16 giugno 2025

Ma è davvero un addio? Il live dei Porridge Radio al Monk

Era soltanto il 2018 quando i Porridge Radio vennero definiti slacker indie dal Guardian. Un indie “disoccupato” nel senso di un genere mutaforma, che non si adatta mai e, anzi, cerca costantemente un’attitudine nuova attraverso lo sviluppo del suono. Quest’anima non l’hanno mai cambiata e salgono sul palco del Monk di Roma con decisamente altre prospettive. Un tour d’addio, a distanza di soltanto dieci anni dal loro esordio. La serie di concerti sono iniziati a fine maggio in Germania e il gruppo è passato per Milano e Ferrara e adesso, dopo qualche tappa in Francia e Spagna, arriverà il gran finale a dicembre in Gran Bretagna. La data di Leeds è già sold out da mesi e l'hype sta montando anche per la data speciale del 2 dicembre alla Trinity Church di Bristol.

La cantante dei Porridge Radio, Dana Margolin, in concerto al Monk, Roma nel 2025
La cantante dei Porridge Radio, Dana Margolin, in concerto al Monk Roma, 2025 | Credits: Liliana Ricci

Sono da poco passate le 21 e, una volta saliti sul palco, i Porridge Radio sembra quasi che dicano: “Questa band è stata la nostra vita ma ora siamo una famiglia e vi lasciamo per sempre. Ricordateci con queste note”. E proprio questo concetto di casa, di essere in sintonia con il proprio pubblico, è testimoniato da una splendida Machine Starts to Sing, che arriva come penultimo pezzo ma è il caldo, progressivo, abbraccio di tutto il gruppo alla schiera nutrita di fan che sono accorsi in questa serata domenicale di metà giugno. La frontman Dana Margolin scende dal palco, comincia a suonare tra la sua gente. Un contatto col pubblico che difficilmente si vede ma che è apprezzato, con il giusto rispetto per l’artista. Si crea un corridoio umano tra il parterre, una passerella, che sa tanto di addio ma anche di rinascita.

La tastierista dei Porridge Radio dal vivo
Porridge Radio in concerto al Monk Roma, 2025 | Credits: Liliana Ricci

Dei Porridge Radio colpisce la facilità melodica di alcuni pezzi tecnicamente non facili, per nulla. Georgie Stott alle tastiere compie un lavoro silente ma continuo, al contrario del basso e della batteria martellante di Maddie Ryall e Sam Yardley. God of Everything Else spicca per qualità, ma non scherzano anche i nuovi pezzi dell’ultimo album datato 2024 e dell’ultimo EP. Ad esempio, viene voglia di ricantare all'infinito Sick of the Blues, così come anche il ritornello di I’ve Got a Feeling. Spazio anche per i vecchi pezzi (ma non tanti) perché si chiude presto, in un’ora e dieci. Forse troppo poco per godersi un congedo come si deve da un gruppo che, come recita il titolo dell’ultimo EP, era una macchina che adesso aveva giusto cominciato a cantare.

Ci mancheranno.

Fotogallery a cura di Liliana Ricci.