31 marzo 2020

Qualche foto carina dal concerto dei Jawbreaker + Lucy Dacus al Magnolia

Il 2018 è sicuramente stato l'anno di Lucy Dacus, cantautrice poco più che ventenne originaria di Richmond, Virginia. Il suo secondo album Historian è stato riconosciuto a livello internazionale come uno dei migliori dischi dell'anno, mentre in autunno è stato pubblicato il bellissimo Boygenius, ep d'esordio dell'omonimo supergruppo formato dalla stessa Lucy e dalle altrettanto acclamate Julien Baker e Phoebe Bridgers. Ma quello che è appena trascorso è stato un anno fondamentale anche per i Jawbreaker, band statunitense effettivamente in attività dal 1986 al 1996 e considerata come una delle principali rappresentanti del punk rock targato anni '90. Il trio composto da Blake Schwarzencah, Adam Pfahle e Chris Bauermeister dopo ben vent'anni dallo scioglimento ha infatti deciso di tornare sulle scene musicali e intraprendere un lungo tour mondiale che ha avuto inizio in Nord America e sta proseguendo lungo tutta l'Europa.

Il 29 maggio hanno toccato il suo italico per un'unica data a Milano, inizialmente prevista all'Alcatraz e poi spostata (molto probabilmente per una bassa percentuale di vendite) al Circolo Magnolia, dove il tempo almeno per una serata ci ha graziati. Il live ha inizio alle 21.00, quando Lucy fa il suo ingresso sul palco accompagnata dalla sua band e dopo aver ringraziato il pubblico per essere arrivati presto e aver scherzato sul fatto che in cielo fosse ancora alto il sole, inforca la chitarra e inizia a intonare le prime note di Addictions e la sua voce calda e delicata incanta subito tutti i presenti. Complice la vicinanza con l'artista, che si trova letteralmente a pochi passi di distanza dalla prima fila, quella che si crea è un'atmosfera piacevolmente intima e se si chiudono gli occhi si ha la sensazione di essere completamente soli con la musica.

Si prosegue poi con The Shell, TimefighterNonbeliever, Pillar of Truth e I don't wanna be funny anymore, unica traccia estratta dal suo album d'esordio No Burden (2016). Dolcissimo, inoltre, il momento in cui l'artista ha preso il microfono per rivelare quanto fosse sinceramente emozionata nel vedere il pubblico cantare le sue canzoni, cosa assolutamente non scontata quando si riveste il ruolo di supporter. Quando Lucy ci informa che quello seguente sarebbe stato l'ultimo brano della scaletta, si alza una voce dal pubblico che grida "play some Boygenius". E sì, lo vorremmo tutti.  Il set si chiude con quello che è forse il suo pezzo migliore, ovvero la potente quanto devastante Night Shift (Am I a masochist, resisting urges to punch you in the teeth?). Questa, come lei stessa ha precisato, è stata la sua primissima volta in Italia; noi speriamo di rivederla al più presto, possibilmente per un concerto vero e proprio.

Dopo un breve cambio palco è stata la volta dei Jawbreaker, che sembrano essere stati teletrasportati direttamente dagli anni '90. Moltissimi e meritati gli applausi nel momento in cui, a pochi brani dall'inizio dello show, smettono per qualche secondo per esclamare a gran voce "fascists are not welcome at a punk show". Il loro set ha avuto un po' il sapore dell'ennesima reunion leggermente fine a se stessa, rendendo felicissimi i fan di un tempo, che hanno cantato a squarciagola quelli che probabilmente sono stati dei veri e propri inni per la loro adolescenza, ma che per il panorama musicale odierno non ha molto da offrire. Insomma un concerto per veri appassionati, che ha lasciato, invece, un po' indifferente chi era presente per l'opening.

I bellissimi scatti sono a cura della nostra super Maria Laura Arturi: