Anima Thom Yorke 27 giugno 2019
9.2

È metà giugno. In alcune città come Milano, Londra e Dallas appaiono dei volantini misteriosi.

«Hai perso i tuoi sogni? - c’è scritto - Non disperare. Qui ad ANIMA abbiamo costruito una Camera dei Sogni. Chiama il numero verde e troveremo i tuoi sogni per te.»

Alla fine c’è un numero verde che, se chiamato, ti fa interagire con una voce femminile automatizzata che ti invita a lasciare un messaggio in segreteria telefonica. Ovviamente ciò non è possibile perché dopo il segnale acustico parte Not the News brano di Thom Yorke mai pubblicato ufficialmente prima di quel momento. Pochi giorni dopo l’avvistamento di questi messaggi criptici, l’arcano viene svelato dallo stesso frontman dei Radiohead, che annuncia l’uscita imminente della sua ultima fatica solista: ANIMA. Fortuna che dopo la pubblicazione di A Moon Shaped Pool del 2016 (annunciato tramite la temporanea cancellazione social-mediatica della band, metodo poi scopiazzato fino alla nausea da mezzo mondo) si era detto stanco di usare sempre strategie di marketing originali.

Ma tutto questo non basta, no, perché il giorno della release non viene pubblicato solo il disco ma anche un corto diretto da Paul Thomas Anderson, sodale ormai di lunga data di Jonny Greenwood e della stessa band (è sua la regia di quel capolavoro di videoclip che è Daydreaming). Il corto, che viene presentato per l'appunto come cortometraggio, in realtà non è altro che un videoclip molto lungo (dura circa 15 minuti) e che in qualche modo ha la funzione di fornire una chiave di lettura per questo disco complesso e atipico che è ANIMA. Già, perché sarebbe impossibile dare un giudizio al corto senza l’ascolto dell’album, in quanto la regia di Anderson, sempre perfetta in ogni inquadratura e in ogni particolare, si regge su due colonne portanti: la musica di Yorke e la coregrafia di Damien Jalet (già coreografo del remake di Suspiria di Guadagnino), senza le quali il corto non avrebbe senso.

Si tratta di un viaggio di Yorke attraverso la metropolitana londinese, spazi urbani asettici e vicoli praghesi, nel tentativo di restiuire una valigetta ad una donna (la sua fidanzata Dajana Roncione) vista in metro poco prima. L’incontro viene ostacolato dalla danza ipnotica di numerosi ballerini, fino a che i due non riescono a salire insieme su un tram e Yorke riesce ad addormentarsi, finalmente sereno.

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Le interpretazioni possono essere molteplici, quella più ovvia è che si tratti di un viaggio onirico di Yorke intento a far emergere il proprio inconscio sopito. Sono infatti questi due elementi - sogno e inconscio - ad aver ispirato l’album ed il suo titolo. Il termine “Anima” infatti è un elemento cardine nella scuola di psicologia analitica di Carl Gustav Jung, il quale la definisce come il lato femminile inconscio di un uomo, trascendente la psiche personale. 

Siete confusi vero? Ascoltate l’album e lo sarete ancora di più. 

Psiche, inconscio, sogno, distopia: sono questi gli elementi ricorrenti del disco. Un disco che, se non si fosse ancora capito, è un lavoro complesso e studiato nei minimi particolari, con ogni sfumatura esattamente nel punto in cui si deve trovare. Le influenze vanno ricercate nella vecchia musique concrète e nell’anti-musica - d’altronde l’intento di Yorke non era quello di scrivere un sacco di canzoni, ma solo di fare rumore.

Ad aiutarlo c’è stato ancora una volta Nigel Godrich (storico produttore dei Radiohead, nonché membro degli Atoms for Peace) il quale ha messo ordine ai frammenti di beat e di melodie che Yorke gli mandava, rendendole coese nel loro disordine. A completare l’opera ci pensa poi l’eloquente artwork realizzato a matita da Stanley Donwood: rappresenta un uomo che precipita. Cosa che, prima ancora della musica, ci preannuncia le atmosfere cupe e orwelliane del disco.

