A sette anni dal suo debutto musicale Yoann Lemoine, alias Woodkid, torna a farci sobbalzare il cuore. Woodkid ha presentato lo scorso venerdì 16 ottobre il suo disco S16. Un album che è tutto fuorché leggero date le tante ispirazioni, orchestrazioni e climax cinematografico dei suoi brani che, sempre saranno, delle piccole ma potenti colonne sonore.
Ma partiamo dalle basi: per chi non lo conoscesse Woodkid è un poliedrico artista francese che nel 2011 pubblica il suo primo pezzo Iron. Nel 2013, a due anni di distanza, esplode e si presenta al mondo con il debut album The Golden Age, arrivando a 800 mila copie vendute in tutto il mondo. Tra beat elettronici e il suo timbro vocale così particolare racconta del suo rapporto con l'infanzia, luci e ombre che governano la vita, la vulnerabilità, le utopie e le distopie generate dalle grandi forze mondiali. Le sue I Love You e Run Boy Run – oltre ad essere conosciute per vari spot pubblicitari e colonne sonore di parecchi film – sono le gemme che l'hanno portato al successo anche come regista. I tre singoli contano in totale quasi 200 milioni di visualizzazioni sulla piattaforma di YouTube.

Fonde tra loro, in modo maestoso, RnB, orchestrazioni ed elettronica facendosi riconoscere dalla critica e dai fan come Woodkid, l'unico e inimitabile artista sontuosamente attuale. La potenza dei beat si sposa alla perfezione con la sua voce dolce e intima, senza far risultare i brani delle smielate serenate all'avanguardia. In gioventù ha studiato arti grafiche a Lione per poi lavorare in una società di videogiochi specializzata nel 3D. Da lì la scoperta di sé stesso e della sua sessualità che avverrà grazie al gioco Final Fantasy e alla frequentazione di club gay e le saune parigine. Prima di intraprendere la carriera musicale, però, ha collaborato e lavorato come regista a molti videoclip. Si può vedere la sua influenza artistica in video di star del calibro di Moby, Rihanna, Lana Del Rey, Katy Perry, Drake e Harry Styles.
Negli ultimi anni ha collaborato con stilisti di case di moda - come Louis Vuitton - con brani suggestivi per varie sfilate, per poi diventare lui stesso con la sua musica una calamita e una fonte d'ispirazione per vari stilisti. Si può vedere, infatti, la sfilata autunnale 2013 di Dior Homme, dove la casa di moda sfila con una collezione intitolata Iron. Ma ha collaborato anche con registi ai quali ha prestato le proprie colonne sonore. La sua influenza nel cinema la si può riscontrare nel suo secondo disco. Infatti Desierto è l'intera scelta di brani per il film omonimo del regista Jonás Cuaron (figlio di Alfonso, già regista di film come Gravity, Roma, Il labirinto del fauno e molti altri).
A sette anni dal suo debutto e a quattro da questa sua ultima collaborazione ha deciso di omaggiare noi aficionados con un nuovo album, per l'appunto, S16. Tutto quello che sta dietro al concetto e al progetto di questo nuovo lavoro è talmente viscerale e complicato che non ci stupiamo che ci siano voluti sette anni per concepirlo e portarlo a compimento. Un lavoro molto diverso dal precedente sia musicalmente ma anche tematicamente parlando. S16 è un disco malinconico e che parla di politica mondiale, ma anche di vita e morte, di contrasti, di bellezza e di paure. Partendo dal titolo stesso Woodkid si riferisce al il simbolo chimico – S - e il numero atomico – 16 - dello zolfo.
È sia un elemento che in qualche modo contiene in sé la vita, ma che, contemporaneamente, è impiegato per creare l'iprite, uno dei gas utilizzati nella guerra chimica, e quindi rappresenta il male, il diavolo.
- Woodkid a Rolling Stone Italia
Ha visitato centrali nucleari, miniere, grandi strutture industriali e l'ispirazione per questo nuovo progetto è in parte dovuta a loro. Per chi non avesse capito il concetto ce lo spiega lo stesso Yoann, anche director del video del singolo Goliath che trovate qui sotto. Il protagonista è un lavoratore che si spacca la schiena in una miniera di carbone e che si affaccia all'oscura verità della gigantesca macchina masticatrice che lui stesso ha contribuito a creare sotto forma di un finale apocalittico. L'immagine di una collettività divisa tra vittime e partecipanti che si ritrovano ad affrontare da individui una responsabilità grande tanto da chiedersi cosa sia giusto e cosa sbagliato. Una tematica tutt'ora attuale se comparata all'emergenza della pandemia che ha visto protagonisti sia le grandi potenze mondiali ma anche ogni singolo individuo. Inoltre, per chi fosse appassionato di regia, esiste un video pubblicato nel canale dello stesso Woodkid (che potete vedere cliccando qui), dove troverete i retroscena della creazione VXF Breakdown di questo short film.

