C’è Marcus Mumford che corre come un pazzo per il parterre dell’Unipol Forum, si arrampica sugli spalti e li attraversa correndo, continuando a cantare Ditmas come se niente fosse. Intorno, migliaia di fan impazziti. Questa è sicuramente una delle tante immagini che rimangono impresse del ritorno dei Mumford & Sons a Milano.
Una scena che è ormai diventata un rito del tour attuale, così come quello di far salire sul palco a un certo punto della serata un fan che faccia da interprete al frontman e traduca in italiano le solite frasi da rito. Un momento che crea leggerezza e salda ancora di più il rapporto fra la band inglese e il suo pubblico, concerto dopo concerto.

C’è un’energia nella musica e nelle esibizioni dei Mumford & Sons che è difficilmente spiegabile a chi non ascolta musica folk, un genere spesso bistrattato e preso per il culo da molti. Liam Gallagher qualche anno fa aveva definito la band londinese come "un gruppo di Amish, intenti a mangiare zuppa di lenticchie con le maniche arrotolate al gomito". Ma si sa, a Gallagher piace spararle grosse fin da sempre. Non sappiamo se nel loro backstage ci fossero effettivamente zuppe di lenticchie, ma quello che è certo è che Marcus Mumford e soci riescono a far ballare e saltare migliaia di persone dal vivo, con delle esibizioni impeccabili e una discografia che ormai parla per loro.
La voce del frontman non la scopriamo certo oggi e dopo tutti questi anni non fa che altro che confermarsi una delle migliori della scena. I pezzi, la maggior parte dei quali dai due album di maggior successo della band, ossia Sigh No More e Babel, vengono cantati spesso a squarciagola e Marcus Mumford non fa che alimentare quel fuoco, muovendosi da una parte all’altra del palco, avvicinandosi alle prime file, continuando a parlare fra una canzone e l’altra, per ringraziare, scherzare o per far partire l’ennesimo battimani.

L’Unipol Forum ha delle lunghe luminarie che penzolano dal tetto, e che fanno sembrare il palazzetto come un’enorme balera, dove a differenza del liscio, si balla sulle note di pezzi come Little Lion Man, Lover of the Light, The Cave e tantissime altre.
Ci sono momenti più intimi poi, come quando la band scende dal palco, percorre a piedi tutto il parterre per salire su un piccolo mini stage vicino al mixer, in modo che anche chi sta in fondo possa godersi qualche canzone in prima fila. Non mancano nemmeno gli effetti pirotecnici: come quando partono delle vere fiamme su Truth o quando viene lasciata cadere dal soffitto una fontana di scintille luminose durante The Wolf.
Non mancano nemmeno i ringraziamenti ai Vaccines, che avevano aperto le danze con il loro indie rock spensierato (e che torneranno a suonare ai Magazzini Generali di Milano il 24 aprile 2026).

A inzio encore c’è un bellissimo momento dove il trio canta Timshel con un solo microfono per chitarra acustica e voci e per farlo c’è chiaramente bisogno del silenzio di tutto il pubblico. “Vi ringrazio per essere venuti qui, ma adesso per favore chiudete quella cazzo di bocca” dice Mumford tra il serio e il faceto. E così accade, con tutto il forum che ascolta questa versione intima, intervallata solamente dal sibilio del sistema di aerazione del Forum.
C'è ancora tempo per qualche altro pezzo, tra cui l'immancabile I Will Wait, prima che la band si congedi sulle note della nuova Conversation With My Son (Gangsters & Angels) (tratta dal nuovo album Prizefighter in uscita febbraio 2026). Si accendono le luci, la band saluta e così pian piano il Forum si svuota e il calore portato dai Mumford & Sons si disperde nel gelo della notte di Milano.
Fotogallery del concerto a cura di Renato Anelli.