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Ad aprire l’album è Traffic (usata nella parte centrale del corto di Anderson) e si viene subito catapultati in un contesto urbano distopico, ipnotizzati dal beat techno. « I can't breathe / There’s no water / There's no water / A drip feed / Foie gras » canta Yorke, dandoti l’impressione di essere in una stanza con le pareti che si stringono attorno a te sempre di più. Con la successiva Last I Heard (...He Was Circling the Drain) si varcano definitivamente i cancelli dell’inconscio per immergerci in un delirio onirico. « I woke up with a feeling I just could not take » continua a ripetere. Il brano fa riferimento a un sogno avuto dallo stesso Yorke mentre si trovava a Tokyo, con gli umani ed i ratti che si erano scambiati i ruoli. « Humans the size of rats » sussurra poco dopo. I sintetizzatori sono morbidi e sognanti, anestetizzano l’ascoltatore finchè non cade anche lui in questa ipnosi delirante. Si prosegue con Twist, figlia del periodo di Tomorrow’s Modern Boxes (2014), dove spesso appariva nelle setlist delle esibizioni live. Oltre ad essere probabilmente il brano in studio più lungo di sempre di Yorke (7,03 minuti di durata), rende bene l’idea del lavoro compositivo che c’è stato alle spalle: diverse campionature mescolate insieme. Al minuto 3.56 la direzione presa dal brano cambia completamente, rendendolo qualcosa di completamente diverso. Una sorta di transizione alla Paranoid Android ma in chiave spiccatamente elettronica e sperimentale. Arriviamo così alla canzone centrale dell’album, nonché chiusura del corto di Anderson: Dawn Chorus. È un brano diverso da tutti gli altri, con una spiccata componente melodica, a scapito dell’anti-musica ricercata per tutto il resto del disco. Potrebbe tranquillamente essere una canzone dei Radiohead: i suoni, le atmosfere rarefatte, la malinconia. E infatti la sua genesi risale al 2008, e pare potesse essere inserita nell’ultimo album della band A Moon Shaped Pool. « If you could do it all again / yeah without a second thought » canta Yorke, riferendosi probabilmente ai rimpianti di una vita vissuta e alla futilità della stessa: « If you could do it all again / big deal so what. » I sintetizzatori gli sostengono la voce, fino a che non si spengono dolcemente, cullati dal coro mattutino (dawn chorus) degli uccellini.

I cinguettii elettronici proseguono e dall’oscurità emerge la voce di Yorke che ripete come un mantra: « You don't mean a thing but it won't bother me ». Mentre un basso alla Flea-versione-Atoms For a Peace traccia il groove di I Am a Very Rude Person. Sopra questo mantra che si ripete, Yorke inizia a cantare usando versi d’impatto come « I have to destroy to create » (probabilmente il verso-manifesto dell’opera) e « Now I’m gonna watch your party die » che riporta alla memoria la frase di Jep Gambardella ne La Grande Bellezza riguardo alla propria ambizione di poter far fallire le feste. Arriva così il momento di Not the News, brano usato anche in apertura del corto. Un metronomo elettronico scandisce il ritmo mentre il suono complessivo viene gradualmente stratificato da nuovi elementi e dalla voce di Yorke. Il ritmo, i suoni, il testo ci riportano a una sensazione di caos, rumore e frustrazione di un mondo confuso dell’era Brexit. Nel settimo brano The Axe la riflessione jungiana sull’Anima viene trasferita sulla relazione fra uomo e tecnologia. « Goddamned machinery / Why don't you speak to me? » esordisce Yorke. « I thought we had a deal » inizia a ripetere disilusso da un patto infranto. Il riferimento molto probabilmente è legato alla promessa iniziale che la tecnologia avrebbe reso le persone più connesse e di conseguenza più felici, quando in realtà è successo l’opposto, con persone sempre più intente a ignorarsi per fissare uno schermo. Il brano cresce di minuto in minuto in un climax accompagnato ritmicamente dal sodale Phil Selway. Si arriva così alla conclusione dell’album, con le due ultime tracce Impossible Knots e Runwayaway. La prima è caratterizzata da un bel groove che ti fa venire voglia di metterti a ballare come Yorke nel video di Lotus Flower, mentre la seconda è decisamente più sperimentale. L'intro presenta l'unica chitarra dell'album, spigolosa e caricata di una buona dose di delay. In sottofondo parte un arpeggiatore automatico, mentre una voce femminile automatizzata sentenzia « We are forever ». Intanto le note suonate dalla chitarra sfumano, per dare spazio alla drum machine ed ai sintetizzatori mentre la voce di Yorke convive con quella automatizzata. Il brano sfuma lentamente finchè non rimane che il silenzio.

 Un viaggio che lascia frastornati: questo è l'ascolto di questo disco. Tanto complesso quanto enigmatico, ANIMA è la rappresentazione delle paure, speranze e paranoie razionali e inconsce che abitano all'interno di ognuno di noi. Un disco complesso, che va riascoltato molte volte prima che possa fare breccia attraverso le nostre barriere. Una riflessione sulla deriva del mondo contemporaneo e sulle relazioni umane, dove gli smartphone altro non sono che avatar di noi stessi mentre sognamo. Siamo sempre connessi, eppure non siamo mai stati così soli. E possiamo fare finta che tutto questo vada bene, oppure decidere di abbracciare l'oscurità e andare a scoprire un lato di noi che è stato ingabbiato per troppo a lungo. ANIMA dopotutto è una chiave nascosta fra le mura di un labirinto: se trovata potrebbe aprire una porta che potrebbe renderci infelici, ma liberi.

THOM YORKE by ALEX LAKE WWW.TWOSHORTDAYS.COM

Thom Yorke farà ritorno in Italia questo mese per cinque esclusive date (fra cui una in occasione del Ferrara Sotto le Stelle 2019, di cui siamo media partner):

16 luglio – Collisioni Festival, Barolo (CN)

17 luglio –  Villa Manin Estate, Codroipo (UD)

18 luglio – Ferrara Sotto le Stelle, Ferrara

20 luglio – Umbria Jazz, Perugia

21 luglio – Roma, Auditorium Parco della Musica

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