03 luglio 2023

I Red Hot Chili Peppers agli I-Days sono la metafora della vita

Vedere i Red Hot Chili Peppers agli I-Days è stata un'esperienza catartica. Non solo per il sottoscritto, ma anche probabilmente per le altre circa 70.000 persone presenti. Trovarsi di fronte a John Frusciante che jamma con Flea, prima che attacchino con Otherside è una di quelle cose che ti rimangono dentro: a più di 20 anni di distanza dall'uscita di Californication, la band americana è ancora qui fra noi ed è in una forma invidiabile. Flea è il solito pazzo che salta da una parte all'altro del palco e ti travolge con il suo groove, Chad Smith è una macchina da guerra, la chitarra di Frusciante è probabilmente la connessione fra questo mondo e l'ultraterreno, mentre Anthony Kiedis balla e non si risparmia minimamente nonostante il tutore alla gamba. La sua voce poi regge parecchio bene durante la serata, a differenza degli ultimi tour fatti prima del ritorno di Frusciante.

A quasi 60 anni, i Red Hot Chili Peppers hanno un'energia che fa impallidire molte band emergenti attuali. A dispetto dell'età, non sono raggruppabili nella cerchia dei vecchi gruppi di dinosauri che vengono ormai ascoltati solo dai boomer, e questo lo si vede lanciando un'occhiata al pubblico. C'è davvero di tutto: un range che parte dai bambini e arriva fino ai 70enni, a confermare il fatto che i californiani hanno segnato la vita di diverse generazioni. È bellissimo vederli con tutta questa foga, che senza Frusciante si era persa per strada. L'alchimia, del resto, è un aspetto fondamentale per una band che fa dell'improvvisazione il suo cavallo di battaglia: e se Josh Klinghoffer era stato un valido rimpiazzo finora, nessuno può competere con John. Nessuno.

Red Hot Chili Peppers John Frusciante live I-Days festival Milano

Li vedi entrare sul palco, Flea che cammina sulle mani, Frusciante con i pantaloncini corti e dei calzettoni bianchi tirati fino alle ginocchia e una camicia stilossisima, mentre Kiedis indossa dei trashissimi pantaloncini glitterati di Playboy con una maglietta a rete. Li guardi e non riesci a non amarli e a farti trasportare dalla loro eccentricità e dalla loro stessa storia, fatta di tanti alti e qualche (grande) basso, fra compagni di band persi per l'eroina (Hillel Slovak), le lotte alla dipendenze degli altri membri nel corso degli anni e Frusciante che lascia il gruppo per due volte.

Eppure eccoli qui agli I-Days davanti a una folla che impazzisce per tutte le loro jam e i loro grandi classici come Around the World, Scar Tissue, Snow e ovviamente Californication. Messa giú così però sembra che il live sia stato solo una celebrazione dei fasti passati, ma non è andata così. Le nuove canzoni si sono integrate bene al resto della setlist: Eddie, Watchu Thinkin' e sopratutto Carry Me Home hanno fatto emozionare. Così come è stato incredibile poter ascoltare Wet Sand dal vivo, con l'assolo finale di John che ti prende e ti rivolta come un calzino, rendendoti più vulnerabile che mai.

Tutto questo con una bellissima luna piena che fa da sfondo. "The moon is a balloon!" esclama Flea a una certa, citando il suo amato David Niven. C'è il tempo per ringraziare i Primal Scream e gli Skunk Anansie che avevano riscaldato alla grande il pubblico. "La prossima la dedichiamo alla gente che vive in quei palazzoni in fondo" dice ridendo prima di attaccare con Me & My Friends, classico di The Uplift Mofo Party Plan.

Vocalmente Kiedis se la cava bene (non è mai stato famoso per essere il cantante migliore del mondo), ma i Red Hot senza di lui non potrebbero esistere. Il ritorno di Frusciante ha palesemente ringiovanito il gruppo e ridato linfa vitale, rendendoli di nuovo un gruppo di amici che fa sul palco quello che gli riesce meglio, divertendosi da impazzire. Il pubblico canta a squarciagola tutti i classici, fra una canzone e l'altra partono anche dei cori per Frusciante e tanti, tantissimi applausi. Il set si chiude con By The Way e nell'encore c'è spazio per la chicca I Could Have Lied (l'alternativa segnata in scaletta era Sir Psycho Sexy). A conclusione l'immancabile Give It Away, con migliaia e migliaia di persone che saltano sudate e felici come non mai.

Il "Grazie motherfuckers!" urlato a inizio serata da Flea al pubblico ora si è rovesciato: l'impressione è che sia la folla a dover ringraziare questi pazzi motherfukers, capaci sempre e nonostante tutto di rimanere rilevanti. I Red Hot Chili Peppers dopotutto rappresentano alla perfezione gli alti e bassi della vita, con una storia fatta di successi e fallimenti, uscite di scena e ritorni. Perché alla fine, la musica salva sempre.

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