«Rispetto a The Golden Age, S16 è meno da kolossal hollywoodiano e più da thriller di fantascienza» dice lo stesso Yoann. E questo lo si capisce subito, non appena si clicca play per la riproduzione dell'album. Goliath è il primo brano e il singolo che già dallo scorso aprile ha anticipato il grande e tanto atteso ritorno dell'artista francese. Le atmosfere più dilatate attanagliano il respiro opprimendo i polmoni e incupendo l'anima. L'orchestrazione rende ancora più oscuro e suggestivo il brano che grazie a delle percussioni metalliche e taglienti dà il giusto peso alle parole «Where are you going, boy? / When did you get so lost? / How could you be so blind?».
La sezione ritmica è una prerogativa di Woodkid e in questo album la usa come filo conduttore: da Goliath a Pale Yellow, i due singoli di punta dell'album insieme a Highway 27. Quest'ultima richiama molto più il mondo RnB, ma le percussioni la fanno comunque da padrona. «È un album che parla di relazioni amorose fallite e della bellezza che c'è nell'ammettere quanto a volte possiamo essere fragili, ma con sopra quella super vernice fantascientifica» dichiara in varie interviste. Mentre tra i vocalizzi e la voce tremante in Pale Yellow canta «Returning back to the sea, / Under the sea foam, / Where I have come from, / Breathing freely». Il rullante così sferzante eppure arioso riesce alla perfezione anche nella versione live presso gli studi del A COLOR SHOW.
Questo è un live dove Woodkid canta insieme ad un cane robot che sposa alla perfezione l'idea che l'artista ci ha sempre trasmesso attraverso i suoi lavori. Anche se dice di avere un rapporto di amore e odio nei confronti dell'universo digitale e nonostante possa considerare la computer grafica 3D un'estensione della sua stessa vita. «Più lavori con la tecnologia più ne riconosci i limiti, che sono limiti emotivi.» racconta, mentre i suoi brani cullano la nostra anima travagliata e la nostra mente inquieta.

Reactor, Drawn To You e Enemy riprendono l'atmosfera creata nel singolo di apertura e la cupezza dei sentimenti che riempiono queste sue colonne sonore compresse in pochi minuti. Sono brani nei quali Woodkid pesa e contrappesa, dove grandi eruzioni orchestrali si contrappongono a chiari silenzi. Dove ritmi lenti e pesanti inebriano mentre spezzano convinzioni alle quali ci aveva appena abituati. Mentre, però, ci riporta all'emotività e all'empatia che sente venire meno lavorando con la tecnologia. Infatti in Reactor e, nell'ultimo brano dell'album, Minus Sixty One, i cori infantili della Tokyo's Suginami Junior Chorus ci riportano a quelle maestose ed epiche cavalcate cinematografiche a cui l'artista ci ha abituato dal suo debutto. Lasciandoci senza fiato alla fine di ogni brano. «I see a world they build to lose» canta in Minus Sixty One ribadendo il concetto politico alla base dell'idea di S16.
In questo album Woodkid vuole parlare apertamente anche di una tematica che con Noisyroad (potete trovare l'articolo qui) abbiamo affrontato più volte ma che ha messo lui in una posizione spiacevole: la salute mentale. Suo è anche il Sad Remix di Happy di Pharrell Williams.
Ogni volta che ho iniziato a parlare in modo molto realistico della salute mentale o della tristezza o del dubbio, ho trovato un senso di rifiuto da parte della gente. "Oh, sei sicuro di volerci andare? Non sono sicuro che dovremmo trasmetterlo alla radio". – racconta - In realtà, penso che molte persone possano identificarsi con essa.
Questa tematica la tratta in brani come la già citata Pale Yellow o In Your Likeness dove canta «I'm not made in your likeness / I do try but I'm hopeless / Watch my fear unravel». È come ritrovarsi in una bolla sul fondo dell'oceano, dove tutto fuori sembra perfetto, in armonia. Mentre la vera oscurità è ciò che sta all'interno della bolla, cioè noi stessi. È una richiesta d'aiuto. Si può interpretare così anche la copertina dell'album S16, dove Woodkid abbraccia una mostruosa figura creata da sé stesso come a dire io ti accolgo, ti capisco e voglio cominciare a volerti bene.

È un album che nasce da un processo d'introspezione profonda. Parla di dubbi e paure effettivamente molto intimi, privati e in certa misura ambivalenti. Racconta di come sia dura essere delle belle persone, del timore di non riuscire a esserlo, di quei momenti di fragilità in cui non si ha il coraggio di chiedere aiuto.
- Woodkid a Rolling Stone Italia
Il tema della paura che fa da filo conduttore è anche quella che raggruppa e incanala l'emozioni nelle canzoni d'amore dell'album. Grandi paure nell'intimità di coppia. Parla di quell'amore che ti coglie all'improvviso anche se eri certo fosse sempre stato lì. Come in Shift, dove il suo attaccamento inaspettato per Parigi gli fa trovare finalmente il giusto riff per questa canzone e lo fa tornare in patria lasciando New York. O in So Handsome Hello, dove il pop elettronico e il pianoforte cullano un «Amore mio» cantato in un italiano perfetto. Mentre Horizons Into Battlegrounds è il terzo estratto e racconta di quanto un amore possa essere una guida e di quanto ci si possa sentire sicuri con una persona che dona luce alle nostre giornate. «You are a promise of brightness / The triumph of life over self-hate». Potete gustarvi tutta l'emotività di questo brano live ancora per A COLOR SHOW.

S16 non è un album semplice, è impegnativo e richiede attenzione, come dice lo stesso artista. Io, perlomeno, non ho colto al 100% tutte le sfumature e forse è anche per questo che alcuni brani mi hanno convinta molto meno di altri. Woodkid è cambiato molto in questi sette anni e lo stesso cambiamento è una ricerca introspettiva che più a fondo va più richiede risposte a domande che emergono inesorabili da un momento all'altro. Inoltre, lo stesso artista si è visto cancellare i concerti che, a partire da aprile, avrebbero dovuto accendere la miccia di questo attesissimo ritorno con una tournée in dieci paesi dell'Europa centrale e orientale. Ma non si è fatto in tempo, lasciandoci nella più totale ed ansiosa attesa di rivederlo live. Il 25 novembre sarà all'Alcatraz di Milano e ci aspettiamo la scenografia e l'orchestra a cui ci ha abituati (tenendo conto che dovranno subire dei cambiamenti drastici per via delle nuove restrizioni).