20 ottobre 2020

Quando tutto diventò blu: intervista ad Alessandro Baronciani

Una graphic novel che parla di attacchi di panico e di come si superino, un tour di concerti disegnati fatto con Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò assieme ad artiste come Her Skin, Any Other, Maria Antonietta, Verano, HÅN: Alessandro Baronciani ci parla di questo e altro in quest'intervista nata da una chiacchierata al telefono.

Il tuo lavoro di fumettista è da tempo legato a doppio filo al mondo musicale. Ci vuoi raccontare com’è nato il tuo rapporto col disegno e con la musica?

Quando ho cominciato ad ascoltare musica “alternativa”, l’unico modo per conoscere i dischi che giravano nei centri sociali, che uscivano in Italia ma che non avevano distribuzione, era comprare o scambiare le fanzine. Le fanzine le scambiavi con i dischi oppure le compravi ai concerti nei banchetti o “distro” come le chiamavamo. C’erano fanzine di tutti i tipi, da quelle di contro-informazione, personali, diari di viaggio e tante altre e spesso scritte veramente bene. Mi ricordo quella di Andrea Pomini Abbestia, quella più longeva e divertente Nessuno Schema di Claudio Canclini. Da qui mi venne l’idea che sarebbe stato bello fare una fanzine che parlasse di musica, usando le mie storie a fumetti per citare concerti che avevo visto o musica che avevo ascoltato. Mi sono così messo a fare fumetti per avere dischi e fanzine a casa: la gente comprava il mio fumetto e ci scambiavamo anche la musica. Sono sempre stato legato alla musica: mi ricordo alle superiori quando i miei amici che suonavano nelle band venivano da me per farsi fare qualche manifestino per i loro concerti, copertine di cassette, dischi. Ho iniziato con band del posto e poi sono andato avanti, penso che la prima copertina fuori città sia stata quella dei Fargo, il gruppo parallelo di Enrico Molteni dei TARM.

Tu hai da sempre abbracciato entrambe queste due arti: la musica è legata al momento, all’attimo; il disegno invece è qualcosa che rimane. Cosa ti fa provare unire il disegno alla musica?

Questa è una domanda molto emo! I primi esperimenti di concerti disegnati che ho visto sono stati quelli di Davide Toffolo e quelli al MI AMI - i primi a unire illustratori e fumettisti e proiettare i disegni durante il concerto. Ho sempre pensato che con un po’ di lavoro dietro ci potesse saltare qualcosa di unico. L’occasione è stata quando io e Colapesce siamo andati in tour a presentare il libro realizzato insieme e abbiamo creato i concerti disegnati. I concerti disegnati richiedono allo spettatore un coinvolgimento superiore a quello di qualsiasi concerto. Ad esempio a settembre al Ride di Milano alla fine dello spettacolo di Quando tutto diventò blu che sto portando in giro con Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò, a fine concerto un ragazzo mi dice: “Grazie perché stasera ho visto un concerto, ma mi sembra di aver lavorato tantissimo”. Gli chiedo in che senso e lui mi fa: “ero sempre concentrato, ma era una concentrazione diversa da quando guardi un film, ho lavorato, ma con piacere”. Ha detto proprio così: ed effettivamente lo spettacolo ha un po’ questo coinvolgimento. Ascolti la canzone, guardi il chitarrista, guardi la cantante e poi la proiezione. In un primo momento cerchi di capire cosa sto disegnando, cerchi di capire se c’è una connessione. Poi cominci a chiederti se il disegno alla fine della canzone sarà finito. Questo coinvolgimento ti fa stare sempre concentrato, ti fai trasportare dalla canzone. E quando ti distrai e sposti la tua attenzione dal palco ci sono io a sedere in platea insieme al pubblico che disegno e che ti sto raccontando un altro pezzo della storia.

