27 settembre 2021

Il gioco di squadra come arma vincente: intervista a GINEVRA

La capacità di creare forme e dare sostanza alle parole è il ritornello che Ginevra, giovane cantautrice torinese, preferisce in assoluto. Una meravigliosa chiacchierata, in cui, oltre a parlare di musica, si sono definiti i contorni delle sue passioni principali: viaggi, amore per la letteratura e l'importanza del lavoro di gruppo. Perché nonostante ci sia il suo nome sugli EP e singoli pubblicati, Ginevra ci tiene a ribadire il fatto che la sua grande forza sono anche le persone che la circondano: veri e propri amici, prima che colleghi di lavoro, che cooperano con lei per smussare le sue idee e fargli prendere vita. Il risultato è presto detto: MI AMI Festival, Linecheck Festival e il Liverpool Sound City sono i primi palchi che ha calcato, fino ad arrivare all'Arena di Verona per l'evento Heroes.
Stiamo assistendo ad un'ascesa impetuosa di una delle voci più particolari del nostro panorama contemporaneo: abituiamoci al particolare ed originale stile musicale di Ginevra, perché siamo solo all'inizio.
Noi l'abbiamo intervistata nella meravigliosa cornice del RomaEuropa Festival a Villa Medici, riflettendo sulle parole delle canzoni, fondamentali nel progetto musicale della cantautrice e questa chiacchierata ne è il risultato.



Il 21 settembre sei stata ospite a Villa Medici a Roma nella cornice del RomaEuropa Festival: come è stato strutturato questo particolare evento?

Innanzitutto ho apprezzato il fatto di poterci partecipare. Conosco RomaEuropa, la considero una vera e propria figata e mi piacerebbe suonarci anche il prossimo anno in formazione completa. L'evento è stato molto bello ed interessante: ero con Francesco Pacifico, uno scrittore rinomato con il quale sono già entrata in perfetta sintonia. L'incontro si è focalizzato molto sulle parole delle canzoni e c'è stata, quindi, un'attenzione particolare ai testi dei miei pezzi. Effettivamente abbiamo più parlato che cantato, ma non sono mancati un paio di pezzi in versione super minimal, ridotti a piano e voce. In generale, anche il contesto in partnership con Treccani mi ha aiutato molto e si è rivelato un evento, a parer mio, molto bello.

Il tuo progetto, almeno inizialmente, nasce in lingua inglese con l’EP Ruins: nonostante sia di soli due anni fa, con gli occhi di oggi, quanto ti senti cambiata da quell’esperienza e quali ispirazioni continua a fornirti oggi?

Sicuramente sono cresciuta molto poiché sono cambiate molte cose: ai tempi, addirittura, andavo all'università mentre adesso mi dedico totalmente alla musica ed ho un approccio totalmente diverso poiché gli dedico molto più tempo. Di conseguenza assomiglia sempre più ad un lavoro e, effettivamente, ora, lo è realmente. Prima era un esperienza a metà, ora posso dire sia completa, con l'unica certezza del mio team che è rimasto sempre lo stesso. Sono molto soddisfatta di questo, perché credo fermamente nella forza del gruppo. Di base, molte cose sono vissute oggi in modo più consapevole rispetto a prima.

Arriviamo a Metropoli: la scelta di cantare in italiano è risultata necessaria oppure frutto di un percorso di cambiamento avvenuto dentro di te?

Un po' tutt'e due. Sicuramente è stata una scelta per assecondare i miei bisogni artistici. Ho sempre cantato in inglese perché ho sempre ascoltato musica in lingua e sono stata legata al suono dell'inglese e della musica fuori dall'Italia. Sostanzialmente ho dovuto fare quel passaggio fondamentale per poi costruire il mio ibrido che è composto da questi suoni che provengono da influenze anglosassoni miste alla mia lingua madre. La necessità di iniziare a scrivere in italiano è stata dovuta al fatto di aver provato a selezionare, ricercare ed utilizzare termini peculiari specifici che non potevo riportare in inglese, non essendo una madrelingua.

Quindi ti è venuto naturale iniziare il tuo percorso in inglese?

Sì, ma effettivamente prima di Metropoli ho avuto una prima esperienza in italiano, dove stavo già ricercando l'ibrido che volevo senza averlo poi effettivamente trovato (soprattutto a livello di produzione e suono). L'italiano, comunque, è sempre stato lì; latente, in attesa di essere compreso nel mio progetto quando sarebbe arrivato il momento giusto per accoglierlo.

