È il pomeriggio del ventotto giugno e chi scrive ha dormito due ore, reduce da una serata adrenalinica in compagnia dei Lemon Twigs, gruppo consigliato dalla stessa la settimana scorsa. Alcuni video allegati nell’articolo precedente sono stati un assaggio del concerto che il pubblico milanese ha assistito a fronte del palco più piccolo del circolo Magnolia: ogni aspettativa è stata concretizzata. L'imbarazzo non è noto al gruppo di Hicksville, che si è esibito per la prima volta nella patria di origine dei due componenti più influenti: immancabili il "Grazie" dalla pronuncia perfetta di Brian e la gamba sinistra a 180 gradi di Michael. Poche delusioni: una breve setlist, che mancava della canzone preferita della sottoscritta (A Great Snake). Insomma, ci si aspettava una completa presentazione di Do Hollywood (4AD, 2016), ma gli italiani hanno accolto troppo tardi il quartetto, già in quella fase di tour volta alla promozione del prossimo album (in vista per settembre? Chi lo sa, nemmeno Brian era del tutto sicuro...). In apertura, gli Usual, un gruppo proveniente da Arco (Trento), annunciato la sera stessa nella pagina Facebook dell'organizzatore dell'evento che mi ha impedito un ascolto attento del loro EP, Just feel alright (Primalbox, 2017), quattro tracce che non dispiaceranno ai nostalgici del rock del decennio passato, troppo poche per definire pienamente il loro posto sulla scena underground italiana, ma pur sempre un buon esordio. Perdonabile la decisione di far suonare un gruppo spalla dallo stile completamente differente dall'headliner (ciò che ho scritto, probabilmente, è una riserva esclusivamente personale, non condivisibile).
Come da prassi, un breve intermezzo musicale ha introdotto l’entrata dei Lemon Twigs, che sono riusciti a portare immediatamente la folla in fibrillazione attraverso l’attacco di I Wanna Prove To You; tuttavia l'apice si è riscontrato al momento di These Words e a metà spettacolo con l'arrivo alla chitarra di Michael, il più scatenato del gruppo. I toni circensi di Haroomata, l'onirica Frank, la nostalgica ed intima How Lucky Am I? (la meglio riuscita e alla quale il pubblico ha risposto con un'ovazione) hanno completato la cinquina di Brian; oltre al conosciutissimo singolo As Long As We're Together, Michael ha proposto un'accattivante Baby, Baby. Alquanto coinvolgenti, le due cover You Can't Talk To The Dude (Jonathan Richman) e Fish And Whistle (John Prine; eseguita da Brian con un curioso tin whistle), mentre ai più sono stati nuovi all’ascolto gli inediti Why Didn't You Say That?, Night Song, So fine, Queen Of My School. Danny e Megan, spesso dimenticati dai critici, calcano la scena allo stesso modo dei fratelli D’Addario: il tastierista partecipa spesso ai duetti corali con Michael, mentre la timidezza della bassista non inibisce la sua dedizione.
Si è trattata della mia prima volta al Magnolia, location alberata ma facilmente raggiungibile a piedi: è necessario seguire il perimetro dell'aeroporto di Linate per trovarsi successivamente davanti ad un rettilineo asfaltato che conduce al locale. Considerando una sgradevole esperienza in un altro noto club milanese che ospita frequentemente giovani band, l'accoglienza del Magnolia mi è parsa buona, inoltre ho ottenuto la scaletta senza alcuna riluttanza da parte di un uomo del service. Senza dubbio, i miei complimenti sono rivolti maggiormente ai Lemon Twigs che, trascorrendo una buona mezz’ora nel firmare pazientemente quasi tutti i biglietti, hanno reso un po' protagonisti anche i loro ammiratori. Ossequiosa verso quest’atto di umiltà, sono riuscita persino a dimenticarmi della mancanza di A Great Snake.
La scaletta:
I Wanna Prove To You
Haroomata
Why Didn’t You Say That?
Frank
You Can’t Talk To The Dude
These Words
How Lucky Am I?
Night Song
Baby, Baby
So fine
Fish And Whistle
As Long As We’re Together
Queen Of My School.
Si ringrazia Andrea Bertocchi per la foto di copertina.