04 dicembre 2023

"It's Showtime!": il concerto di Margherita Vicario all'Alcatraz di Milano

Margherita Vicario è un animale da palcoscenico: non che avessimo ancora qualche dubbio, ma la serata di ieri all’Alcatraz di Milano ne è stata l’ennesima dimostrazione. L’aggettivo giusto per descrivere un suo concerto potrebbe essere “teatrale”, ma non nell’accezione comune. Non ci sono scenette o monologhi, la scenografia non è neppure minimale, è proprio assente, ad eccezione dello specchio sullo sfondo. L’atmosfera da spettacolo la creano semmai la disposizione semicircolare della band e soprattutto lei. Con i suoi movimenti, il suo fare istrionico che a qualcuno potrebbe pure sembrare un copione scritto e imparato a memoria, ma che ai più trasmette genuinità e spontaneità.

Credits: Renato Anelli

Il concerto si apre con uno dei singoli pubblicati per il podcast Showtime, Ave Maria, e prosegue dritto come una spada. Come già accennato, gli intervalli sono pochi e ogni pezzo segue l’altro. Margherita Vicario sembra più spigliata rispetto al tour di Bingo: vuoi per l’esperienza maturata, vuoi per il pubblico in piedi e molto più coinvolto e coinvolgente rispetto ai tempi della pandemia, vuoi per la scelta di lasciare più spazio alla musica. La scaletta alterna i pezzi del suo secondo album, Come va, Dna (Oh Putain!), Troppi preti troppe suore, agli inediti pubblicati nell’ultimo anno. Tra questi, colpiscono per la resa dal vivo, Canzoncina e Magia, quest’ultima cantata come penultima in scaletta.

Nel mezzo, la sezione più acustica e amarcord del concerto, gli istanti in cui i veri fan escono allo scoperto e cantano ancora più forte di prima. È il momento centrale del live e Margherita Vicario l’ha voluto dedicare ai suoi esordi e al suo primo disco. Sono passati dieci anni, come racconta lei dal palco dell’Alcatraz, ma sembra ieri. Margherita canta Nota bene e Occhio ai vetri alla tastiera. Poi Per un bacio, dove lascia fuoriuscire tutto il proprio istinto teatrale domato fino a quel momento e infine si esibisce con la chitarra elettrica sulle note di Se riesco parto.

Credits: Renato Anelli

Tolti i classiconi irrinunciabili come Mandela, Orango e Romeo, per forza di cose nella versione short senza Speranza, i momenti migliori del live sono quelli con la cassa dritta protagonista. Oppure quelli in cui il pubblico è spinto a cantare. Ecco allora Giubbottino, Abauè – con l’ormai consueto esercizio coristico degli spettatori – e la nuova canzone conclusiva, scelta appositamente per questo tour. La tripletta del bis, infatti, dopo Magia e Come noi, si chiude con l’energia sfrenata di Pincio. La canzone dedicata alla sorellanza, o più in generale, all’amicizia, diventa la colonna sonora ideale per la condivisione finale generale.

Quando Margherita Vicario esce dal palco dell'Alcatraz, c’è gente che balla e canta, ancora inebriata dalle buone sensazioni ricevute nelle due ore precedenti. Un suo concerto, prima ancora di essere un live ben costruito ed eseguito, è un piccolo microcosmo senza effetti speciali, ma accogliente. Un luogo fisico e psichico in cui non ci si sente soli e si è costantemente rincuorati da qualcuno che canta col sorriso.

Qui sotto trovate gli scatti della serata del nostro Renato Anelli.