Nelle varie tappe del tuo concerto a fumetti quest’anno hai ospitato diverse artiste, da Maria Antonietta a Any Other e Her Skin (fra le altre): perché hai scelto proprio loro per accompagnarti in questo viaggio? 

Mi piaceva che tutte le canzoni fossero cantate da una voce femminile perché anche la protagonista del libro è una ragazza. Poi mi sono divertito a coinvolgere Sara (Her Skin), Ilariuni (Gomma) e Verano a cantare una canzone nel disco. Sono stato molto contento di aver girato l’Italia con loro! Ho scoperto che Emanuela di Heike Has the Giggles aveva iniziato una carriera solista col nome Giungla, una volta chiacchierando in redazione a Rockit mi hanno fatto ascoltare HÅN e sono impazzito. Sono riuscito a coinvolgere Maria Antonietta con cui sono amico e anche Any Other nel concerto disegnato e sono rimasti tutti colpiti dallo spettacolo. Fare uno spettacolo e coinvolgere tante persone ti fa capire che ci sono tante cose belle in giro. Bisogna soltanto avere il tempo di andarle a cercare.

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Tu poco fa, mentre chiacchieravamo, hai fatto una battuta sul fatto che Jovanotti ha invitato solo artisti maschi nel suo ultimo tour. Tutt’oggi c’è un evidente problema di rappresentanza di genere nella scena attuale e spesso il modo più lampante per accorgersene è guardare la line-up di un festival: nella maggior parte di casi la percentuale di artiste è veramente scarsa. Pensi che stabilire una gender-equal line-up come già fanno alcuni festival come il Primavera, possa essere una buona soluzione per iniziare a provare a risolvere il problema?

Non ne ho idea, non so se può essere una soluzione per i festival. In politica penso sia necessario, indispensabile. Nei festival spetta al direttore artistico scegliere e selezionare le band e gli artisti. A dare una “direzione”. Chi fa questo di mestiere conosce tanta musica nuova. Io non so se ci riuscirei. Ultimamente faccio fatica anche a trovare amici e persone per avere consigli musicali.

Il problema è che si può creare un circolo vizioso a monte: se negli stessi festival gira la stessa musica, poi anche a livello di passaparola questo cerchio non si spezza. E ora ho citato i festival, ma penso si applichi a tutto il resto della filiera.

Tutto vero, ma è vero anche che non è sempre colpa dei Festival. Gira la stessa musica perché le band sono riuscite ad avere una produzione alle spalle, cioè delle persone che trovano le date al cantante, un fonico disposto a girare con la band, etc. Molte volte nei circuiti indie, nel senso di indipendenti, quando una band o un musicista fa uscire un disco non sono organizzati anche per andare a suonare nei locali. Non hanno una produzione che li segue. Quindi magari un direttore artistico ha anche in testa una scaletta gender-equal che poi si scontra con le impossibilità, le richieste e i budget che, in Italia da quando non si vendono più dischi, sono cresciuti esponenzialmente.

Un altro tema che a noi di noisyroad sta molto a cuore è quello della salute mentale, che purtroppo, viene ancora troppo spesso stigmatizzato o minimizzato. In Quando tutto diventò blu hai raccontato con grande sensibilità il tema degli attacchi di panico. Come sei arrivato alla storia che hai scelto di raccontare? 

