21 giugno 2025

In Italia abbiamo un problema con le venue per i concerti all’aperto

Quello delle venue di concerti completamente inadatte per la musica dal vivo è un problema che l'Italia si trascina dietro da ormai decenni, ed è un problema tutt'altro semplice da risolvere in un Paese che arranca in quasi ogni campo quando si tratta di rinnovare spazi o crearne di nuovi e funzionali, soprattutto se si tratta di location per ospitare i grandi live all'aperto. È un peccato che questo possa capitare anche a Milano, la cosiddetta capitale della musica in Italia. E così, succede di vedere grandi concerti organizzati in ex aree industriali, sul cemento se va male o nella polvere se va bene, con 50 gradi all'ombra e magari una bottiglietta d'acqua venduta a 3 euro, quando nel resto d'Europa, nei grandi festival, è un bene considerato (giustamente) vitale e gratuito, su cui non lucrare.

C'è poi la questione del famigerato PIT, quell'area che sta sottopalco e che talvolta può essere minuscola, talvolta gigantesca. Una volta era sempre gratuita, accessibile solamente dai primi fan che arrivavano per la regola aurea del "chi prima arriva meglio alloggia". Poi i promoter si sono resi conto che effettivamente questa cosa poteva aumentare il margine di guadagno per ogni concerto, e hanno iniziato a metterla come opzione a pagamento. Una scelta che magari a molti ha fatto e fa storcere il naso, ma che rimane più che legittima, dato che viviamo pur sempre in un mondo capitalista basato sul mercato libero. Certo è che, quando capita che quelli del PIT non ricevono braccialetti, la gente non può uscire neanche per andare in bagno, pena perdere il posto, e va a finire che succedono cose che manco la scena del bagno in Trainspotting

Il problema allora qual è? Che a un certo punto, l'esperienza del concerto di quel 20-30% di persone sottopalco (premesso che abbiano i braccialetti) non è più minimamente paragonabile al resto del pubblico. E ci sta, direte voi, d'altro canto non si può pretendere che uno che sta a 10 metri dal palco veda bene come uno a 400 metri di distanza. A quello però servono i megaschermi e le torri delay, che spesso però non sono efficienti come dovrebbero. Magari non solo ti ritrovi a 100 metri dal palco, ma hai pure la visione ostruita da qualche palo o struttura e i livelli di decibel sono totalmente insufficienti. In questo senso, il problema di organizzare grandi eventi nei centri urbani è che l'Italia è un Paese per vecchi, per parafrasare i fratelli Cohen, e purtroppo ottenere deroghe per l'innalzamento dei decibel è terribilmente complicato e difficile per i promoter. Però alla fine chi ci rimette? Il pubblico.  

Il pubblico del Primavera Sound 2025
Folla all'aperto al Primavera Sound 2025 | Credits: Renato Anelli

E poi ci sono anche venue che non nascono come tali ma vengono riadattate (spesso con risultati alquanto deludenti). Non dovrebbe essere normale per un fan pagare un biglietto a prezzi anche molto elevati, per poi rischiare di trovarsi dietro a un albero e non vedere assolutamente nulla di ciò che succede sul palco. Uno spettatore che paga per un biglietto intero (uno qualsiasi, PIT o meno), ha il diritto sacrosanto di avere una visuale non ostruita e un audio buono. Altrimenti il messaggio che passa quale sarebbe? Non comprate i biglietti ma mettetevi fuori dai cancelli che tanto sentite uguale e comunque non vedete nulla?

Fortunatamente, non tutti i concerti all'aperto in Italia fanno schifo: ci sono anche molti esempi di venue grosse che funzionano molto bene. L'esempio più recente? Il Parco della Musica di Milano inaugurato giusto qualche giorno fa per il live dei Massive Attack (di cui vi avevo parlato qui). Una location ampia, spaziosa, suddivisa in diverse tipologie di PIT e pure con delle tribune in fondo, per tutti quelli che preferiscono farsi il concerto da seduti. Nel caso del concerto del collettivo trip hop, l'acustica e la visuale sono stati perfetti, anche per chi non stava vicino al palco. Sono questi gli spazi di cui hanno bisogno i fan dei concerti. 

Faccio questo nome perché è l’ultimo che ho potuto testare personalmente, ma ci sono anche tante altre location che meritano. Vale per la musica, come in ogni settore: in Italia le cose si possono fare bene, bisogna farsi ascoltare.