Nel mondo del cinema si dice che un film per essere buono deve essere sintetizzabile in meno di ventiquattro parole. Mi viene in mente la trama de La grande abbuffata che si può riassumere in tredici: quattro amici benestanti si riuniscono in una villa per mangiare fino alla morte. Per sintetizzare un buon concerto ne basterebbero anche meno e basterebbe spesso leggere la lineup, soprattuto quando con "grande abbuffata" non facciamo riferimento al capolavoro cinematografico di Marco Ferreri del 1973, ma alla possibilità di godersi la stessa sera artisti del calibro di Giorgio Poi, Nu Genea e Tame Impala.
La lunga serata all'Ippodromo SNAI di Milano si apre con Giorgio Poi, con la sua voce malinconica e in bilico tra nostalgia e ironia, con gli arrangiamenti raffinati e le reminiscenze di un cantautorato tipicamente anni ’80, con le stoccate al cuore e la catarsi che ne deriva subito dopo. Tocca poi ai Nu Genea, che propongono il loro consueto melting pot di musica, lingue e strumenti che si mescolano perfettamente facendoti sentire fisicamente a Milano, ma con la testa in vacanza e con i piedi a mollo nel mare partenopeo.
Ma è con l'arrivo poi sul palco di Kevin Parker che tutto il pubblico presente all'Ippodromo SNAI sale su un ottovolante coloratissimo fatto di sensazioni, sudore ed endorfine, effetti visivi e luci laser che illuminano e trasportano in altre dimensioni. Musicalmente parlando il live dei Tame Impala riesce ad essere un mix equilibrato tra The Slow Rush e Currents, un tuffo profondo nell'oceano del tempo che evoca la sensazione di una vita che passa in un battibaleno. Le quasi due ore di live sono infatti intrise di nostalgie musicali per il passato, attraverso il mescolarsi di numerose influenze, provenienti prevalentemente dagli anni 70, con l'aggiunta di qualche ambiziosa coda strumentale e l'uso frequente del falsetto, mantenendo tutto il concerto sospeso tra leggerezza ed introspezione.
Serate così sono una vera e propria "grande abbuffata" di musica e noi non possiamo che esserne felici.