Dell’ultimo EP ho apprezzato molto Rajasthan: mi puoi spiegare come nasce il brano e il perché di questo titolo?

Il brano è nato nella mia camera, in un mio momento di riflessione notturna (come spesso accade). Era già nella prima bozza del brano avere un'estetica della voce col vocoder e su questo devo spezzare una lancia a favore di Francesco Fugazza, che è il produttore con il quale lavoro dall'inizio. In quel periodo stavamo parlando spesso di provare a fare qualcosa del genere e quindi l'utilizzo del vocoder stesso è stata una suggestione nata da un mio momento emotivo in cui mi sono messa a scrivere.
Il titolo, invece, è una regione dell'India che ho visitato in un viaggio che ho compiuto qualche anno fa e che mi è rimasto molto dentro, tanto da averci scritto un brano dopo tre anni da che ero ritornata. Mi è venuta in mente questa idea dei treni azzurri e lì effettivamente ce ne sono soltanto di quel colore e quindi si è creato questo viaggio mentale.

Come mai proprio l'India?

Era un viaggio che volevo fare da sempre, per puro piacere. Zaino in spalla, treni... un sacco di casini! Vorrei rifarlo presto.

A giugno è uscito Club, il tuo ultimo singolo: il brano anticipa la pubblicazione del tuo primo album oppure ci sarà ancora da aspettare?

Sicuramente c'è da aspettare, ma posso dire con certezza che Club sarà effettivamente all'interno dell'album... che prima o poi arriverà . Sto tutt'ora lavorando all'album, il mio primo. Non so dirti se ci saranno altri singoli che lo anticiperanno, ancora non abbiamo stabilito una scaletta, anche perché stiamo sondando la situazione, un po' come tutti. Posso dirti, però, che sicuramente l'uscita è prevista per il 2022.

Hai co-scritto il brano Glicine che Noemi ha portato al Festival di Sanremo: com’è nata la vostra collaborazione?

È nata grazie al nostro manager, in modo molto naturale. Si è creato questo tramite che poi è divenuta una collaborazione molto proficua e abbiamo lavorato non solo sul singolo, ma anche su tutto l'ultimo lavoro di Noemi: Metamorfosi. Lei ha apprezzato molte cose che avevo fatto in precedenza (tra cui proprio Rajasthan) e ci siamo ritrovati io ed altri amici a fare parte di questo team di scrittura che ha lavorato molto per lei. Si è creata una situazione ideale affinché potessimo lavorare tutti assieme in armonia: è stato veramente molto bello.

C’è un artista in particolare che stai ascoltando ultimamente e vorresti consigliare ai lettori di noisyroad?

Sto facendo molta ricerca perché sto lavorando sull'album e spesso torno sempre sui miei miti, ma ultimamente sto ascoltando moltissimo l'ultimo album di Yebba e poi ho scoperto questa artista francese che mi piace tanto che si chiama Yseult. L'ho scoperta totalmente per caso ed entrambe mi ispirano nonostante non le senta vicine alla mia musica. Hanno comunque qualcosa che mi emoziona molto.

Gli artwork delle tue copertine sono sempre molto curati e particolari: dove trovi l’ispirazione per avere queste idee?

Sicuramente la ricerca estetica, come anche quella sonora, fa parte del mio lavoro. Ho sempre delle persone che lavorano con me: ad esempio su Club è stato coinvolto Tommaso Ottomano che, oltre ad essere un art director e regista molto bravo, è anche un mio grandissimo amico (e sarà presente nella direzione creativa del disco). Perciò mi affido moltissimo a lui, perché abbiamo lavorato in passato moltissimo anche su Ruins e i singoli in inglese ed è una figura di riferimento a cui mi affido totalmente. Poi ovviamente ci sono anche delle suggestioni che vengono da me, però nel caso specifico di Club (con la visione del campo bianco e la maglia rossa) e della copertina di Mostri c'è una commistione di idee.
Ritorniamo sempre un po' lì: avere un team del quale mi fido per me è fondamentale e sono fortunata a reputarli dapprima amici  e poi, successivamente, colleghi e viene naturale coinvolgerli nel progetto quando c'è una stima vera, reale e reciproca. Anche durante i live accade la stessa cosa: non andrei da nessuna parte senza i miei musicisti. Di base sono una persona molto meritocratica e ci tengo sempre a nominare le persone che lavorano con me.