grande. All’inizio non ci credevo, non mi sembrava vero. Tuttora è una cosa grandiosa per me. Adesso non gioco spesso ai videogiochi, ma sono cresciuto giocando a Fifa e ho ascoltato tutte quelle playlist leggendarie. Sapere di farne parte è una sensazione assurda. Mi ricordo ancora quando stavo facendo una partita con un’amico, e all’improvviso è partita la mia canzone: sono rimasto sconvolto. Direi che il mio prossimo sogno sarà finire nella colonna sonora di GTA! (ride, ndr)

Anche se probabilmente, quando si tratta di musica, nemmeno GTA batte FIFA. Non trovi?

È difficile da dire, perché negli ultimi anni FIFA non è più così tanto popolare come una volta. Per me il periodo d’oro di FIFA arriva al 2016. Per quanto riguarda GTA, se ne uscisse uno nuovo ora, sicuro sarebbe super influente.

So che A Song About Me è stata prodotta da Rich Turvey (The Coral, Blossoms, ndr). Le altre invece da chi sono state prodotte?

Quasi tutto l’album è stato prodotto da me e Rich, fianco a fianco. In generale i pezzi dove senti un’impostazione più tradizionale da band sono stati prodotti da lui, mentre quelli più sperimentali da me. Siamo sempre stati noi due insieme in una stanza: ogni volta che registravo una demo lui c’era. Mi ha aiutato a costruire i brani e magari con qualche verso qua e là. Soprattutto ha reso bello il sound generico, cosa che non sarei stato in grado di fare da solo.

Prima di firmare per la Dirty Hit hai prodotto un po’ di canzoni, soprattutto per Beabadoobee, di cui sei anche amico. Sapevi fin da subito che avresti voluto fare l’artista o te ne sei reso contro producendo per altri?

Non penso sia stata una scelta razionale, tutto il puzzle si è incastrato nel modo giusto per caso. Avevo conosciuto Bea (Beabadoobee, ndr) tramite amici comuni a scuola. Abbiamo cominciato insieme i nostri percorsi e fra noi c’è stato fin da subito un rapporto fra compagni di scuola, più che “sono un’artista che ha bisogno di un produttore”. Mi aveva detto che voleva registrare, e io avevo un microfono e una chitarra. E così passo dopo passo sono diventato un produttore autodidatta. Ma comunque avevo già iniziato a scrivere musica per i fatti miei, sapevo già che era quello che volevo fare un giorno. Sono diventato un produttore per caso, perché sapevo creare suoni, cosa che adesso riesco anche a godermi, ora che ho anche studiato. In questo periodo sto producendo l’album di Molly Payton e mi sento finalmente a mio agio come produttore. Non vedo l’ora di fare nuove cose.

Hai in programma di venire a suonare anche in Italia?

Mi piacerebbe tantissimo. Dipenderà dalla domanda ovviamente: è un tale incubo fare tour in Europa per colpa della Brexit. Io vorrei suonare in giro più che posso, quindi spero tanto di venire anche in Italia. E se così non fosse, spero di venire come opening act di qualche altro artista.

Se potessi scegliere, chi ti piacerebbe aprire?

I Lemon Twigs, una delle mie band preferite in assoluto. Sono un loro grande fan da anni e il loro ultimo album è incredibile. 

E riguardo ai tuoi compagni di etichetta, a parte Beabadobee, con chi ti piacerebbe collaborare?

Ce ne sono tanti! La Dirty Hit è incredibile e mi sento molto fortunato a farne parte. C’è un'artista in particolare, si chiama Pretty Sick: lei è veramente molto brava e la musica che sta facendo è incredibile. Mi piacerebbe collaborare con lei un giorno. E con i Wolf Alice! Mi piacerebbe tantissimo fare qualcosa con loro.

Oscar Lang promo photo 2023
(c) Jono White