Come ci si può sentire se il momento più vicino al creare la vita è anche quello nel quale si è più vicini ad esperire la morte? Il 31 ottobre, giorno d’uscita del sesto album dei Florence + The Machine, molti ascoltatori di Everybody Scream si sono posti questa domanda. E aver scelto il giorno di Halloween per far uscire l'ultima fatica, alla fine, non è stata affatto una scelta casuale. Si tratta con molta probabilità del disco che più - tra tutti quelli finora mai realizzati dal gruppo londinese - si avvicina ad una celebrazione clamorosa della vita perché lo si fa a partire da un’esperienza di quasi morte. La coltre di nubi creata dall’avvento di questo nuovo lavoro uscito alla mezzanotte del giorno di Halloween - uno dei pochi dell’anno dove le urla di tutti sono consentite fino a tarda notte - ha dato modo di pensare che sotteso alle tematiche del folk horror e del mistico, di cui avevamo sentito i primi assaggi con il singolo omonimo Everybody Scream, ci fosse un sistema più grande.
Everybody Scream è quindi un concept album nella sua forma più pura. Il terrificante si miscela all'occulto, oltre a proporci un viaggio nell'esplorazione dei limiti della mente e, soprattutto, del corpo. È proprio la corporeità la cifra stilistica che contraddistingue questo nuovo, pesante lavoro, sia nell'ottica musicale sia testualmente parlando. L'ispirazione dietro il disco è nata dopo un episodio personale traumatico vissuto da Welch in seguito a un intervento chirurgico d'emergenza durante il Dance Fever Tour (l'ultimo giro di live che ha visto impegnata la band nell'arco del 2023) causato da una gravidanza ectopica. Una condizione patologica grave, in cui l’impianto dell’embrione avviene in sedi diverse dalla cavità uterina.
And with each bedraggled breath, I knew I came back from the dead
Questo è forse il verso-manifesto, che dà un certo tono al disco, attraversato da questo preciso malessere. Una sensazione che talvolta diventa sollievo per aver scampato la morte, mentre in altrettanti momenti un fardello a cui resistere per non entrare in una spirale negativa. E così viene a crearsi un'immagine halloweeniana, di uno zombie resuscitato, classicamente con le braccia protese davanti al proprio cadavere rianimato che, allo stesso tempo, trasmette una forte connotazione religiosa, richiamando la crocifissione
Arms outstretched, back from the dead
Streetlights bursting overhead

Florence non è nuova all’uso di questi riferimenti biblici per spiegare i vari momenti che un’artista attraversa lungo la sua carriera ma non era mai accaduto prima che la protagonista dei brani rischiasse di autodistruggersi nel processo, per poi, ad ogni modo, trovare la via per risorgere. One of the Greats, citato qui sopra, è un brano importante anche perché permette di pensare alla morte non soltanto come quella fisica ma anche artistica. Florence la rende una possibilità concreta, soprattutto se è una donna a caricarsi la responsabilità di mandare avanti una band
It must be nice to be a man and make boring music just because
you can (Ah-ah)
Si chiede se l'arte femminile sia davvero morta, appannaggio esclusivo dell’uomo o se abbia semplicemente bisogno di rinascere in nuove forme. La resurrezione non significa tornare immutati, ma trasformarsi, reinventarsi, proprio come Florence reinterpreta il genere del rock. Il suo processo è quasi sacrificale: ogni disco sembra una morte, ogni tour una crocifissione. Ma lei rifiuta di rimanere sepolta. Ogni volta è come se si dissotterrasse, con le braccia aperte, pronta a tornare. In questo senso, One of the Greats diventa la sua auto-mitologia, quasi epica. La migliore possibile, in questo momento. La grandezza non consiste nel non cadere mai, ma nell'essere disposti a morire per la propria arte e a risorgere ancora. È effettivamente accaduto anche sul palco dell’O2 Arena, poco tempo fa, dove Florence è stata costretta a cancellare alcune date a causa di un infortunio occorso sul palco.