Quando tutto diventò blu era un libro che è nato pensando a cosa oggi fosse diventata, in tempi moderni, l’avventura: io non ho mai voluto fare un libro che parlasse di attacchi di panico. Io volevo parlare di avventura e infatti volevo che avesse la stessa foliazione di un Bonelli. Avevo letto questo libro: Liberaci dal male oscuro che parlava di attacchi di panico e di disturbi legati alla depressione e ho pensato che fosse perfetto per raccontare un'avventura. Io non ho mai sofferto di attacchi di panico e quando ho cominciato a parlare in giro con i miei amici dell’idea che avevo avuto, ho scoperto che molti amici avevano sofferto di attacchi di panico. Questa cosa mi ha fatto strano, perché non capendo che cos’erano ho provato a raccontarlo partendo dalle loro storie. Ho voluto raccontare l’attacco di panico senza ricorrere alla simbologia. Non ci sono mostri, non c’è un nemico. Ci sei solo tu. Ho provato a descrivere cosa stava succedendo quando hai un attacco di panico, l’atmosfera, quello che c’è intorno a te quando non riesci a respirare, quando il cuore comincia a battere sempre più forte. In quel momento lì, dove sei? Sei a casa tua, sei nel tuo letto. C’è poca luce, perché magari ti dà fastidio il sole e hai abbassato le tapparelle. Sei sotto le coperte, ti fa male lo stomaco. Nella storia non c’è neanche una vera e propria causa che ha scatenato gli attacchi di panico, non c’è una storia perché non volevo dire: “tutti gli attacchi di panico sono questi e nascono per queste ragioni”; sarebbe stato un errore da corso di sceneggiatura. Io ho provato a raccontare cosa succede intorno a te quando hai un attacco di panico. È molto probabilmente un libro dedicato alle persone che non riescono a capirli gli “attacchi di panico”. Che non hanno mai provato questa paura.

Probabilmente sarai d’accordo con me: una delle canzoni più belle di sempre che parla dell’ansia è How to Disappear Completely dei Radiohead. Canzone che ha ispirato il tuo Come svanire completamente. Com’è nata l’ispirazione per quel tuo lavoro?

È nata da un’idea un po’ matta, che ha avuto bisogno di anni prima di venire fuori. Tutto nasce da una lezione di Antropologia Culturale ascoltata tantissimi anni fa in Accademia (che ho frequentato e mai finito), dove il professore disse: “Ma perché dobbiamo leggere un libro dalla prima all’ultima pagina per capire cosa c’è scritto dentro? Perché un libro non possiamo leggerlo partendo dal mezzo, andando avanti e andando indietro?” Ovviamente era una domanda provocatoria. Si parlava delle differente modo con cui oggi acquisiamo informazioni leggendo notizie e link su internet rispetto a un modo tradizionale di raccogliere informazioni studiando un libro. Però questa frase detta a lezione mi era piaciuta. Ho iniziato a rifletterci. Spezzare questa storia in 50 mini racconti e lasciarli tutto spezzati all’interno di questo libro/scatola. C’era questa ragazza che pensava di essere una sirena e di questo ragazzo perdutamente innamorato di lei, la cui unica disgrazia era essersi innamorato di questa sirena stanca di vivere, perché aveva vissuto più di mille anni ora si trova a cercare di svanire completamente mettendo tutta la propria vita in rete: video, poesie, stralci di racconti a pezzi, come solo le cose che puoi trovare in rete. Come svanire completamente è il libro di una storia fatta a pezzi. Poi come è successo per il concerto al Ride anche questa volta sono i lettori a darti una visione più centrata di quello che stai facendo. Un'illuminazione. Una lettera su instagram diceva così: "Non è solo una storia fatta a pezzi. Questo è un libro di ricordi: e i ricordi sono fatti a pezzi”. I ricordi non vanno come vuoi tu. Se devo pensare a una relazione con una ragazza, non metto tutto in ordine: i miei pensieri vanno e vengono senza continuità. Probabilmente la prima scena a visualizzarsi in testa sarebbe un litigio, poi forse il primo bacio, poi il primo caffè insieme, poi la prima volta che abbiamo fatto l’amore. Ci sono dei momenti precisi in cui questi ricordi riaffiorano e possono essere degli oggetti, come lo scontrino del primo caffè insieme, una “madeleine”. È stato un bell'esperimento, così pazzo che me lo sono autoprodottoHo fatto un sito e ho chiesto ai lettori di comprarlo prima di stamparlo, prima di disegnarlo: di darmi i soldi per l’idea, di premiarmi, di credere in questo libro. È così è successo ed i lettori sono diventati i miei “editori”. E oggi Come svanire completamente è un libro introvabile, un libro scomparso come la sirena. E tra poco sarà il momento di stampare Monokerostina.

