L'asfodelo è un fiore in grado di resistere al calore del fuoco. Il nome deriva dal greco e significa "la valle di ciò che non è stato ridotto in cenere", proprio in riferimento ai tuberi di questa pianta così resistente. Il nuovo disco dei Finn Andrews e soci, Asphodels, ha proprio questo titolo ingombrante ma, come la pianta stessa suggerisce, i Veils sono dei fiori meravigliosi, sbocciati già ma che, almeno a Roma, non si vedevano da anni, coperti dalla cenere.

Per la serie di "Concerti presto" al Monk, il quintetto neozelandese di stanza a Londra non si è fatto trovare impreparato ed è tornato nella Capitale presentando un'ora e venti di set. Immediatamente, la prima qualità che emerge è la grande duttilità della band. Una voce, un piano, una chitarra, un basso, una batteria, una slide guitar, un mellotron e un violino, questi gli strumenti impiegati principalmente on stage dalla band (oltre a percussioni varie) che fin dai primi minuti del concerto hanno dato l'idea di una grande profondità di suono.
Il live parte con un piano e voce: quattro pezzi tratti proprio dall'ultimo album Asphodels, uscito lo scorso 24 gennaio. Se con O Fortune Teller si raggiungono vette canore elevate è con le canzoni successive che anche la qualità musicale raggiunge discreti picchi. Birds, Not Yet e Here Come the Dead sono tre pugni ben assestati all'universo alternative, con degli attimi violinistici che non hanno nulla da invidiare nemmeno alla più alta produzione di Nick Cave. Quando, invece, la Fender Jaguar di Finn Andrews tocca note più garage, intravediamo i Black Keys sporcati da colori ancora più spinti.

Giusto il tempo di idratarsi un po' tra un pezzo più calmo e un altro più adagio (A Birthday Present, dall'album Nux Vomica, è stata una delle poche canzoni presentate prima del loro attacco) che subito si riparte forte, fino ad arrivare a Jesus for the Jugular, uno dei brani più riusciti dell'intero live. Il pubblico impazzisce, le chitarre distorte assumono una cattiveria progressive, fino quasi a snaturarsi. Sul palco, si nota come i cinque siano costantemente in controllo di tutti i loro strumenti, suonano coralmente, si divertono e tutti lavorano come un'unica entità.
Nell’antica Grecia si usava piantare l’asfodelo sulle tombe e i prati simboleggiavano la strada che conduceva all’Ade. Il percorso verso la redenzione è stato tracciato al Monk da Finn Andrews (figlio di quel Barry Andrews, ex XTC e League of Gentleman) e soci, tenendo alla larga i sortilegi maligni.
Se volete seguire un gruppo solido, essere trascinati dalla loro verve e, soprattutto, vedere cosa significhi sperimentare tra un genere e l'altro restando comunque affini a quella macroarea di riferimento che chiamiamo rock alternativo siete sulla strada giusta. Di band come i Veils non ce ne sono tante in giro.
Fotogallery a cura di Liliana Ricci: