01 dicembre 2025

Il corpo e la musica secondo Lorde a Bologna per l'Ultrasound World Tour

It’s so confusing sometimes to be a girl, ma stasera no, sul palco dell’Unipol Arena di Bologna in questo Ultrasound World Tour una Lorde 29enne sembra finalmente aver trovato la propria dimensione, in uno show cucito su misura attorno alla potenza lombare di Virgin, il suo ultimo album. Tra raggi laser e sudore mischiato ai brillantini argentati, l'artista neozelandese ricuce in questo tour il rapporto tra musica e corpo, uscendo dal bozzolo in cui per anni si era rifugiata, lasciandosi spesso percepire come insicura, fragile a tratti nevrotica, la prima hater di se stessa. Adesso non più: è troppo concentrata a ballare.

Nel gelo e nella nebbia padana di inizio dicembre il pubblico che si incanala con noi verso l’astronave architettonica fuori contesto, nota anche come l'Unipol Arena di Casalecchio di Reno, è internazionale e molto grunge: sentiamo chiedere informazioni su una mitologica navetta che dovrebbe condurci fuori città in accenti che vanno dal greco al tedesco. Italianissima è invece la ragazza che sfrutta tutto il tragitto per raccontare all’amica gli ultimi sviluppi della rocambolesca relazione di amore e dispetti tra lei e il suo coinquilino, neanche a farlo apposta, ricorda tantissimo quello che negli ultimi anni si è detto del rapporto tra Lorde e il producer Jack Antonoff dietro al quale si celerebbe il vero significato dell’enigmatica Green Light. La canterà verso la fine con una grinta inedita, forse non tutti i gossip vengono per nuocere, qualcuno anche per migliorare le performance.

Il primo laser della serata taglia il buio fino al centro del palco pulsando al ritmo di Hammer, il concerto sta iniziando. Nella penombra appaiono i riccioli neri della popstar appoggiati sulla t-shirt rossa mentre lei si dimena dandoci ancora timidamente le spalle: se la presenza fisica è ritrovata, rimane pur sempre frammentaria, e un gioco di vedo-e-non-vedo e inquadrature parziali sarà il filo rosso che guiderà i visuals della serata.  Se lei è frontale il megaschermo la proietta di spalle, se sta ballando possiamo vederne solo una striscia con il pezzo di corpo che vi rientra dentro.

Si toglie subito dai piedi Royals, il tormentone elefante nella stanza che le ha regalato la fama planetaria è il secondo pezzo in scaletta. A posteriori si dice che questo pezzo abbia dirottato le sorti del pop nel 2013, in Italia passò moltissimo e quasi subito in tutte le radio mainstream: incredibile pensare a quanto eravamo avanguardisti all’epoca rispetto alla capacità odierna di accogliere novità. Insieme a Virgin, Pure Heroin è l’album che in questo tour è più rappresentato, a testimonianza di una certa complementarietà tra i due lavori, che si assomigliano musicalmente ma rappresentano anche il punto di partenza e un primo punto di arrivo. Per Buzzcut Season e Ribs il pubblico è in visibilio e lei si mostra molto più affezionata.

Sugli scatti di Broken Glass inizia il rito di svestizione e rivestizione: la cintura di cuoio si slaccia e rimanendo dentro la fibbia c’è una mano che la tira, in un gesto provocatore che non riesce a non farmi pensare ad America di Gianna Nannini. Dei pantaloni rimarranno dei boxer da uomo, poi il completino da ginnastica con cui correrà sul tapis roulant di Supercut, perfetta metafora del ritentare all’infinito un percorso per essere vincenti, ma solo nella propria testa. “Bologna! I’m thirsty!” e parte un piccolo momento pubblicitario della borraccia cangiante che tiene come foto del profilo (è in vendita? È un pezzo unico e lo troveremo all’asta? Siamo troppo presi dallo show per informarci).

Il focus è sull’ombelico durante GRWM, il movimento è sensuale e rallentato, la vediamo spalmarsi della purpurina argentata sul ventre mentre la fa già brillare uno strato di educato sudore. Siamo solo a 45 minuti di uno spettacolo che, a questo punto possiamo dire, è tanto musicale quanto ginnico.

Dopo un cambio look verso un reggiseno argentato si passa a uno scenario più intimista: The Louvre e Liability la costringono a tirare fuori la sua vera voce. E qui si potrebbe aprire una parentesi infinita sulla differenza tra Lorde registrata e Lorde live, che dopo averne avuto esperienza concreta riassumiamo così: no, non è la stessa cosa. Ma nel 2025 importa veramente ancora a qualcuno? Tra Hyperpop, Charlie xcx che si rifiuta di cantare senza autotune e il salto di importanza che ha fatto il ruolo del producer, se non fai il cantante folk, possiamo anche accettare che lo spettacolo dal vivo senza qualche aiutino non riesca a corrispondere alla perfezione al prodotto registrato e commercializzato. Lei durante il live non lo nasconde di certo e questo le fa quantomeno onore.

Prima di spostarsi in mezzo al parterre per la conclusione domina per l’ultima volta il palco a luci accese con la sottovalutatissima If She Could See Me Now riarrangiata in chiave pesantemente elettronica, e poi ancora, avvolta da un ologramma, Team e What Was That e Green Light, per poi provocare un’esplosione al centro della folla avvolta nella sua felpa viola, sulle note di Ribs (“our most ancient song”).

Oltre che celebrazione delle proprie ere, è una riscoperta del corpo questo Ultrasound World Tour, della capacità di esibirlo, esercitarlo, sfruttarlo, ma sempre a modo proprio, entro limiti, stabiliti e ragionati al millimetro. E tra un ologramma e l'ennesimo brillantino è entusiasmante pensare che un'artista che si chiama Lorde possa stare tra noi finalmente anche con il corpo e non solo con lo spirito.