Li avevamo visti all'Alcatraz, per il loro grande ritorno dal vivo dopo anni di silenzio, poi in versione intima a teatro, nella splendida cornice degli Arcimboldi, ovviamente non potevamo mancare al primo palazzetto dei Baustelle, che dopo aver debuttato al Palazzo dello Sport di Roma, ad inizio dicembre, sono arrivati all'Unipol Forum di Assago. Il salto da club a palasport ormai è una tappa obbligata per tutti gli artisti italiani, la prova del nove che serve per dimostrare che finalmente sei arrivato al mainstream e che, nonostante 25 anni di carriera, alla band toscana ancora mancava.

Uno spazio grande quanto il Forum richiede spesso produzioni qualitativamente alte e spettacolari per riuscire a catturare l'attenzione del pubblico ed ottenere l'effetto wow. Sempre controcorrente, i Baustelle invece hanno optato per una scenografia minimale: niente ledwall, niente effetti speciali, solo un grande telo alle loro spalle in cui in alcuni momenti compaiono delle frasi iconiche (e a prova di storia su Instagram) tratte dalle loro canzoni, come durante L'arte di lasciar andare o Contro il mondo, altre volte un teatrale occhio di bue proietta le longilinee sagome dei tre componenti sullo sfondo, in altri ancora compaiono delle clip con dei dettagli di volti di ragazze che hanno il sapore e il fascino della protagonista di Paris, Texas. La bravura di Bianconi è indiscutibile, la sua tonalità bassa e magnetica sarà sempre ciò che li contraddistinguerà, insieme alle sue movenze sinuose e a quegli eleganti e sofisticati look da dandy contemporaneo, ma purtroppo in questo contesto fa fatica ad emergere. Lo ritroviamo solo nei pochi momenti in cui la formazione è ridotta ai membri originali e alcune canzoni vengono eseguite in acustico, citando proprio il frontman durante Love Affair: come se fossimo nel salotto di casa. Su brani come Alfredo, Un romantico a Milano e Le rane le voci di Bianconi e Bastreghi tornano ad essere chiare e distinte, ad essere le vere protagoniste, facendo emergere quei testi pieni di poesia e citazioni che sono il loro marchio di fabbrica e che li rende una delle eccellenze della musica indie italiana, ma che a causa di un'acustica non proprio eccezionale per la maggior parte del concerto sono stati coperti e ovattati da un set un po' troppo rumoroso.

Le due date di Roma e Milano volevano essere una celebrazione di una carriera iniziata ad inizio anni 2000 ma anche la chiusura del nuovo capitolo della band, iniziato nel 2023 con Elvis e proseguito con El Galactico, uscito nella primavera di quest'anno, e che per quasi 3 anni li ha visti in tour da Nord a Sud, perciò la setlist è un bel mix tra vecchi iconici mostri sacri, come Charlie fa surf (sempre il gran finale), Gli spietati, La guerra è finita, o le più recenti Amanda Lear e Veronica n.2, e le ultime novità, tra cui Spogliami e Pugili impazziti eseguita, come da copione per i live nei palazzeti, con il feat Tananai. Un peccato che non ci sia stato Niccolò Contessa ad accompagnare la band su Nabucodonosor. In un panorama di canzoncine e tormentoni sempre più basici i brani alti e riflessivi dei Baustelle suonano necessari e senza tempo, la voce fuori dal coro di un cantautorato italiano che sembra sempre più diventare merce rara e la perfetta colonna sonora per chi pensa "Io non ho più voglia di ascoltare / Questa musica leggera", ma che in questo contenitore non riesce a esprimersi al meglio. Il risultato è che sembra tutto troppo: troppo vasta la location, in cui il secondo anello è completamente chiuso e nonostante un parterre pieno fino all'orlo, si vedono diverse sedute vuote, troppo dispersivo ed essenziale il palco in rapporto a ciò che lo circonda, troppo approssimativa l'acustica per il tipo di canzoni che stiamo ascoltando, è tutto troppo grande, quando ci sarebbe bastato molto meno.
Fotogallery di Renato Anelli.