Il racconto del live di Lil Yachty al Fabrique di Milano
Vuoi il fatto che questo live era già stato rimandato, vuoi la reputazione non proprio raccomandabile dei trapper quando si tratta di suonare in Europa: la paura di un grande flop per quanto riguarda il ritorno di Lil Yacthy in Italia era dietro l'angolo. Così non è stato.
Al Fabrique di Milano si respira un'aria particolare, il pubblico è dei più disparati: non c'è un'età precisa ma si passa dal maranza al cinquantenne attempato amante della musica. Complice sicuramente l'ultimo lavoro del rapper di Mableton in Georgia, Let's Start Here, che ha sparigliato le carte del genere.
Ad aprire le danze Jean Dawson e la sua band, un'ottima apertura che scalda il pubblico con un sound accattivante, grazie anche alla presenza di musicisti sul palco, e che strizza l'occhio al pop. Oltre al pubblico si sarà sicuramente scaldato anche lui con il suo piumino North Face in una giornata milanese praticamente estiva.
Ed ecco che addirittura in anticipo di circa 10 minuti sulla tabella di marcia sale sul palco Lil Yachty. Il pubblico, fortunatamente per il minimo indispensabile, viene scaldato da Camo dei Concrete Boys (crew dello stesso Yachty) che ci delizia con una performance quasi imbarazzante, completamente in playback, che però sembra piacere ai ragazzini presenti. Terminato questo momento cringe, la band sale sul palco e le paure spariscono.

Si parte subito con i brani dell'ultimo album come drive ME crazy!, the ride, pRETTy e The Alchemist. La musica prende il sopravvento sui preconcetti e i luoghi comuni. Difficile concepire in questi anni che un artista proveniente dalla scena trap americana possa presentarsi su di un palco con tutto l'outfit delle grandi occasioni: maglia da hockey, bandana, treccine e catene per poi cantare dei brani che strizzano l'occhio al rock più psichedelico, compassato, suonato in maniera magistrale. Il coraggio, ad un ragazzo così giovane non è mancato, stravolgendo i generi, mescolandoli per creare in parte qualcosa di unico o comunque innovativo perchè quei riff di chitarra quasi glam, che hanno fatto la fortuna di artisti come Yves Tumor e la batteria che ricorda i Tame Impala, riescono a mettere tutti d'accordo. Nessuno ci aveva mai rappato prima sopra con un pizzico di autotune.
Lo show è suddiviso in tre atti, e dopo la prima parte, più psichedelica, i ragazzini nel pubblico vogliono la trap. La band lascia il palco a Lil Yachty che si lancia in un medley di tutti i suoi più famosi brani trap come Coffin, Flex Up, Broccoli, Minnesot e c'è anche spazio per qualche brano dei suoi Concrete Boys. I cellulari si abbassano, i ragazzini saltano e pogano: era quello che stavano aspettando e Yachty li ha accontentati dimostrando di essere sul pezzo anche quando si tratta di rappare e di coinvolgere il pubblico. L'unico momento di pausa è il minuto di silenzio per l'amico Juice WRLD che qualche simpaticone sbronzo ha ben pensato di interrompere urlando frasi sconclusionate. I momenti trap sono così, volano veloci, con poche strofe, complice anche i numerosi feat che per forza di cose hanno difficoltà ad essere riprodotti durante un live.

Piccola pausa e inizia il terzo atto, quello conclusivo, la band torna sul parco e ripartono i visual psichedelici sullo sfondo. Il finale è un crescendo continuo sulle note di THE zone~ e the BLACK seminole, il ritmo sale sempre di più, le chitarre partono con degli assoli infiniti. L'unico momento di respiro è la performance della corista sull'ultimo brano: una vera e propria masterclass canora.
Un'ora e mezza di live che nonostante le paure iniziali sono state davvero all'altezza per un artista che certamente spicca nella scena e che ha dimostrato di saper fare bene in qualsiasi campo si sia messo in gioco. Lil Yachty ieri sera ha fatto vedere di sapersi togliere i panni del trapper per indossare in modo credibile quelli del frontman di una band mostruosa.
Qui sotto trovate la fotogallery del nostro Renato Anelli: