18 settembre 2020

Mi piacerebbe avvicinarmi a una versione di me stessa che può semplicemente accettare che qualcosa ha raggiunto la sua fine e accettarlo con dignità - Intervista a Fenne Lily

Vi piacciono le voci delicate, i testi intimi e pungenti e le canzoni tristi? Beh, allora c'è un'artista che non potete assolutamente lasciarvi scappare. Si tratta di Fenne Lily, giovane cantautrice britannica che a due anni di distanza dall’uscita del suo debut album, On Hold, il 18 settembre è pronta a pubblicare per Dead Ocean il suo secondo album, BREACH.
In attesa di poterla finalmente sentire live nel nostro paese, il prossimo 9 maggio 2021 al Circolo Magnolia (MI), abbiamo avuto l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con lei. Scoprite cosa ci ha raccontato.

Ciao Fenne, come stai? Per cominciare ci tenevo a dirti che ho iniziato a seguire il tuo progetto ancora prima che uscisse il tuo debut album e lo apprezzo davvero moltissimo, per cui sono particolarmente contenta di poter realizzare questa intervista per noisyroad. 

Grazie per avermi invitata.

Il tuo secondo album, Breach, uscirà il 18/09 e arriva a due anni dalla pubblicazione del tuo debut On Hold. Com’è cambiata la tua vita e la tua musica in questo periodo?

Ho viaggiato molto tra l'uscita del mio primo disco e la scrittura del secondo, sentendomi un po' come se stessi vivendo due vite. In alcuni momenti non volevo tornare a casa perché mi sentivo viva, utile e piena di energia mentre viaggiavo per suonare, quindi in questo senso la mia vita è cambiata molto – mi sono abituata a incontrare persone solo per una notte o un tour e poi partire, vedendo da vicino la natura temporanea di tutte le cose. Quindi le canzoni che stavo scrivendo in quel periodo riflettevano questa dicotomia ed ero anche piuttosto sola rispetto a quando ero in tour - penso che, prima di allora, avessi sempre bisogno di altre persone per confrontarmi, distrarmi e definirmi, e in quel periodo non le ho avute, così ho dovuto imparare ad essere più autosufficiente emotivamente e a concentrarmi sul mio rapporto con me stessa.

Il tuo nuovo lavoro segna anche il tuo ingresso nella famiglia Dead Oceans (Bright Eyes, Phoebe Bridgers, Mitski, The Tallest Man in Earth, solo per citarne alcuni).

Sì, questa nuova famiglia è da matti. Quando lavoravo in un negozio di dischi mettevo praticamente tutti quelli di Secretly Canadian nel negozio e ora sono tra loro - il cerchio si è chiuso.

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Come descriveresti il sound di Breach? Quali sono state le tue influenze? 

Confrontandolo con On Hold, BREACH è più strumentalmente sviluppato: volevo creare qualcosa che mi sarebbe piaciuto suonare dal vivo, qualcosa di più grande e più sicuro di sé. È più un disco di una band, immagino. Il mio amico e bassista / chitarrista Joe ha condiviso molta della sua musica con me mentre eravamo in tour e ha fornito molte idee intelligenti e belle per far crescere le canzoni: ho iniziato scrivendole solo voce e chitarra e le ho composte a casa su GarageBand, prima di andare a Chicago per registrare. Sapevo di voler creare qualcosa che fosse più vicino alla musica che ascolto, come Modest Mouse e Big Thief e Lucy Dacus (che canta in Berlin). Detto questo, desideravo comunque mantenere la vicinanza di On Hold, volevo che questa volta fosse gentile, ma più forte.

Quale canzone diresti rappresenta al meglio il tuo nuovo album? E qual è quella a cui sei più legata?

Berlin sembra definire il disco, soprattutto dal punto di vista dei testi: «it’s not hard to be alone anymore / though I’m waking to a day I ignore». Quella sensazione di stare finalmente bene da sola, ma provare ancora alcune delle stesse paure. Riconoscere che tutto va su e giù e non sarai mai completamente una cosa sola. Penso anche che Laundry and Jet Lag sia una canzone importante - è una delle poche tracce dell’album che tratta lo scioglimento di una relazione, l'essere delusi da qualcuno, mentre allo stesso tempo chiude il disco e finisce con una maestosa sezione di archi. Sapevo di aver bisogno degli archi in questo album e quella traccia sembrava il momento perfetto, per finire con una nota di euforia, ma allo stesso tempo di riflessione.

Hai scritto il nuovo album in un periodo di isolamento prima del lockdown causato dal COVID, preso dopo un tour europeo e una residenza solitaria di un mese a Berlino, che hai raccontato nel brano Berlin. In che modo la solitudine ha influenzato il tuo processo creativo? 

Credo che si tratti meno della solitudine e più dell'essere soli, le vedo come cose diverse. Stare da sola è stato importante per me, soprattutto dopo aver girato così tanto e non essermi concessa abbastanza tempo per recuperare o avere spazio. Tendo a stancarmi e mi sento sopraffatta facilmente, ho sempre pianto ai compleanni e a Natale da bambina, immagino che l'eccitazione diventi eccessiva, quindi sapevo di aver bisogno di stare un po' di tempo da sola per lavorare su cose che stavo evitando. È facile non prestare attenzione a quel rapporto. Ricordo che aspettavo quasi che un ragazzo che mi piaceva uscisse e mi incontrasse lì, ma non l'ha mai fatto e ne sono felice ora - non avrei mai pensato di essere abbastanza coraggiosa per vivere un'avventura solitaria, ma lo pensavo anche sul fare un album e ora ne ho fatti due!

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Come mai hai scelto di passare del tempo da sola proprio nella capitale tedesca? In che mondo questa città ti ha ispirata? E, a proposito, com’è passare una serata in solitaria al Berghain?

Il Berghain è folle, avevo sentito molte storie al riguardo ed erano tutte vere. Non mi piacciono molto la folla e il rumore forte, quindi mettermi in quella situazione è stata una scelta strana. Mi è uscito sangue dal naso dopo circa un'ora, quindi me ne sono dovuta andare, ma per tutto il tempo che sono stata lì mi sono sentita principalmente come una sorta di strana giornalista - come Louis Theroux, guardando tutti nel loro elemento, chiedendomi perché trovo difficile «ballare come nessuno stesse guardando». Ho scelto Berlino perché è stato il mio posto preferito da visitare e in cui suonare ogni volta che ho fatto un tour in Europa – inoltre, una mia cara amica, Mogli, vive lì. Sapevo che ci sarebbe stato un momento in cui avrei dovuto rimettermi in carreggiata e lei è l'amica perfetta per questo.

Berlin vanta la partecipazione di Lucy Dacus e Ali Chant. Se potessi scegliere, quale sarebbe la collaborazione dei tuoi sogni?

Scrivere con Feist o Bill Callahan e andare in tour con un’orchestra sinfonica al completo.

Il tuo singolo Alapathy prende il titolo da una parola inventata da te che unisce apathy e allopathic (allopatia, ovvero terapia inversa al male). A tal proposito, hai raccontato che la medicina tradizionale non ha mai curato i sintomi della tua salute mentale e che non ha risolto i problemi. Già nel tuo singolo Hypochondriac mi aveva colpito molto il verso «These complications I have with my health only go as far as I take them». Quello della salute mentale è un tema che a noi di noisyroad sta molto a cuore ma che, purtroppo, viene ancora troppo spesso stigmatizzato o minimizzato. 

Quel verso in questo contesto fa sembrare che io pensi che la salute mentale sia qualcosa che può essere controllata con il proprio atteggiamento, non penso valga per tutti, ma in questo caso stavo perdendo il controllo per piccole cose e lasciando che piccole paure governassero la mia vita. C'è stato un periodo di una settimana circa in cui non dormivo affatto perché la mia mente non si spegneva, è stata dura, ma ero consapevole che sentirmi al massimo e al minimo del mio spettro emotivo fosse importante: non volevo offuscare nulla o impedirmi di provare qualcosa che avevo bisogno di provare. Non è lo stesso per tutti, rispetto totalmente il fatto che le situazioni di salute mentale siano completamente incomparabili e uniche, e la medicina funziona per molte persone, solo non mi sembrava giusta per me. Mi piace il cervello che ho, anche se a volte mi sembra che stia lavorando contro di me - a volte vorrei poterlo spegnere, ma gran parte di questo disco parla di quella sensazione, senza la quale immagino che non ci sarebbe alcun album.

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Sono molto orgogliosa di dire che con noisyroad, pur essendo una webzine che parla di musica, siamo riusciti più volte a parlare di femminismo e questioni di genere. Proprio per questo fra i brani che compongono il disco ce ne sono un paio che mi ha colpita immediatamente fin dal titolo. Si tratta di I Used To Hate My Body But Now I Just Hate You To Be A Woman pt. 1.

Innanzitutto, è molto bello saperlo. Io trovo condiscendente quando mi chiedono com’è essere una donna nella musica (so che non mi stai chiedendo questo!) – è una domanda impossibile, perché io non sono mai stata un uomo nella musica, o un uomo in generale, quindi sto sempre parlando e scrivendo dalla mia prospettiva. Entrambe le tracce che hai scelto vengono dalla rabbia verso persone (sia uomini che donne) che non rispettano i confini e il processo di rivendicazione dell'autonomia di fronte a ciò. I Used To Hate My Body But Now I Just Hate You è stata come un punto di svolta per me - essere in grado di dire esplicitamente «mi hai fatto incazzare e non mi va bene» e allo stesso tempo concludere con il verso «Io ti vedo ancora come una sorta di rassicurazione che un giorno sarò capita» - riconoscendo il dolore di terminare qualcosa, ma anche la bellezza dell'inizio. Essere gentile con entrambe le parti, ma anche ferma sulla mia decisione mi è sembrato un forte passo nella giusta direzione.

In passato avevi descritto il tuo singolo To Be A Woman pt. 2 come una call to arm e hai dichiarato che è il risultato di una relazione manipolativa. 

Del tempo trascorso con una persona che non ha mai imparato ad ascoltare un no, sì. Immagino di aver sempre pensato che sarei stata abbastanza sicura del mio senso del giusto e sbagliato da oppormi a quel tipo di comportamento, ma ho scoperto che a volte è più facile essere quella persona per gli altri che vengono trattati di merda e meno quando succede a me. Quella sensazione opprimente di non sgarrare vicino a qualcuno che potrebbe superare il limite in qualsiasi momento è terrificante: la frase di apertura «123 don’t breathe until I wanna come back». Aspettare con paura di vedere come quella persona ha voglia di trattarti è una posizione in cui non voglio mai più essere e dovevo dirlo a me stessa e a chiunque altro avesse bisogno di ascoltarlo.

In Birthday, invece, c’è un verso che richiama un’immagine molto evocativa, che trovo triste e splendida allo stesso tempo: we talked about getting married / and now I hate your guts but I can’t shut up.

Pensare all'inizio di una relazione quando hai raggiunto la fine è la parte più difficile del lasciare andare qualcosa, penso - ricordare quanto eri vicino a qualcuno e confrontarlo con il punto in cui tutto si sta dissolvendo e non puoi smettere di parlare, attribuendo colpe come se non ci fosse mai stato amore fin dall’inizio. Ero arrabbiata quando ho scritto Birthday, non con me stessa o con l'altra persona tanto quanto con la situazione. Mi piacerebbe avvicinarmi a una versione di me stessa che può semplicemente accettare che qualcosa ha raggiunto la sua fine e accettarlo con dignità, ma in questo episodio in particolare c'era così tanta tristezza che mi stavo comportando in un modo non molto bello – non sono brava a dire addio, ma sto migliorando.

Il prossimo settembre dovrebbe partire il tuo tour europeo. Ragionando in maniera realistica: credi che questo autunno ci sarà effettivamente la possibilità per gli artisti di portare avanti un tour in giro per l’Europa? 

Onestamente, probabilmente no, non vorrei nemmeno essere la ragione per cui qualcuno rischia qualcosa di pericoloso e si ammala. Per quanto io voglia disperatamente fare un tour di questo disco, dobbiamo tutti essere pazienti e aspettare che il mondo sia più vicino alla normalità. Il che fa schifo: ho scritto questo disco pensando agli spettacoli, volevo fare qualcosa che io e la band ameremmo suonare dal vivo, succederà però, e sto cercando di non essere troppo giù rispetto a questa situazione perché sono messa molto peggio di molte persone, ma fa schifo per tutti. Inoltre, il nostro governo ha agito ancora una volta troppo poco e troppo tardi - se fossimo più come il Giappone probabilmente faremmo concerti in questo momento...

Durante l’estate in Italia il mondo degli eventi ha iniziato lentamente a ripartire e ho avuto l’occasione di partecipare a una manciata di concerti. Per quanto bello ed emozionante devo ammettere che assistere a uno show seduti, senza poter stare sotto palco e dovendo mantenere le distanze dalle altre persone che ti circondano è stato un po’ straniante. Tu come ti senti all’idea di tornare finalmente sul palco? Come pensi cambierà la concezione di live music dopo tutto ciò che è successo quest’anno? *

Sembra così lontano da come è stata la mia vita negli ultimi mesi. Ho letteralmente sognato di suonare a dei concerti, qualsiasi concerto, anche pessimo - andare in tour è la parte migliore di quello che faccio, lo fa sembrare reale e pubblicare un disco senza quell'elemento sembra surreale e bizzarro. Spero, quando ci sarà permesso di tornare in tour, che le persone apprezzeranno e sosterranno la musica dal vivo un po' di più, che non la daranno così per scontata, compreranno merch, sosterranno le persone, le band e le troupe che lo rendono possibile. Vedere qualcosa portato via da te, perderlo e finalmente riaverlo può essere solo una buona cosa – dicono che la lontananza rafforza l’amore e spero che sia vero per la musica dal vivo. È stato così dal punto di vista sociale, penso, durante la quarantena: alla gente mancano piccole cose come cenare con gli amici e abbracciarsi, quindi per quanto penso sarà strano per un po’ e qualcuno dovrà disegnare una maschera per i cantanti dove la parte della bocca non è così ovattata, sarà un enorme sollievo quando nulla ci ricorderà questo anno spaventoso. Tuttavia, non userò mai più il microfono di un locale, d'ora in poi ne prenderò uno mio.

Incrociando le dita e sperando che vada tutto bene, il 14/10 dovresti fare tappa a Milano, al Circolo Magnolia. Innanzitutto non vedo l’ora di poterti sentire finalmente: sei emozionata all’idea di suonare live nel nostro paese? *

Sono emozionata all’idea di suonare in TUTTI i paesi! Ma sì, non sono mai stata a Milano – non vedo l’ora.

*domande poste prima che il tour ufficiale venisse riprogrammato per maggio 2021

Fenne Lily sarà live in Italia nel 2021:

09/05/21 Circolo Magnolia, Milano

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