moisturizer Wet Leg
8.5

Tornano senza le chele rosse di granchio alle mani e senza più definirsi più un duo, ma una band insieme ai loro 3 strumentisti, Rhian Teasdale e Hester Chambers, le Wet Leg. Le due amiche nate e cresciute sull’Isola di Wight che poco dopo la pandemia avevano aperto, con il loro stile frizzante, surreale, adorabilmente annoiato a una nuova wave di rock band al femminile, possibilmente made in UK (mai sentito parlare di The Last Dinner Party? Lambrini Girls? e chi più ne ha più ne metta). Dopo l’omonimo album di debutto, i pienoni a Glastonbury e le aperture ad Harry Styles, ritroviamo la coppia in versione di spiritelli maligni sulla cover del loro nuovo e secondo album: moisturizer.

Le Wet Leg su un letto per promuovere il nuovo album "moisturizer" la recensione
Wet Leg, Rhian Teasdale e Hester Chambers | (c) Iris Luz

Rhian, la voce principale, che nell’ottobre del 2022 si esibiva ai Magazzini Generali con i capelli neri e le orecchie da gatta (qui il nostro live report), ci sorride indemoniata, forse per come è andata la decolorazione verso il biondo-arancio, alla quale speriamo si sia sottoposta autonomamente; Hester, la chitarra, è girata di spalle, con delle unghie lunghissime, nella posa di The Blair Witch Project, mentre in altre foto promo ha una coda di verme simile al costume sfoggiato ad Halloween da Heidi Klum del 2022. Se da un lato c’è il sospetto che esteticamente le Wet Leg siano state colte dalla sindrome dei Fontaines D.C., dall’altro non si può dire che le due siano nuove nell’arte dell’inventiva e dei travestimenti giocosi: con l’arrivo di moisturizer, le due frontgirl con i loro compagni di viaggio si confermano, ancora prima di una band, uno dei team creativi più funzionanti del momento.

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Per un attimo, dopo l’uscita dei primi due singoli, catch these fists e CPR, c’era stato il sospetto che questo secondo album fosse un ritorno sulle scene più “muscolare” che ispirato, tanto che lo stesso termine CPR si riferisce all’atto della rianimazione cardio polmonare. Entrambi pezzi power rock dominati dai crescendo nevrotici ma costanti di chitarra o batteria, con il sennò di poi non sono le punte di diamante di moisturizer  peccando di quella vena di stravaganza follettesca che aveva acceso la miccia della Wet Leg-mania. Certo, catch these fists è pur sempre una grande burla senza peli sulla lingua contro le attenzioni maschili indesiderate “I know all too well just what you're like / I don't want your love, I just wanna fight”, un po’ sulla linea di Angelica che se nel 2021 ti incontrava una festa non aveva nessuna voglia di sentirti parlare della tua band.

Tutto cambia con davina mccall, ballad che è un preghiera profana alla di presentatrice di culto britannica (un po’ una Barbara D’Urso per capirci), dove la voce di Tisdale raggiunge una sottigliezza simile a Kate Bush in Wuthering Heights.

Wet Leg, foto promo della band
Wet Leg | (c) Alice Backham

Se il primo album, nato durante il covid era un mix di vita di provincia e spirito di provocazione, moisturizer riesce ricondurre a un contesto simil-folkloristico grandi protagonisti della cultura pop. Fa sorridere il riferimento a jennifer’s body, con la sua sottotrama di intesa saffica tra Meghan Fox e Amanda Seyfried, pezzo potentissimo con i suoi scatti grunge riferito proprio a un’amicizia-ossessione tra ragazze. Poi c’è pokemon, leggera, lo-fi, che ricama sul sound di Too Late Now. Tra il lo-fi e il rock anni ’70 troviamo anche pond song impercettibilmente fuori dai tipici schemi delle Wet Leg che cita Betelgeuse e Bellatrix come coppia di fantasia e come CPR culmina in un “I’m in Love”.

I could be your Betelgeuse, and I, your Bellatrix
The stars aligned and now it's just you and me and love betwixt

- pond song

Vorace, metallica, mangetout è la hit istantanea dell’album, che riprende, con una serie di doppi sensi o allusioni esplicite, quell’apatia verso la sessualità che era onnipresente nel loro primo lavoro, e la unisce a una sorta di auto-indulgenza nel lasciarsi scivolare addosso desideri non ricambiati. Decisamente meno apatica, se non addirittura erotica, è invece pillow talk. Su un ritmo serrato e sordo e un giro di chitarra psichedelico viene snocciolato un elenco fantasioso di ciò che si vorrebbe fare con l’altra persona, interlocutrice di questa ricchissima chiacchiera da letto.

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In coda al disco, Rihan ed Ester, ma anche Henry Holmes, Josh Mobaraki ed Ellis Durand - che in questa nuova era devono essere considerati parti integranti della band e del processo creativo – ci danno un assaggio di quello che potrebbe essere una delle nuove formule vincenti delle Wet Leg: don’t speak, 11.21e u and me at home, si presentano di una dolcezza inaudita per la band, marcando sempre sullo stile lo-fi e sull’introspezione. Una sorta di rock al caramello salato che arriva a calmarci dopo il vortice di sarcasmo, fastidio e desiderio delle tracce precedenti.

moisturizer, secondo quando dichiarato dalla stessa Tisdale nasce dalla voglia di "giocare con tutto quello che è sexy e disgustoso allo stesso tempo" e con il loro perfetto stile rock surreale e nevrotico le Wet Leg si confermano un tra i progetti più interessanti nel panorama alternative, con tanto altro ancora da dire, ma soprattutto pubblico da guadagnare.

Wet Leg CPR press photo
Wet Leg | (c) Alice Backham