Sono passati ormai due settimane dalla fine del Primavera Sound 2025, e stiamo ancora cercando di riprenderci dai postumi da festival nel corpo e nella testa. Ma anche quel vuoto strano che ti prende quando finisce qualcosa di totalizzante. Cinque giorni vissuti dentro una bolla fatta di musica, persone, sudore, stupore. Ora che siamo tornati alla realtà, è il momento di tirare le somme.
A Barcellona si è chiusa un’edizione destinata a lasciare il segno. Non tanto per scandali o polemiche, quanto perché ha rappresentato una vera svolta. Il Primavera, nato come rifugio per l’indie più ricercato, oggi si presenta senza esitazioni come un gigante del pop globale. I numeri lo confermano: quasi 300.000 partecipanti, sold out da gennaio, e una lineup capace di far parlare il mondo intero. Ma anche di dividere il suo pubblico.
Ma andiamo con ordine.

Numeri fuori scala
L’edizione 2025 del Primavera Sound ha infranto ogni aspettativa e riscritto i suoi stessi standard. In totale 293.000 persone, provenienti da oltre 130 Paesi, hanno attraversato il Parc del Fòrum di Barcellona durante la settimana: un pubblico composto per il 65% da spettatori internazionali e un’età media di appena 29 anni.
Dati che parlano chiaro: il Primavera non è più solo un festival musicale. È diventato un fenomeno culturale globale, un evento lifestyle che segna il calendario di un’intera generazione. Un’esperienza da vivere tanto quanto da raccontare.

La svolta pop è definitiva
Se negli anni passati il Primavera Sound aveva flirtato con il pop, nel 2025 ha smesso ogni esitazione e ha abbracciato la nuova direzione a braccia aperte. La scelta è stata chiara, netta, quasi programmatica: il pop contemporaneo è al centro della scena.
I tre headliner parlano da soli:
- Charli xcx & Troye Sivan, insieme in un set condiviso che ha mischiato rave, euforia queer e pop da club.
- Sabrina Carpenter, con uno show a metà tra un musical patinato e un videoclip in tempo reale.
- Chappell Roan, vera rivelazione dell’anno, che ha trasformato il palco in un cabaret teatrale, esplicito e trascinante.
Il pubblico? In delirio. Questi set sono stati i più fotografati, condivisi e discussi del festival. Ogni dettaglio – outfit, luci, coreografie – sembrava pensato per vivere sia dal vivo che su TikTok. Un’estetica potente e un’esperienza pensata per essere virale.
Ma sarebbe un errore fermarsi ai grandi nomi.
Il vero punto di forza del Primavera – da sempre – è la profondità della lineup. Più di 300 artisti, un ventaglio musicale vastissimo che non si limita alle mode del momento. Dove altri festival si limitano a un pugno di headliner e poco più, il Primavera sorprende anche (e soprattutto) nelle pieghe della sua programmazione.
Qui il nostro racconto approfondito (con fotogallery) della prima, seconda e terza giornata di questa edizione.
Tra le pieghe del cartellone 2025 abbiamo trovato:
- Il live intenso e poetico di Anohni and the Johnsons;
- Il ritorno emozionante dei TV on the Radio;
- Le nuove promesse come julie e Been Stellar;
- L’urgenza post-punk di High Vis e la furia hardcore dei Gouge Away.
E poi, elemento non secondario: la scena spagnola. Il Primavera è uno dei pochi grandi festival europei a dare spazio vero e visibile agli artisti di casa. Una scelta culturale importante, che riflette una città dove la musica è parte del tessuto urbano.
A Barcellona la musica si respira tutto l’anno: live ovunque, venue piccole e medie sempre attive, artisti che crescono nel tempo. Il festival diventa così il culmine di una cultura musicale viva, quasi fosse una festività nazionale per chi ama la musica in tutte le sue forme.

I momenti che ci porteremo dietro
In mezzo a centinaia di live e showcase, ci sono quei set che non solo si fanno ricordare, ma si imprimono nella memoria come istantanee emotive. Quei momenti in cui il tempo si ferma e tutto trova un senso. Ecco alcuni tra quelli che ci hanno lasciato il segno:
- Gli LCD Soundsystem hanno acceso il Parc del Fòrum con una scaletta impeccabile. Un mix perfetto tra nostalgia e catarsi, tra ballo collettivo e malinconia lucida. Un ritorno in grande stile, celebrato da un pubblico che cantava ogni parola.
- Gli IDLES hanno scosso il festival con un live rabbioso, fisico, diretto. Rock, sudore e politica intrecciati in un’ora che è sembrata una dichiarazione d’intenti. Pochi fronzoli, tanta verità.
- I Turnstile, attesi da mesi, hanno scelto le 3 di notte per presentare Never Enough, il loro nuovo album. Un orario improbabile? Forse. Ma davanti a loro c’erano migliaia di fan ancora carichi, pronti a dare fondo alle ultime energie rimaste. Ed è stata pura esplosione.
- Poi c’è stato Anohni and the Johnsons. Un momento di grazia, intimo e sospeso, tra archi, silenzi e voce. Un set che non ha avuto bisogno di effetti speciali per commuovere, solo la forza di una presenza dolce e intensa, capace di incantare.