Ma oltre ad averti aiutato a trovare il titolo, i Radiohead ti hanno influenzato anche in altro modo?

I Radiohead sono uno dei gruppi che ascoltato tantissimo, nello specifico “How to Disappear Completely” è il ricordo di una ragazza che mi piaceva che, dopo due o tre volte che ci vedevamo, mi mandò il testo della canzone ed era una cosa un po’ chiara per dire “non voglio più vederti” [ride]. Questo era quello che era successo nello specifico.

Ascolti musica mentre disegni? Hai dei brani e degli artisti che ti fanno compagnia durante il tuo lavoro?

Oh sì, cavolo certo! Scherzi? Inizio sistematicamente cominciando ad ascoltare i dischi e i cd che ho in studio dal primo all’ultimo ogni volta che mi metto al tavolo da disegno per un nuovo lavoro. Disegnando a casa, mi piace ascoltare musica dallo stereo, alzarmi ogni tanto per cambiare il disco. Ho approfittato del lockdown per fare una cosa che non ho mai fatto - e che andava fatta - e ho risistemato in ordine alfabetico tutti i cd. C’è voluta una giornata.

Di solito metti dei dischi dall’inizio alla fine o ti affidi alle playlist?

Lavorando da casa, essendo un quarantenne, ho tantissime cose inutili che si chiamano CD e tantissime altre cose inutili che si chiamano vinili. [ride]

Io sono malato di vinili, tranquillo.

Io mi sono trovato adesso a prendere il primo disco degli Strokes in vinile, che all’epoca avevo comprato in CD perché non si trovava in vinile. È stato proprio un mind fuck! [ride]
Comunque ho un sacco di vinili: oggi ho ri-ascoltato il primo disco dei Sophia, Fixed Water in vinile. Sembra di ascoltare Robin Proper-Sheppard che canta affianco a una friggitrice del McDonald's. Alcuni vinili all’epoca facevano proprio schifo. [ride]
Per ritornare ai Radiohead OK Computer ce l’ho in vinile, mentre Kid A il vinile in dieci pollici lo prestai alla mia fidanzata, che quando poi ci siamo lasciati non mi ha più ridato. Il primo disco che ho comprato è stato a 16 anni: Your Funeral... My Trial di Nick Cave, perché c’era una canzone che adoravo, The Carny, contenuta ne Il cielo sopra Berlino. Mi dispiace tanto per i CD che sono diventati “obsoleti”. Fa strano dire che una roba tecnologicamente più avanti del vinile oggi è diventata più “obsoleta” di quest’ultimo. Di radio invece ne ascolto poca: mi dà fastidio quando parlano sopra la fine della canzone, quando ci cantano sopra, hai presente. In generale non riesco ad ascoltare una persona che parla mentre disegno perché mi toglie la concentrazione

Ci sono delle canzoni specifiche o degli artisti che ti hanno aiutato a combattere le tue ansie?

La musica è la panacea. Come la gente stappa le bottiglie di vino buono, io strappo la plastica di un disco buono strofinandola sui jeans. Andare nei negozi di dischi mi rilassa molto.

C’è qualche live in particolare che rimpiangi di esserti perso per via del Covid?

Il concerto degli Algiers! Dovevo andare a vederli all’Ohibò - che fra l’altro nel frattempo ha chiuso. Secondo me il loro è uno dei dischi dell’anno. Fra l’altro il giorno dopo quel concerto avremmo dovuto fare il concerto di Quando tutto diventò blu in Santeria, ed era sold out. E poi è andata come è andata.

Si ringrazia Federica per la collaborazione alla realizzazione di questa intervista.