Sul lato della produzione, il disco è quantomai pirotecnico: affidato in larghissima parte all'estro di Aaron Dessner (The National) e supportato anche dagli aiuti di Dave Bayley (Glass Animals), Mark Bowen (Idles) e James Ford (i primi tre hanno anche avuto un ruolo in fase di scrittura), Everybody Scream si presenta come un disco inedito - anche, quindi, sul suo lato più prettamente produttivo - ma molto funzionale. Uno dei picchi più elevati, in effetti, si raggiunge con Perfume and Milk, dove la coppia Welch-Dessner, rintanati nello studio-capanna di Long Pond, nella Hudson Valley, di proprietà dello stesso chitarrista dei The National, dà il meglio di sé.

Il brano è ispirato a Revelations of Divine Love, la prima opera mai conosciuta scritta da una donna (la santa Giuliana di Norwich) in lingua inglese. Si tratta di un libro medievale di devozioni mistiche cristiane che documenta le rivelazioni ricevute in seguito a delle visioni durante un periodo di grave malattia ed è proprio in questo frangente che l'universo di Florence si sovrappone a quello della santa. Entrambe sopravvissute ad un'esperienza di pre-morte, in Perfume and Milk sembrano quasi entrare in contatto l'una con l'altra
Downloading "Revelations of Divine Love" on my phone
Trying to read, but getting distracted
L'accento che pone Florence è sull'atemporalità di questa lotta, ossia lo scaricare Revelations of Divine Love su un telefono, leggere un'opera così antica in un formato talmente moderno da essere completamente inimmaginabile per l'autrice originale.
Con Buckle, invece, arrivano le atmosfere più acustiche ma non meno tenebrose. Esce fuori la voce, la chitarra acustica sempre ben amplificata e messa a punto. C'è probabilmente meno ispirazione, ma il brano risulta essere più di cuore e, alla fin fine, in un contesto simile, non è neanche un male. Il muscolo dell'amore esce poi definitivamente verso la fine del disco, con Kraken, The Old Religion - che poteva veramente essere un capolavoro ma dal punto di vista del missaggio manca qualcosa - e Drink Deep, in cui il folklore celtico, nonostante una sezione finale che coinvolge soltanto fino ad un certo punto, la fa da padrone. Forse si sarebbe potuto osare leggermente di più.
Alla fine della fiera, si tratta del disco più femminista dei Florence + The Machine. Sono tanti i riferimenti all'essere una donna nell'industria musicale, con frasi che suggeriscono che anche se ci si impegna molto, come nella già citata immagine non proprio metaforica dello spezzarsi le ossa, non sarà comunque abbastanza o non si otterrà il riconoscimento che si meriterebbe, fino a mettere in dubbio anche il proprio genere:
Am I a woman now?
È qui che, anche con un po' di ironia, c'è un sarcasmo neanche troppo celato sull'idea stereotipata secondo cui alle artiste viene detto che possono ottenere tutto ciò che desiderano: una carriera, una relazione stabile, una famiglia... una recensione di un concerto a cinque stelle che non arriveranno mai ad ottenere
Breaking my bones, getting four out of five
Una chiara strizzata d'occhio ad un live report del Guardian di qualche anno prima e ai 1975:
Listening to a song by The 1975
quattro uomini britannici che una recensione a cinque stelle, sullo stesso giornale, l'hanno ottenuta pur non rompendosi un piede.
È in questo contesto che risulta comprensibile And Love. Il rumore di fondo, in fin dei conti, tocca l'anima fino ad un certo punto. Il finale risulta essere molto personale. Un urlo liberatorio, di pace, di calma. Florence è stata dimessa. È anche probabilmente un augurio più ampio per tempi del mondo migliori. Dove forse sarà l'amore a risolvere i conflitti. Auspicando che non ci faccia a pezzi. Di nuovo.