Non è tutto oro: cosa non ha funzionato
Per quanto l’edizione 2025 del Primavera Sound sia stata un successo a livello di pubblico, programmazione e organizzazione generale, qualche intoppo – inevitabile in eventi di queste dimensioni – non è mancato. E in alcuni casi ha lasciato l’amaro in bocca.
Problemi tecnici
Durante lo show di Sabrina Carpenter, tra i più attesi e seguiti, si sono verificati diversi blackout audio che hanno spezzato l’intensità e il ritmo dello spettacolo. Niente di catastrofico, certo, ma abbastanza per far storcere il naso a chi si aspetta standard altissimi da un festival di questa portata. Sono imprevisti che capitano, sempre. Ma quando succedono nei momenti clou, si notano eccome.
La questione bagni
Ogni anno si spera in un miglioramento, e ogni anno ci si ritrova nella stessa situazione: file interminabili ai bagni, soprattutto dopo i set degli artisti più grandi. Se non pianifichi le pause al secondo, rischi di restare imbottigliato per decine di minuti, con il rischio di perdere buona parte dei live successivi. Una frustrazione che molti segnalano, e che in un evento così meticoloso sotto altri aspetti, suona ancora più stonata.
Prezzi sempre più alti
La direzione "premium" del Primavera è ormai evidente, ma sta diventando economicamente insostenibile per una parte del suo pubblico storico. Gli early bird per il 2026 sono già volati a 265 euro, ben 50 in più rispetto ai 213 dell’anno scorso. È un aumento che pesa, soprattutto per i più giovani o per chi arriva da fuori. E l'impressione è che si stia lentamente alzando una barriera all’ingresso che mal si sposa con lo spirito originario del festival.
Cosa invece ha funzionato bene
Nonostante questi problemi, ci sono aspetti organizzativi che continuano a fare scuola.
- Code ridotte (o addirittura assenti) per mangiare e bere, anche nei momenti di punta.
- Ingresso al Parc del Fòrum fluido, senza lunghe attese o colli di bottiglia.
- E soprattutto una rete di trasporti efficientissima: metro, bus, taxi, tutto perfettamente integrato e funzionante, anche a notte fonda.
Barcellona, in questo, resta una delle città migliori al mondo per ospitare un evento di questa portata.

Un pubblico spaccato: nostalgia vs evoluzione
Uno degli aspetti più interessanti dell’edizione 2025 non è stato sul palco, ma nel dibattito che ha acceso tra chi il Primavera lo vive da anni.
Da un lato c’è chi ha apprezzato la svolta: un festival più inclusivo, pop, divertente, con un’identità visiva forte e una proposta musicale in sintonia con i gusti di una nuova generazione.
Dall’altro, però, c’è chi ha avvertito una certa perdita di anima. C’è chi rimpiange il tempo in cui il Primavera era sinonimo di scoperta, di sperimentazione, di quella magia che nasceva nel vedere dal vivo artisti sconosciuti o set post-rock in piena notte davanti a poche centinaia di persone.
Il timore, per alcuni, è che il festival stia scivolando verso il modello del "luxury pop-festival", elegante ma standardizzato, come tanti altri in Europa. Per altri, invece, è proprio questa trasformazione a dimostrare la vitalità del Primavera: la capacità di rinnovarsi, di restare attuale, senza smettere del tutto di sorprendere.
Il dibattito è aperto, e forse è proprio questo a dimostrare quanto il Primavera Sound conti ancora, oggi più che mai.

Il futuro del Primavera
Come spesso accade, la verità sta nel mezzo.
Il Primavera Sound 2025 ha dimostrato ancora una volta di essere una macchina culturale imponente: capace di dettare tendenze, di raccontare le trasformazioni della musica (e della società) contemporanea, e di attrarre l’attenzione globale con una forza rara.
Ma ogni successo porta con sé nuove sfide e responsabilità. Per restare davvero rilevante, il festival dovrà continuare a trovare il suo equilibrio tra passato e futuro, tra mainstream e sperimentazione. Dovrà:
- Osare ancora, mantenendo vivo lo spirito di scoperta che l’ha reso unico.
- Restare in dialogo con la scena underground, senza lasciarsi inghiottire solo dal pop da classifica.
- Migliorare la logistica e l’accessibilità, perché un grande evento deve essere vivibile al massimo.
- E soprattutto: proteggere l’esperienza collettiva della musica, evitando che tutto si riduca a contenuti per social, stories e viral moments.
Il Primavera ha ancora molto da dire. Sta a chi lo organizza – e a chi lo vive – decidere che forma dare al suo futuro.

Conclusione: il Primavera è cambiato — e forse è giusto così
Il Primavera Sound del 2025 non è più quello del 2012. E, con ogni probabilità, non tornerà mai a esserlo. Ma forse è proprio questo il segreto della sua longevità: non restare fermo, non diventare una reliquia per nostalgici, ma evolversi, rischiare, trasformarsi.
Quest’anno il festival ha scelto di aprirsi a un nuovo pubblico, di riscrivere le regole, di parlare un linguaggio contemporaneo. Qualcosa si è perso, inevitabilmente — ma in cambio sono arrivate nuove energie, una visibilità globale, e la sensazione di essere ancora al centro del discorso culturale.
Chi lo accusa di essersi "venduto", forse dimentica che anche l’indie — un tempo — era il nuovo pop. E che oggi la musica è fluida, contaminata, senza confini rigidi. Il Primavera sta semplicemente vivendo il suo tempo, senza pretendere di rappresentare un’epoca che non esiste più.
Il futuro? Ancora tutto da scrivere. Ma una cosa è certa: sarà un viaggio interessante.
