Doveva essere un live per presentare il loro nuovo album Mixed Emotions, è diventato un concerto per ricordare a tutti i presenti che i Kaleo hanno talento da vendere (come vi avevamo già raccontato qui), a prescindere dalla realizzazione della loro ultima fatica. Ne è il paradigma la setlist, leggermente allungata rispetto a quella presentata fino ad ora nei festival europei, anche perché, si sa, la band islandese è innamorata di Roma e volevano regalare alla Capitale un concerto unico e speciale.

L'anno scorso, dopo un live super esclusivo vicino al Parco Archeologico del Colosseo che ha mosso non poche critiche per i prezzi molto elevati dei biglietti e una comunicazione sul luogo del concerto non chiarissima, sono tornati tra i comuni mortali organizzando alla Cavea uno spettacolo per la rassegna del Roma Summer Fest. La Cavea non era stracolma ma accoglieva molti fan della prima ora, forti delle loro magliette dei tour precedenti. Bloodline e Break My Baby hanno aperto le danze poco dopo le 21 e il pubblico del parterre, stranamente seduto, ha autonomamente deciso che non si sarebbero goduti tutto il concerto in quel modo.

È stato infatti a cavallo tra l'assolo di All the Pretty Girls e l'attacco della successiva Automobile che qualche temerario ha deciso di alzarsi dal proprio posto e arrivare sottopalco. L'iniziativa, pur se all'inizio del live, ha avuto un riscontro enorme e tutto il parterre ha deciso di alzarsi in piedi e continuare ad assistere al concerto, noncurante dei posti a sedere. Ne è uscita fuori una connessione unica tra il pubblico e il frontman Jökull Júlíusson. Quello che fa impressione è il suo incredibile controllo della voce, esaltato da un'acustica praticamente perfetta, cosa decisamente non nuova per l'Auditorium romano. JJ Julius Son non si agita molto, pensa più a suonare bene e farlo in modo pulito, di qualità ma, al contempo, ne esce fuori una scarica e una potenza sonora da non sottovalutare.

La vera scoperta della serata, però, è Þorleifur Gaukur Davíðsson - non chiedeteci la pronuncia, please - che suona divinamente tastiere, armonica a bocca e varie percussioni. È la marcia in più che non solo ha fatto sì che la Cavea si alzasse in piedi e cominciasse a seguire il live in piedi, come non era stato pronosticato, ma aggiunge un livello di complessità in più alle tracce che dal vivo rendono in modo ineccepibile. Il graffio profondo della voce, si miscela alle sonorità acide dell'armonica nella nuova USA Today, oltre che l'inno internazionale Way Down We Go. Alla mia sinistra, per un breve bis, una mamma decide di mettere sulle proprie spalle il suo piccolo bimbo e viene seguita anche da altre due mamme che avevano portato i loro figli di pochi anni al live. Armati di cuffie antirumore, i bimbi si sono goduti Back Door, Glass House e la conclusiva Rock 'n' roller.

Dopo un lancio di rose bianche finali, la band si congeda, saluta velocemente e rientra nel backstage. Andare ad un concerto dei Kaleo è un'esperienza globale, perché i pezzi suonano diversi rispetto alle compressioni discografiche e danno modo alle note di respirare di più.
Unica pecca è probabilmente la durata troppo esigua: 17 brani sono pochini, soprattutto perché il minutaggio medio dei pezzi del gruppo islandese non è altissimo e quindi, quando si era già a metà del live, era soltanto passata una trentina di minuti. Ma del resto se il tempo è volato è tutto merito dei Kaleo.
Fotogallery a cura di Liliana Ricci.